“CACCIA ZAIA, MANDALO VIA DALLA LEGA”: I CONSIGLI DEL CERCHIO MAGICO DI SALVINI AL CAPITONE
IL VENETO ORA ALZA LA POSTA, CHIEDE IL RUOLO DI CAPOGRUPPO AL SENATO
Grande idea dei “paraculetti” di Salvini: “Zaia è da cacciare”. La Lega frisella, la Lega del sud, amica di Salvini, è afuera, fuori: sogna la motosega di Milei per Zaia, l’espulsione. Per risolvere la questione terzo mandato, impossibile, gli propongono l’alternativa: “Mandalo via”, “non è più gestibile”, “parla contro di noi”. Il canone Rai è solo un diversivo. Il problema di Salvini è sempre il Veneto. Oltre a Zaia, i veneti chiedono adesso la carica di capogruppo al Senato, al posto di Romeo, e le presidenze di Commissione. Salvini un prosecco?
Tutto preso dal canone Rai, Salvini si sta perdendo le risate delle chat Lega. Spopola il video di lui, al Tempio di Adriano, per la presentazione del libro di Bruno Vespa (imbottiglia più interviste promozionali che vino) dove si vede massacrato da Carlo Calenda, che non è proprio nel suo momento migliore. Da vicepremier, segretario della Lega, si vanta di non leggere la Repubblica, e passi, ma neppure il Corriere della Sera, che maltratta come fosse un ciclostilato di impasticcati e non il quotidiano d’Italia, della sua Milano, la città che, dice, Salvini, “a fine carriera sogno di guidare”. E’ un video imbarazzante (è preferibile il Giambruno lacrimoso) con tanto di supplica di Calenda: “Non conosci neppure i ministri di Trump. Ti consiglio di leggere qualche giornale”. Gli unici consigli che Salvini accetta sono quelli della Lega frisella, una ganga di leghisti eletti al sud (della corrente non fa parte Durigon che precisa, onori a lui: “Io sono a dieta, non mangio le friselle. Io sono Durigon, corrente Durigon”). E’ la corrente che suggerisce a Salvini di liberarsi del problema Veneto, con una bella espulsioncina: via Zaia. Raccontava Sciascia: “Gli unici errori che giustifico sono quelli fatti in nome dell’amicizia” e Salvini rischia di sperimentarlo. Gli amici veri non gli possono dire la verità, altrimenti passano per traditori, i servili vengono scambiati per veri, ma sono i primi che lo rinnegheranno. Perfino lui ha capito che il Veneto gli sta scappando di mano e suggerisce ai frisella, “calma, con Zaia, calma”. Domenica si conosceranno i delegati che, il 15 dicembre, eleggeranno il segretario della Lega lombarda. I candidati sono adesso tre: Massimiliano Romeo, Luca Toccalini e Cristian Invernizzi, un leghista che sottrae voti a Romeo, un altro ancora che chiede il ritorno alla Lega capannone e polenta. E’ un congresso che si annuncia strepitoso. Romeo e Toccalini chiamano iscritto per iscritto. Le scene sono queste: in sezioni dove ci sono 24 tesserati tutti e 24 vogliono far parte dei 290 delegati che poi eleggono il segretario. Quando Romeo e Toccalini telefonano, il tesserato replica: “Ma se voto te, mi inserisci poi in una partecipata, piccola, municipale?”. Ci sono sezioni dove il segretario depenna dalla lista dei delegati un seguace di Romeo e uno di Toccalini, così, tanto per non sbagliare. Ogni regione ha le sue fritture ma solo Salvini riesce a mettere regioni contro regioni. Lui per primo, in Lombardia, per togliersi dagli impicci, ha parlato di un nome unitario, uno per pacificare (dopo Molteni si è pensato pure al pugilatore Iezzi) solo che ora in litigio ci sono le altre regioni del nord. La Liguria, il Piemonte, e il Friuli-Venezia Giulia si lamentano, chiedono spazi, il Veneto di più. Quando è stato eletto Lorenzo Fontana, veneto, presidente della Camera, Salvini era convinto che i veneti si sarebbero accontentati.
Non è andata così. Anzi. Il Veneto non ha ministri nel governo. Il Foglio ha scritto che se Romeo dovesse essere eletto in Lombardia, il ruolo di capogruppo passerebbe al senatore Marti, la Lega frisella. Il Veneto pretende adesso quella carica per l’ex ministra Erika Stefani o per i senatori Mara Bizzotto e Paolo Tosato, chiede un riequilibrio per le presidenze di commissione che scadranno a breve. Non ci sono veneti. Le due fondamentali, Finanza e Tesoro al Senato, Attività produttive alla Camera, sono guidate da Massimo Garavaglia e da Alberto Gusmeroli, entrambi lombardi. Sono lombardi anche i ministri, compreso il Vannacci con la penna rossa, Valditara (tutte le volte che parla fa perdere il voto di dieci donne). La commissione Difesa è presieduta da Nino Minardo, leghista siciliano che, su richiesta di Salvini, è passato al Misto. Lo hanno spostato per fare un piacere a Lorenzo Cesa, e fargli assemblare una componente parlamentare. Salvini non sa cosa dicono i direttori dei giornali, che non legge, e dei tg, che non guarda. Dicono: “Il federatore di un vero grande partito di centro che prende FI, i riformisti del Pd, Calenda, e il resto, è Zaia”. L’unico modo per tenergli testa sarebbe intestarsi Zaia. Ma non lo fa. Non sa neppure fare il “paraculo”, ma solo il “paraculetto”.
(da il Foglio)
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