BLUFF SUI NUOVI OCCUPATI, GOVERNO IRRITATO CON L’INPS
IL MINISTERO DI POLETTI SI RIFIUTA DI COMMENTARE I DATI: “CHIEDETE A LORO”
“Non diremo nulla”. Il giorno dopo i dati sul Lavoro diffusi dall’Inps, colpisce soprattutto il silenzio del ministero guidato da Giuliano Poletti.
Per tutta la giornata dagli uffici di via Veneto traspare l’irritazione per l’ennesima smentita agli entusiasmi alimentati dal governo.
Diversamente da quanto accaduto a marzo — quando l’Istituto guidato da Tito Boeri aveva diffuso i dati sulle richieste di incentivi arrivate dalle imprese (76 mila, per 276 mila lavoratori), subito rilanciati con entusiasmo dal ministro —stavolta il silenzio è totale: “Sui dati Inps non diremo una parola, chiedete a loro”.
Eppure, i numeri comunicati venerdì dall’Istituto di previdenza raccontano di un mercato del lavoro fermo: nei primi due mesi dell’anno, rispetto a gennaio-febbraio 2014 ci sono solo 13 contratti in più.
Effetto dell’aumento di quelli stabili, e del crollo di quelli precari e di apprendistato.
In sintesi: la qualità dell’occupazione migliora, ma la quantità non cresce.
Una rivelazione che ha gelato la compagine di governo, e che ha rischiato di guastare l’effetto del “bonus Def”.
Solo poche settimane prima Poletti aveva parlato di 79 mila contratti stabili in più nel primo bimestre 2015, salvo poi ridimensionarlia 45 mila comunicando anche le cessazioni.
Venerdì l’Inps ha spento gli ultimi entusiasmi.
Stavolta la “trasparenza” voluta da Boeri ha provocato l’imbarazzo del ministero. Scene che non si vedevano dai tempi di Elsa Fornero, il ministro che accusò l’Istituto di previdenza di non fornire dati precisi sugli esodati.
“C’era un’opacità forte, la trasparenza crea attriti. Se avessi avuto Boeri sarebbe andata diversamente — spiega l’ex ministro Fornero — Poletti è un politico, e si muove come tale: la verità è che le numerose stabilizzazioni dimostrano chel’articolo 18 non c’entra nulla”. “C’è stata un’isteria collettiva sui numeri generata forse da un eccesso di entusiasmo —spiega Filippo Taddei, responsabile economico del Pd —. Nessun intento propagandistico, ma solo la fretta di arrivare a interpretazioni e conclusioni che non c’erano. Bisogna attendere almeno i dati dell’Istat del primo semestre: il contratto a tutele crescenti è partito il 7 marzo, e gli effetti si vedranno dopo, però i contratti stabili crescono: è un gran risultato”.
Secondo Cesare Damiano, deputato Pd, presidente della Commissione lavoro, “non si scopre ora che il governo comunica dati che gli fanno comodo. Gli incentivi stanno funzionando, ma vanno estesi oltre il 2015, altrimenti le imprese ne approfitteranno per accaparrarsi lo sgravio e poi licenziare”.
“Ministero e governo hanno male interpretato i dati — spiega l’economista Carlo Dell’Aringa —.Nel Def la disoccupazioneè prevista in calo di 80 mila unità . Non è molto: senza la crescita si può fare ben poco”.
Ieri mattina l’irritazione è arrivata alle stelle dopo che il Sole 24 Ore ha rivelato che nel decreto legislativo sul riordino dei contratti, la Ragioneria dello Stato ha ottenuto l’inserimento di una clausola di salvaguardia: se le risorse per le stabilizzazioni dei contratti di collaborazione non dovessero bastare, saliranno i contributi a carico di imprese e lavoratori autonomi.
Una misura comparsa solo quando il testo è arrivato nelle Commissioni Lavoro di Camera e Senato: “C’è un livello di decenza sotto il quale non si dovrebbe scendere”, si leggeva in prima pagina.
La clausola scatterebbe se la le stime dal governo (37.000 trasformazioni più altre 20.000 aggiuntive) dovessero essere superate dalle richieste: il bacino potenziale è formato da 370 mila collaboratori monocommittenti.
Il governo aveva destinato alle 20 mila conversioni aggiuntive 136 milioni di euro fino al 2018, prelevandoli dagli 1,9 miliardi stanziati per la decontribuzione (fino a 8.060 l’anno, per tre anni).
Se le stime dovessero essere superate, scatterebbe l’aggravio per autonomi e imprese, chiamate a pagare con un paradossale contributo per la decontribuzione.
“Bisognerebbe trovare il nome di cotanto genio, di sicuro Renzi interverrà ”, auspicava ieri il giornale di Confidustria.
Appena letto, da Palazzo Chigi sono partiti gli strali alla volta del ministro Poletti.
Non è la prima volta che il premier sconfessa il titolare del Lavoro, ma stavolta sono bastate poche ore.
E così poco dopo pranzo tocca a Poletti rassicurare: “Verrà superata”.
Carlo Di Foggia
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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