AUTOSTRADE, CONTE STRILLA MA NON DECIDE
LA PARTITA NON E’ PIU’ SOLO ITALIANA, IL PRESSING DEGLI INVESTITORI ESTERI… IN BALLO IL LAVORO DI 7.000 DIPENDENTI E IL RISCHIO DEFAULT… L’IMBARAZZO PER LA BATTUTA DELLA MERKEL E UNA TRATTATIVA CONDOTTA DAL GOVERNO CON DOLO
La scena che svela e anticipa l’ennesimo rinvio della grande promessa di Giuseppe Conte, quella di togliere le autostrade ai Benetton, prende forma in Germania.
Castello di Meseberg, conferenza stampa con Angela Merkel. Il premier è arrivato in terra tedesca portando in tasca la certezza di un Consiglio dei ministri ad horas decisivo, con un esito autocompilato e annunciato al mattino sui giornali: il Governo toglierà la concessione ad Autostrade.
Partono le domande dei giornalisti. Conte parla solo di “un’informativa”, derubrica la linea dura a una decisione “collegiale”. Ma il clou della scena arriva alla fine. La Cancelliera chiude con una battuta: “Si è parlato tanto di autostrade oggi qui. Sono proprio curiosa di sapere come andrà questo Consiglio dei ministri di domani”.
Conte la guarda imbarazzato, poi scendono insieme dal podio e guadagnano l’uscita. Anche martedì non sarà il giorno della scelta.
La battuta della Cancelliera non passa inosservata. Proprio lei che tradizionalmente è ben attenta a non parlare in pubblico di questioni proprie di un altro Paese.
Ma qualcosa, anzi più di qualcosa, dicono le sue parole. Ed è un qualcosa che esula dal fatto che abbia discusso o meno del tema nel faccia a faccia con Conte (cosa che lo staff del premier smentisce).
Il punto è che Autostrade è diventato comunque un tema anche tedesco. Il mondo finanziario ha alzato la soglia dell’attenzione e della pressione proprio sulla Cancelliera. E a cascata sul governo italiano.
Il rischio in campo è elevato. Ci sono parecchi fondi istituzionali che hanno sottoscritto una fetta abbondante dei bond di Autostrade e della casa madre Atlantia.
Schroder, Cardiff, Deka. Se il Governo procede con la revoca, Autostrade rischia di andare in default, cioè di fallire, e quindi di lasciare questi fondi creditori senza un euro. In ballo ci sono 19 miliardi.
E poi c’è Allianz, il colosso tedesco delle assicurazioni, che ha il 6% di Atlantia. Qui il rischio è di uscire dai giochi e perdere tutto.
È questo uno dei motivi che frenano la possibilità per Conte di chiudere la partita. Il fronte della maggioranza, renziani esclusi, è compatto nel tirare dritto.
Anche il Pd si è convinto che si può virare sulla revoca e arrivare finalmente a decidere a quasi due anni dal crollo del ponte Morandi a Genova. Insomma, i problemi vengono da fuori. E sono parecchi.
L’irritazione dei fondi tedeschi non è isolata. Silk Road Fund, il fondo governativo cinese che detiene una quota attorno al 5% di Autostrade, ha chiesto spiegazioni all’ambasciatore italiano a Pechino. Tutti i creditori sono in allarme.
L’insolvenza della società avrebbe strascichi pesantissimi su grandi istituzioni finanziarie come la Banca europea per gli investimenti, ma anche su tutti gli altri creditori, dalle banche italiane come Intesa, UniCredit e Mps, a quelle straniere, come Hsbc e Bnp Paribas, a un colosso degli affari come Goldman Sachs.
Farebbe malissimo anche alla Cassa depositi e prestiti, quindi di fatto allo Stato, che vanta un credito di 3,1 miliardi. Il crollo del titolo in Borsa a -15,9% e 1,7 miliardi bruciati sui mercati hanno già presentato un antipasto amaro ben chiaro.
La pressione che piomba sul tavolo del Governo è fortissima. Sullo sfondo ci sono i rischi di un contenzioso decennale che può costare alle casse dello Stato fino a tredici miliardi.
Subito il futuro dei settemila dipendenti di Autostrade e le tasche di 17mila piccoli risparmiatori. Anche questo pesa sulla decisione finale del Governo.
Oramai spazi di trattativa con i Benetton non ce sono più. Perchè quando i vertici di Autostrade e di Atlantia hanno letto le interviste che Conte ha rilasciato a due quotidiani sono sobbalzati sulla sedia. Il ragionamento dice grosso modo così: prima abbiamo trattato con il Governo, negli scorsi giorni la società ha messo sul piatto più soldi per i risarcimenti e miliardi di investimenti, e ora il premier dice che la condizione per evitare la revoca è che i Benetton escano da Autostrade, azzerando la quota dell′88% che detengono attraverso Atlantia.
Insomma, il sospetto di una trattativa con dolo. Anche perchè, come ha ribadito nel comunicato accompagnato alla pubblicazione della proposta migliorativa, la società aveva già comunicato al Governo la disponibilità di Atlantia a scendere fino al 37 per cento. Non a zero però.
E di arrivare a zero non si era parlato all’ultimo incontro, quello dove era presente anche Roberto Chieppa, il segretario generale di palazzo Chigi. Insomma quella condizione è arrivata dopo. A trattativa chiusa e sui giornali.
Per questo Autostrade rivendica di aver ottemperato alle richieste del Governo “dopo un anno di confronto” e per questo chiede a Conte di scegliere sulla base di aspetti di tipo “giuridico, tecnico, sociale ed economico”. Ora che non si può trattare più, l’ultima mossa è quella di scrivere nero su bianco quello che succederà se si procederà con la revoca: il rischio default, il futuro dei 7mila dipendenti, i soldi in fumo di 17mila piccoli risparmiatori.
Con il fallimento salterebbero anche le 800 procedure di gara per lavori e servizi che Autostrade ha in corso. Valgono 4,5 miliardi.
Quello che dice il peso del pressing è la necessità per Conte di prendere tempo. Il Consiglio dei ministri, inizialmente fissato per le undici di martedì mattina, a mercati aperti, viene spostato a sera. Per un’informativa. Perchè tra i ministri nessuno si aspetta una decisione. Uno di loro si lascia sfuggire la previsione: “Sicuramente non decideremo domani”. Il premier vuole chiudere la questione una volta per tutte, ma al tavolo del Cdm siederà anche un convitato di pietra. Sono le conseguenze velenose che porta nella pancia la scelta della revoca.
(da “Huffingtonpost”)
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