BARE E CORPI SUI LETTI NELLE CASE DI RIPOSO DOVE GLI ANZIANI MUOIONO UNO DOPO L’ALTRO
I SOPRAVVISSUTI RESTANO NELLA STANZE PRIMA OCCUPATE DA CHI NON CE L’HA FATTA
I corpi senza vita coperti da un lenzuolo bianco, uno accanto all’altro, fermi da giorni sulle lettighe, in piccole stanze.
Altri chiusi nelle bare, messi in fila in palestra, con una corona di fiori lasciata da un parente o soltanto con un foglio attaccato sopra con il nome di chi è morto senza nessuno.
Nelle due residenze comunali al Corvetto, la Virginio Ferrari di via dei Panigarola e la Casa per coniugi di via dei Cinquecento, gestite dalla cooperativa Proges, sono decine gli anziani morti a marzo: 42 nella residenza Ferrari, 37 nella Casa dei coniugi, mentre a marzo 2019 erano stati in tutto 17.
Di questa impennata di morti, solo sei nella prima residenza e quattro nella seconda sono stati classificati come dovute al coronavirus.
Gli ospiti muoiono nei loro letti, senza una diagnosi precisa che possa ricondurre il decesso al Covid-19, perchè non viene eseguito il tampone. Poi restano lì. Coperti da un lenzuolo o chiusi in una bara. In attesa di poter essere sepolti o cremati.
Oggi i cadaveri fermi nella Casa dei coniugi sono quindici: all’inizio della settimana erano quattordici. Tre sono stati portati via due giorni fa, ma poi ieri altri quattro ospiti sono morti.
Una situazione drammatica anche per chi nelle due residenze continua a viverci o ci lavora per dieci ore al giorno. Come alcune operatrici sociosanitarie che non hanno altra dotazione di protezione che semplici camici da parrucchiera.
Nella residenza di via dei Panigarola, nella stanza in cui il Covid-19 ha fatto una delle prime quattro vittime, lo scorso 17 marzo, continua per esempio a dormire un’altra donna, senza che ci sia stata la sanificazione degli ambienti e senza sapere se anche lei è stata o meno contagiata.
Il letto della defunta è rimasto lì con lenzuola, federe e coperte. Sul materasso ci sono i suoi vestiti, un pantalone e una maglia, una borsa di plastica, gli asciugamani.
Sul comodino, un portafotografie, un bicchiere di plastica. Tutto rimasto come nell’ultimo giorno di vita, a un metro di distanza dalla sua compagna di doppia.
La sanificazione non è mai stata fatta, nemmeno dopo qualche giorno quando, intorno al 20 marzo, a perdere la vita è stata la signora della stanza accanto.
Dal suo letto sono state portate via le lenzuola, mentre il materasso è ancora lì. In questo caso non è stato eseguito il tampone, e quindi non si può sapere se l’anziana era affetta da coronavirus.
Ancora oltre, in un’altra doppia, il letto di un’altra vittima, con un materasso senza lenzuola. Sul comodino una bottiglietta di plastica con una cannuccia, un bicchiere con un po’ d’acqua, un guanto di plastica che penzola nel vuoto, un cuscino sporco di sangue. Vicino, una donna in fin di vita che respira a fatica.
Ieri, un appello al presidente Fontana è arrivato dal consigliere del municipio 4 Giacomo Perego, per “prendere in mano subito le situazioni di propria responsabilità , come la gestione dell’emergenza sanitaria nelle case di riposo”.
Anche il parlamentare europeo Pierfrancesco Majorino ha parlato di “situazione drammatica nelle case di riposo”. E ha chiesto al prefetto di “convocare un comitato straordinario sul tema, per mettere attorno al tavolo tutti gli attori pubblici e privati, per realizzare Rsa temporanee per i positivi non ospedalizzati usando gli alberghi”.
(da “La Repubblica”)
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