ARRESTI PREVENTIVI: “PARAGONE ASSURDO, NON SI PROCESSANO LE INTENZIONI”
PARLA ROGNONI, MINISTRO DEGLI INTERNI NEL 1979: “NON C’E’ PIU’ IL CLIMA DEGLI ANNI SETTANTA: E POI NOI NON ABBIAMO MAI FATTO ARRESTI PREVENTIVI”…”QUELLO DI OGGI E’ UN PROBLEMA DI ORDINE PUBBLICO, NON DI TERRORISMO”…”DA GASPARRI SOLO PAROLE STRAMPALATE. I DASPO? ILLIBERALI”
Il 7 aprile 1979, quando il magistrato padovano Pietro Calogero fece scattare la più grande retata di estremisti mai vista in Italia, ministro dell’Interno era il democristiano Virginio Rognoni.
La Dc aveva una sponda importante nella sua linea dura contro la violenza di piazza: il Pci.
E infatti i comunisti approvarono subito il blitz di Calogero.
Insomma c’era un vasto consenso politico all’uso del rigore nei confronti di quell’ambiguo mondo che in qualche modo spalleggiava, proteggeva, nascondeva il terrorismo di estrema sinistra.
Eppure Rognoni, che oggi ha 86 anni e vive a Pavia, sembra non credere alle proprie orecchie quando gli riferiamo che il presidente dei senatori Pdl Maurizio Gasparri ha chiesto «arresti preventivi» citando proprio il blitz del 7 aprile.
«Ha detto proprio così? Ma che cosa c’entra il 7 aprile?».
Ha detto proprio così, ministro. Ha detto che bisogna fare come allora.
«Ma noi non abbiamo mai fatto arresti preventivi. Sono provvedimenti che non hanno senso».
Neanche in situazioni di particolare emergenza?
«Guardi, noi a un certo punto, per contrastare il terrorismo avevamo introdotto il fermo di polizia. Consentiva appunto di fermare persone sospettate di avere commesso reati e di trattenerle per due o tre giorni, non ricordo bene, prima di consegnarle all’autorità giudiziaria, cioè al magistrato. Ma era una cosa ben diversa dagli arresti preventivi. La polizia poteva fermare persone che, come ho detto, erano sospettate di avere già commesso un reato: non di essere in procinto di commetterlo».
Il fermo di polizia funzionò?
«Non servì a niente. E infatti a un certo punto lo levammo».
Torniamo agli arresti preventivi.
«Quelle di Gasparri mi paiono parole strampalate. Il 7 aprile la magistratura ordinò l’arresto di persone che si riteneva si fossero rese responsabili di gravi reati. C’era di mezzo anche un omicidio. E poi il sequestro Moro: Toni Negri era sospettato di essere stato uno dei telefonisti delle Brigate Rosse. Negri da questa accusa fu poi assolto, perchè risultò che la voce non era la sua. Ma fu condannato per altro. Così come furono condannati altri estremisti dell’Autonomia».
Dove sbaglia Gasparri?
«Nel non distinguere tra la punizione per reati già commessi e il processo alle intenzioni. L’inchiesta di Calogero era un’inchiesta seria, con imputazioni precise, moltissimi arrestati. Calogero indagava su attività illegali precise e diffuse. Gasparri fa una confusione totale, gli arresti preventivi non c’entrano niente. E sarebbero provvedimenti illiberali».
E dei «Daspo» proposti dal sottosegretario Mantovano che cosa pensa?
«Sono contrario anche a quelli. Mi sembrano provvedimenti illiberali anche quelli. I cortei sono libere manifestazioni di pensiero, non si può impedire a nessuno di parteciparvi».
Anche se poi va a spaccare vetrine, incendiare auto e tirare pietre ai poliziotti?
«Se lo fa, lo si arresta e lo si mette in carcere. Ma non si può intervenire prima sulla base di una supposizione».
Ma lei non rivede, in quello che sta accadendo in questi giorni, il clima terribile che visse da ministro dell’Interno?
«Quello di oggi è un problema di ordine pubblico. Quello dei miei tempi era terrorismo».
Allora si cominciò con l’ordine pubblico, e poi si finì con i killer delle Br. Non teme che la storia possa ripetersi?
«No. Non si può fare un parallelo tra allora e oggi. Sono situazioni completamente diverse. Non temo il ritorno del terrorismo, non c’è il clima degli anni Settanta e Ottanta».
Michele Brambilla
(da “La Stampa“)
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