BOSSI E MARONI VERSO LA PACE (SE NON CAMBIANO IDEA)
BOSSI RINUNCEREBBE A PRESENTARSI AL CONGRESSO E DIVENTEREBBE PRESIDENTE A VITA… MA FINO A LUNEDI NON VERRA’ MESSO NERO SU BIANCO E TUTTO PUO’ ANCORA SUCCEDERE
Ci vuol pazienza, come per la “Devolution”, il Federalismo e la Padania.
Pazienza perchè in via Bellerio si spera sempre in qualche novità , invece bisogna aspettare almeno fino a lunedì.
«Tutto bene», è la frase che attribuiscono a Umberto Bossi: bene perchè Umberto e Bobo si son parlati, li hanno visti assieme, e finalmente il vecchio Bossi ha capito che non è il caso di insistere con la sua ricandidatura a segretario della Lega Nord?
Che la Lega del futuro non può che affidarsi a Maroni?
Forse sì, o forse non è ancora un sì. E l’annuncio slitta a lunedì.
Tra una settimana ci sono i ballottaggi, ma ai leghisti che vanno e vengono dalla sede sembrano di poco conto.
Le amministrative, Verona a parte, sono andate male, punto. E adesso c’è da pensare al malato, alla Lega che va per congressi.
Maroni non può ancora dire «tutto bene», perchè con Bossi, e si è visto, c’è poco da fidarsi. In tre settimane si è dimesso da segretario, ha dato la sua benedizione a Bobo come successore e poi l’ha ritrattata ripresentando le sue voglie di padre e padrone della Lega.
Non potrà finire che con una dichiarazione pubblica di Bossi. O con un documento firmato dal prossimo Consiglio Federale. Fissato per lunedì pomeriggio, appunto.
Non è una trattativa semplice, quella tra Bossi e Maroni.
Bobo vorrebbe salvare il salvabile, evitare al vecchio amico nuove umiliazioni e altre amarezze.
Ma chi tiene in vita quel che resta del Cerchio Magico sembra insistere su Bossi, sembra temere la fine, il brusco passaggio dalla nobiltà leghista alla miseria di una finale poco dignitoso.
Basta sentire il senatore Giuseppe Leoni, che a «Panorama.it» dichiara intenzioni di bellicosa resistenza: «Se è vero che qualcuno vuole togliere Bossi dal simbolo della Lega allora si facessero un altro partito e con un altro simbolo. Io sono il detentore di un terzo del simbolo, gli altri due sono di Umberto e della moglie Manuela».
Il rischio, insomma, è che le due Leghe che ancora convivono, quella di Bossi e del Cerchio Magico da una parte, quella di Maroni e dei Flavio Tosi dall’altra, al congresso di fine giugno possano prendere due strade diverse.
Difficile, ma ad oggi non impossibile.
Leoni fa capire che la nuova Lega non può nascere senza il consenso di Bossi. E proprio su questo sta lavorando Maroni. Riuscire a convincere il vecchio Capo che alternative non ne esistono. Che la Lega è già un’altra. E che le inchieste non solo hanno azzerato la credibilità di Bossi e famiglia, ma sono appena all’inizio: anche due giorni fa la segretaria amministrativa Nadia Dagrada ha passato il pomeriggio in una caserma della Finanza.
A lunedì, dunque.
Per sapere se Bossi accetta il patto con Maroni, se farà il «Padre nobile», come gli ha consigliato Flavio Tosi da Verona. Ma prima bisognerà vedere se accetta, e cosa ne dicono il senatore Leoni, la moglie e la famiglia.
Che a sera, quando Bossi rientra a casa, non mancheranno di ripetere quel che in questi anni di malattia Rosi Mauro ha sempre urlato a Pontida: «La Lega è Bossi, Bossi è la Lega».
Per la famiglia nulla deve cambiare.
Tanto che lunedì scorso, in attesa dei risultati della amministrative, in una stanza di via Bellerio erano alla prese con l’ultima richiesta da Gemonio.
Uno stipendio della Lega per Riccardo, il primo figlio di Umberto.
Giovanni Cerruti
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