C’E’ BRUNETTA DIETRO LA SPARATA DI BERLUSCONI
L’IRA DI LETTA TRA I GRANDI: “SILVIO FA IL GIOCO DI CHI DUBITA DI NOI”
«Ai grandi del mondo ho ribadito la volontà dell’Italia di mantenere gli impegni presi con l’Unione europea, in particolare la regola del 3% del Deficit/Pil».
Da Enrico Letta, impegnato nella sessione economica del G8, filtra in serata tutta l’irritazione per l’uscita del Cavaliere.
Battute e provocazioni, come quella di infischiarsene del Fiscal Compact e delle regole di Maastricht.
Trattati «liberamente sottoscritti e approvati dall’Italia», dicono a Palazzo Chigi, che Berlusconi vorrebbe mandare al macero.
Con un filo di perfidia il premier fa sapere che le parole di Berlusconi sono scivolate sulla riunione dei Grandi come la pioggerella sottile irlandese, che infastidisce ma non bagna: «Non ce n’è stata nessuna eco, nessun rilievo, lì dentro non ne ha parlato nessuno». «Probabilmente – chiosa Letta – non ne sono stati informati».
Come dire, neppure gli uffici stampa dei Grandi hanno ritenuto l’uscita di Berlusconi tale da dover meritare la loro attenzione.
A caldo, tanto per non lasciare margini al dubbio su quale sia la posizione del governo, Palazzo Chigi chiarisce subito che l’Italia «rispetterà gli impegni di bilancio, la nostra posizione resta la stessa ed è stata ribadita anche nell’incontro di sabato con il presidente della commissione europea, Barroso ».
Poi nelle telefonate tra Lough Erne e Roma, tra Letta e i suoi ministri, si cerca di capire il perchè di questo improvviso colpo di testa.
A mettere la pulce nell’orecchio al Cavaliere pare sia stato Renato Brunetta, con l’obiettivo di intestare al Pdl i risultati che starebbero maturando a Bruxelles in vista del vertice europeo di giugno. Per poi presentarli come un successo del pressing di Berlusconi su quello che Giuliano Ferrara ha preso a descrivere come un «governo senza le p…e e senza il quid».
E tuttavia agli uomini più vicini a Letta importa meno quale sia la motivazione – ammesso che ce ne sia una – dietro l’uscita del leader del Pdl. A irritare sono le possibili conseguenze.
La dissipazione del capitale di credibilità conquistato grazie all’uscita dalla procedura di infrazione.
«Mancano dieci giorni al Consiglio Ue – dice un ministro che ha condiviso le preoccupazioni del premier – e queste parole irresponsabili di Berlusconi non fanno altro che dare più forza a quei paesi che vorrebbero ancora tenerci sotto tutela. Oltretutto è paradossale che a parlare sia Berlusconi: è stato lui a farsi imporre l’anticipo al 2013 del pareggio di bilancio, sono stati lui e Tremonti ad accettare senza fiatare le clausole draconiane del Fiscal Compact».
La partita europea è infatti ancora molto difficile e lo dimostrano le voci rimbalzate ieri fino in Irlanda sul fallimento dellatrattativa sulla Golden Rule per sganciare dal calcolo del deficit il cofinanziamento nazionale dei fondi Ue.
Un’ancora di salvezza per quei Paesi che, come l’Italia, sono usciti dalla procedura di deficit eccessivo.
Letta lo ha spiegato chiaramente ai governatori regionali incontrati due settimane fa, quando ormai era chiaro che l’Ue ci avrebbe tolto dalla lista nera. «In futuro si libereranno almeno 10 miliardi per la crescita – ha avvertito – ma quest’anno potremo sperare solo nell’anticipazione del piano europeo contro la disoccupazione giovanile. Per altri interventi bisognerà attendere il vertice di dicembre, anche per il voto tedesco».
A Roma altri suggeriscono a Letta motivazioni meno nobili dietro la sparata del Cavaliere.
Nel giorno in cui l’IrishSun dà conto di un’inchiesta aperta dalla polizia irlandese su Berlusconi (per una presunta operazione di riciclaggio da mezzo miliardo di euro), l’interessato avrebbe intenzionalmente gridato più forte per coprire la notizia sgradita.
A volte le cose più banali risultano anche le più vere.
Francesco Bei
(da “La Repubblica”)
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