BERSANI SPRONA IL PREMIER LETTA: “ENRICO, VAI AVANTI E RILANCIA”
LA TELEFONATA DA PIACENZA: “DEVE ESSERE IL PARTITO A DIRTI NO”
Nel momento più difficile, quello in cui i rapporti più solidi vengono messi alla prova, a dar manforte ad Enrico Letta ci pensa colui che Matteo Renzi considera ancora il vero capo della minoranza, Pierluigi Bersani.
Il premier e l’ex leader del Pd, si parlano al telefono e dalla sua abitazione in quel di Piacenza, l’ex segretario conforta e sostiene l’amico Enrico nella sua decisione di voler andare avanti, di fare tutto alla luce del sole.
Insomma, di farsi caso mai dire dal Pd che un suo «Bis» non s’ha da fare e perchè questa soluzione non sia considerata più praticabile.
Un sostegno significativo alla linea del rilancio, quello di Bersani, tanto più in un crocevia che vede la sinistra spaccata, con una parte dei cuperliani convinti che «ormai è troppo tardi»; e altri pronti a non darla vinta così facilmente al segretario.
Nella notte dei lunghi coltelli, quella in cui lo stato maggiore renziano stava decidendo di rompere gli indugi per far partire l’operazione staffetta, è ad esempio un bersaniano collaborativo col segretario come Roberto Speranza, a restare attaccato al telefono fino alle cinque del mattino per spargere olio su un cambio di programma inatteso: il rinvio della legge elettorale, propedeutico ad un cambio degli assetti di governo.
Ufficialmente la linea della sinistra è «Letta o Renzi, serve un nuovo governo e non tifiamo per nessuno», ma ormai sono in molti nel Pd a dare per scontata la staffetta.
Non solo i renziani duri e puri come Bonafè, Richetti, Rughetti, ma anche i dalemiani Leva e Amendola, fino al più acerrimo avversario di Renzi, Beppe Fioroni.
Il grosso dei cuperliani – fino a poco tempo strenui difensori di Letta – è pronto ad abbandonare Letta al suo destino.
Chiedendosi come mai Enrico, «che non è tipo da alzare il prezzo per trattare una sua uscita onorevole, faccia questo, mettendo a rischio la tenuta del Pd. Non è da lui…».
E dunque nel partito si diffonde il terrore di uno show down che possa lasciare morti e feriti sul campo, con effetti nefasti anche in termini elettorali.
Insomma, l’esito che nessuno, a cominciare da Napolitano, vorrebbe vedere, quello di un passaggio di testimone consumato con uno strappo, potrebbe materializzarsi domani in Direzione, visto che il premier non è intenzionato a desistere.
Nemmeno Franceschini riesce a sminare il terreno da una bomba ad orologeria quale sarebbe una «conta» devastante.
A dare l’idea dell’asprezza dello scontro sono i renziani con più voce in capitolo: «Letta va a sbattere e si farà male se qualcuno non lo ferma, ma se non si convince da solo ci penserà Napolitano, al massimo giovedì mattina. Ormai è partito un altro treno e il Letta Bis è una suggestione superata».
È chiaro che una conta alla luce del sole non conviene a nessuno e il plenipotenziario del leader, Lorenzo Guerini, per mezz’ora ne parla alla Camera con il capo della segreteria politica di Letta, Gianni Dal Moro.
E perciò si capisce come mai, quando tutti danno per scontato che «la prossima settimana Renzi sarà premier», per dirla come Tabacci, ancora non sia partito in Transatlantico il toto-ministri.
Che il premier possa accettare un passo di lato è eventualità assai remota per come si son messe le cose. Anche perchè sono i sondaggi a spingere i lettiani a resistere, come quelli che danno tre italiani su quattro contrari alla staffetta.
Carlo Bertini
(da “La Stampa”)
Leave a Reply