BERLUSCONI RIESCE AD ARRIVARE IN RITARDO AI FUNERALI DELL’ALPINO UCCISO IN AFGHANISTAN
L’ULTIMA SCORTESIA HA GENERATO SCONCERTO AI VERTICI DELLE FF.AA.: DOPO AVER ATTESO A LUNGO, LA CERIMONIA E’ INIZIATA LO STESSO…. MENTRE NAPOLITANO, FINI E SCHIFANI ERANO PRESENTI DA TEMPO, IL PREMIER E’ ENTRATO IN CHIESA DOPO DIECI MINUTI CHE IL RITO ERA INIZIATO… L’ENNESIMO INCIDENTE DOPO L’ASSENZA AI FUNERALI DI ALTRI DUE CADUTI, CAUSATO DALL’AVER FATTO TARDI DOPO UNA SERATA A BASE DI BUNGA BUNGA
Non è riuscito a essere puntuale nemmeno per l’ultimo saluto al capitano Massimo Ranzani.
Ieri mattina ai funerali dell’alpino ucciso in Afghanistan il premier si è presentato in ritardo.
Il capo dello Stato, i ministri, i presidenti delle Camere erano lì, davanti al feretro avvolto nel tricolore.
Hanno cercato di aspettare, poi la cerimonia è cominciata.
E solo dopo una decina di minuti Silvio Berlusconi è entrato nella basilica di Santa Maria degli Angeli.
Molti dei militari presenti hanno accolto questo ritardo come uno sgarbo, alla pari della sua assenza ai funerali di altri dei caduti in missione: come hanno rivelato le intercettazioni, in quelle occasioni erano state le nottate del bunga bunga a tenerlo impegnato altrove.
Ma anche sul conflitto in Afghanistan Berlusconi ha comportamenti diversi tra pubblico e privato.
In questi giorni il premier si mostra “dubbioso” sull’utilità della missione, ma intanto i soldati italiani stanno per lanciare una nuova offensiva.
In pubblico illude gli italiani: «Tutti vogliamo riportare a casa i nostri ragazzi».
Poi in privato promette agli americani: «Il sostegno alla missione in Afghanistan resta immutato. L’Italia non vuole una exit strategy».
Silvio Berlusconi lo fece nel settembre 2009, davanti alle bare dei sei parà uccisi a Kabul da una bomba.
E sta ripetendo un copione simile anche oggi.
Commenta la morte del capitano Massimo Ranzani, di cui si celebrerano giovedì i funerali: «È un tormento, un calvario e tutte le volte ci si chiede se questo sacrificio che impegna ad essere lì in un paese ancora medievale sia una sforzo che andrà in porto».
Ma tutto è pronto per la nuova offensiva di primavera pianificata dal governo, che da maggio vedrà entrare in azione la Folgore e i “marines” del San Marco, i migliori reparti italiani.
Uno dei documenti ottenuti da WikiLeaks, mostra la distanza tra le lacrime del preimier e l’appoggio garantito a Washington sulla pelle dei nostri soldati.
È un rapporto dell’ambasciatore David Thorne che esamina le reazioni all’indomani della strage dei parà : «Nel discorso fatto a Bruxelles il 17 settembre Berlusconi si è mostrato meno deciso: “Siamo tutti convinti che i nostri ragazzi dovrebbero essere riportati a casa il prima possibile. Noi abbiamo già pianificato una significativa riduzione del contingente e procederemo in quella direzione”». Ma il giorno dopo al telefono «ha rassicurato l’ambasciatore che l’Italia manterrà il suo impegno in Afghanistan e che il governo non vuole che la Nato cerchi una exit strategy quanto piuttosto una strategia di transizione che porti a un approccio più comprensivo delle reali necessità sul campo».
Di fatto, la missione non è cambiata, anzi è stata potenziata: meno soldati nelle basi, molti più reparti mandati alla riconquista del territorio.
E anche «la significativa riduzione del contingente» – il ritiro dei 500 uomini in più mandati in Afghanistan per proteggere le elezioni dell’estate 2009 – viene poi compensata dai successivi rinforzi.
Rispetto ad allora, oggi l’Italia schiera un numero leggermente inferiore di militari – circa 3900 contro 4200 – ma con molti più soldati impegnati in azioni combat e con molti più mezzi da battaglia
Gianluca Di Feo e Stefania Maurizi
(da “L’Espresso“)
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