CAPRIOLE E OMISSIONI, TUTTI I BUCHI DEL DISCORSO DIFENSIVO DI FONTANA TRA CAMBI DI VERSIONE, IMPRECISIONI E OPACITA’
LO SPETTACOLO INDEGNO DELLO SVENTOLIO DI STRACCI VERDI A SOSTEGNO DI UN INDAGATO … NESSUN ACCENNO AI 5,3 MILIONI DI EURO IN SVIZZERA: DA DOVE PROVENGONO, SONO FRUTTO DI EVASIONE FISCALE?
Il governatore della Lombardia Attilio Fontana ha raccontato nell’aula del Pirellone la sua verità : ha rivendicato la correttezza del proprio operato, attaccato l’”informazione faziosa”, promesso che non si arrenderà “davanti a nulla”, lamentato il “grave contraccolpo” per la Lombardia.
Ma il desiderio di “voltare pagina” non ha sciolto neppure uno dei nodi che si sono accumulati nella vicenda che lo vede indagato dalla Procura milanese per frode in pubbliche forniture.
Opacità , omissioni, discrepanze e ripetuti cambi di versione — non soltanto suoi – restano ancora tutti lì in attesa di una verità che sia davvero oggettiva.
La data clou del 7 giugno
Oggi, 27 luglio, Fontana ha ammesso di avere scoperto il 12 maggio scorso l’esistenza dei “rapporti negoziali” tra Aria (la centrale acquisti della Regione che aveva fatto l’ordinazione dei 75mila camici per un valore di 513mila euro) e Dama Spa (l’azienda tessile di proprietà del cognato Andrea Dini, e per una quota minoritaria del 10% della moglie Roberta).
Una capriola rispetto a quanto aveva dichiarato in un post sui social il 7 giugno, alla vigilia dell’inchiesta di “Report” – la trasmissione condotta da Sigfrido Ranucci – realizzata il 15 maggio ma andata in onda l’8 giugno. In quel momento il governatore assumeva una posizione molto netta: “Non sapevo nulla della procedura avviata da Aria e non sono mai intervenuto in nessun modo”.
Le cose, invece, sono andate diversamente.
Come ricostruito dal cronista di “Report” Giorgio Mottola, grazie a una testimonianza confidenziale, il 16 aprile Aria e Dama Spa stipulano un contratto per 513mila euro, con pagamento per mezzo di bonifico a 60 giorni. Un atto di cui sul database ufficiale del Pirellone non c’è traccia e che non avviene al termine di una gara, bensì con procedura negoziata — ad aggiudicazione diretta — per via dell’emergenza coronavirus che ha stravolto le procedure.
Nella seconda settimana di maggio — tra il 10 e il 15 — da un lato comincia il lavoro sul campo di “Report” e dall’altro la notizia inizia a circolare negli ambienti del governo regionale.
Fatto sta che il 20 maggio la Dama Spa trasforma la fornitura in donazione, storna le fatture e rinuncia a farsi pagare una prima tranche di camici già consegnati.
Questo non accade nè per caso nè a insaputa di Fontana.
Il 19 maggio, infatti — il giorno precedente l’entrata in campo della donazione — il governatore lombardo ordina alla società fiduciaria che gli gestisce un conto corrente in Svizzera (presso la banca Ups) di fare un bonifico di 250mila euro al cognato Andrea Dini. Tuttavia, poichè i soldi provengono dallo scudo fiscale — effettuato in ottemperanza alla legge sulla “voluntary disclosure” – proveniente da un doppio trust alle Bahamas, e poichè l’operazione presenta altre anomalie, la fiduciaria blocca il pagamento segnalandolo contemporaneamente alla Banca d’Italia. Da qui nasce l’indagine che vede coinvolto sia il governatore che l’ex dg di Aria Filippo Bongiovanni.
L’11 giugno Fontana a sua volta stoppa il bonifico, che inizialmente aveva definito un “risarcimento” al cognato per l’affare mancato e poi considera invece una partecipazione alla donazione di costui alla sanità lombarda.
A insaputa di entrambi
“A loro insaputa” è il titolo scelto dal servizio di “Report”. Con riferimento non soltanto all’amnesia di Fontana ma anche alla doppia versione fornita da Dini.
Quando il giornalista gli citofona la prima volta, l’imprenditore sostiene con forza la tesi dell’atto di liberalità : “Non è un appalto, è una donazione. Ci sono tutti i documenti, sono un’azienda lombarda e devo fare il mio dovere”.
Di fronte, tuttavia, all’evidenza del contratto di appalto, la versione cambia: “Effettivamente in azienda hanno male interpretato, ma io ho rettificato: è una donazione. Da Aria non avremo neanche un euro”.
Tuttavia, resta un’ulteriore incongruenza: tra il 22 e il 28 maggio le note di credito vengono stornate per 359.472 euro. Mancano all’appello 153mila euro. Forse relativi ai 25mila camici tuttora non forniti alla Regione da Dama Spa?
E il “Corriere della Sera” oggi ha evidenziato l’ultima scoperta dei magistrati: se il 20 maggio la Dama Spa ha trasformato la compravendita in donazione, non risulta in Regione alcun atto formale — delibera o altro — che accetti questo mutamento di negozio giuridico. In sostanza, al di là di una email di mera conferma di ricezione della proposta, niente prova che il contratto di fornitura non sia tuttora in vigore. Ed è questa, al momento, la tesi degli inquirenti.
Beneficenza di nascosto. Con i soldi scudati
L’ennesima anomalia è quella di una beneficenza, tramite pingue donazione, fatta in silenzio e senza rivendicarne il merito. Il primo a stupirsene, in trasmissione, è proprio Ranucci: “Una donazione è sempre un atto bello e generoso. Perchè nasconderlo, allora?”. Anche se avviene tramite l’azienda di un parente e al di fuori di gare regolamentate, va detto che la Lombardia in primavera era nel pieno del dramma da pandemia, e che ogni gesto di solidarietà aveva ragione di essere.
Un problema non giuridico ma almeno politico risiede però nell’utilizzo di denaro scudato — legittimamente, va ripetuto — facendo rientrare capitali dai paradisi fiscali, a cui oggi il governatore lombardo non ha minimamente fatto cenno nel suo discorso difensivo. Fontana ha spiegato nei giorni scorsi che su quel conto si trovano 5,3 milioni di euro
provenienti dall’eredità di sua madre.
“Mi chiedo come possa un amministratore pubblico sul piano politico conciliare due anime così diverse — argomenta Ranucci – E se quei soldi risultassero sottratti al concorso al pagamento di imposte e contributi che spetta a tutti i cittadini? L’ammontare complessivo dell’evasione fiscale è di 109 miliardi: quante cose potrebbe fare lo Stato con quei soldi, altro che il Recovery Fund…” .
La domanda che molti si pongono, in queste ore, è cosa ci sia all’origine di questo “pasticcio in salsa lombarda” che indebolisce Salvini per interposto Fontana.
Un governatore in prima linea politica, più che benestante di famiglia, finito invischiato in un’inchiesta in cui rischi e potenziali danni sembrano molto più evidenti dei presunti benefici. “Riteniamo che questa vicenda sia il tassello di un sistema molto più grande — conclude Ranucci — di cui “Report” si occuperà nella prima puntata della prossima stagione”.
(da “Huffingtonpost”)
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