BERLUSCONI FA IL KAMIKAZE, BERSANI L’ATTENDISTA, MONTI USA IL SUO BRAND
IL GIUDIZIO DEGLI ESPERTI SULLE MOSSE ELETTOLARI DI BERSANI, MONTI E BERLUSCONI
C’è l’invasione radio-televisiva di Silvio Berlusconi, vecchio ma spesso vincente refrain delle sue campagne elettorali.
La scoperta dei social network e del piccolo schermo da parte di Monti, trasformatosi da premier tecnico in politico d’attacco.
La campagna dei cartelloni pubblicitari 6 per 3 di Bersani, fermo e ben attento a non rincorrere gli avversari.
Mai come in questo 2013, alle elezioni si arriverà di corsa e col fiato corto.
Le strategie comunicative si stanno definendo solo adesso, ci sarà poco tempo per correggere gli errori.
«Siamo di fronte a una campagna elettorale di grande svolta», dice Edoardo Novelli, professore di comunicazione politica a Roma tre.
«Si è scomposto un quadro durato 20 anni, e — a 40 giorni dal voto — la campagna elettorale è ancora soggetta a grandi e rapide evoluzioni».
Questo complica l’analisi, ma non impedisce di tracciare un quadro.
Cominciando da chi, in questo momento, «amministra un vantaggio numerico, oltre che di offerta e proposta politica».
Pier Luigi Bersani, spiega Novelli, «sta facendo operazioni non tanto di immagine, ma politiche, vincenti: il recupero di Renzi, le primarie per i candidati, l’aver detto “Il tempo che mi spetta in televisione datelo alla Siria”».
Per Alessandro Amadori, di Coesis, «è una linea attendista. Il segretario pd amministra una vittoria quasi certa, e non deve commettere errori. Ma è forse troppo arroccato. Rischia di sembrare l’imperatore cinese chiuso nella città perduta. Con il pericolo di una marginalizzazione comunicativa. Anche il pranzo con Renzi è sembrato uno snack all’autogrill, non c’era nulla di narrativo».
Annamaria Testa, pubblicitaria ed esperta di comunicazione, è molto severa sui 6à—3: «Sono ovunque, ma la pubblicità non è un dato irrilevante: se fatta male, danneggia. Quel fondo grigio, i colori desaturati, il volto spento, la bocca tirata che non sorride, l’aria ingobbita: non è mica così vecchio, Bersani!».
E sì che le mosse politiche sono state vincenti: «Ottime le primarie, i confronti televisivi, il giro per l’Europa, perfino la pompa di benzina del padre».
Secondo il sondaggista Fabrizio Masia, di Emg, «Un calo rispetto alle primarie in questo momento può essere fisiologico, ma tra un po’ servirà più presenza. La gente dimentica in fretta».
D’accordo Antonio Noto, Ipr Marketing: «La pre-campagna elettorale è importante perchè dopo entrerà in vigore la par condicio, gli spazi diminuiranno».
Molto interessante per gli osservatori la campagna di Mario Monti: «Passa da una fase di emergenza in cui non aveva il problema del consenso a una in cui gli serve, eccome».
Da qui le asprezze nei confronti tanto del centrosinistra (pesanti contro Fassina e Vendola) quanto del Pdl.
«Per ora fa un po’ il finto tonto, si sottrae a domande cruciali, usa espressioni come “Chi se ne intende mi ha spiegato”, “non sono esperto”, ma non può durare. Parole come “silenziare” assomigliano agli scivoloni comunicativi del suo governo (al choosy della Fornero, al posto fisso definito “monotono”). Non si sa quanto casuali».
Comunque, sta colpendo dove deve colpire: nel centrodestra chi non vuole Berlusconi andrà da Monti naturalmente, nel centrosinistra c’è invece un’area che può essere indecisa tra lui e Bersani».
Più netto Amadori: «Il professore si è completamente berlusconizzato, fa Monti contro tutti, in una sorta di nemesi». Serve? «Sta aumentando la sua visibilità , ma non regge più la sua percezione come uomo al di sopra delle parti. Da lui ci si aspettava una lista di premi nobel, per ora in prima fila si vedono solo Fini e Casini».
«Prevale lo straniamento. Non sta sfondando», conferma Masia. Annamaria Testa boccia il simbolo: «È flebile, riflette la vaghezza della sua proposta politica. Anche il nome scelta civica non si capisce cosa voglia dire».
Per Noto invece «l’ex premier rappresenta la vera novità di comunicazione di questa campagna. Punta su ciò che è inatteso e cerca di proiettare tutto sul futuro parlando poco dell’attività di governo. È abile nell’usare i mezzi di comunicazione. Questo può pagare».
Poi c’è Berlusconi, partito — ancora una volta — a razzo.
È ovunque, in tutte le radio e le tv, anche la più sperduta.
«Non ha niente da perdere — dice Amadori — ha già bruciato tutto in termini di consenso. La sua è la strategia della tigre, del dragone. Un guerriero solitario che in Giappone chiamano Ronin, e che a costo di apparire comico si gioca il tutto per tutto. Quasi un kamikaze. Così facendo però ha già tolto a Bersani il ruolo di “opposant” di Monti, lo ha ridotto a comprimario».
Per Testa «in un Paese che non legge la televisione resta un grande medium popolare, ed è certo quello più congeniale a Berlusconi e al suo elettorato».
Che, secondo Masia, «è fatto di casalinghe, pensionati e piccoli imprenditori: con i primi funziona il richiamo al quotidiano, al caro vita, con i secondi quello anti-tasse. Questo si legge nei sondaggi».
Ma, dice Noto, «la comunicazione colpisce quando rappresenta una novità e in questo momento la sua appare molto prevedibile. Se non cambia, difficilmente riuscirà a sfondare».
Annalisa Cuzzocrea
(da “La Repubblica“)
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