C’È LA MILANO DA BERE E LA MILANO DA FAME: NELLA CITTÀ DELLA MADONNINA, CHE CELEBRA VIA MONTENAPOLEONE COME STRADA DEL LUSSO PIÙ CARA DEL MONDO, CHI LAVORA NON SI PUÒ PERMETTERE DI PAGARE LE BOLLETTE E FA LA FILA ALLA CARITAS PER UN PASTO CALDO
L’EVENTO DELLA FONDAZIONE PELLEGRINI IN TRIENNALE, CON AL BANO, VECCHIONI, SOCIOLOGI E BANCHIERI
Nella Milano dell’attrattività e dell’eventismo, c’è una povertà fatta di vite al minimo, di persone che cercano di risalire su un ascensore sociale e non ce la fanno. Sono storie di uomini e donne invisibili sopraffatti dalle emergenze, che mostrano un distacco dalla vita civile e si nascondono nella vergogna di una coda per un piatto di minestra nelle mense della solidarietà ambrosiana.
Segnalano qualcosa di nuovo: la povertà che non si riscatta più lavorando, con i salari inadeguati al costo della vita; la povertà che limita gli accessi ai circuiti del benessere e cresce nel vuoto lasciato da quello che si è perduto: la casa, la salute, la famiglia, un’istruzione, persino il senso di appartenenza alla stessa società e alla stessa città.
Milano vive nelle sue contraddizioni questo passaggio: da una parte passano le onde emotive della modernità, dall’altra crescono solitudini e disuguaglianze. Per ridurre le distanze e riavvicinare due mondi sempre più separati, la Fondazione Ernesto Pellegrini ha voluto battere un colpo contro l’inerzia e creare le premesse per disegnare un nuovo modello di welfare ambrosiano.
In Triennale la povertà di ieri e quella di oggi si sono incrociate nei racconti di chi ha conosciuto la città dove non faceva mai freddo, quella del miraggio, del sogno e del miracolo, riassunta con emozione da Al Bano.
Anche Roberto Vecchioni ha indicato piste di ripartenza recuperando la memoria, contrastando il destino che non può essere una condanna, avvicinando Milano alla città ideale per costruire un futuro
Prima uno e poi l’altro hanno riempito di senso di musica e di canzoni l’anniversario di Ruben, il ristorante a un euro che Ernesto Pellegrini ha inaugurato dieci anni fa al Lorenteggio in omaggio a un povero della sua infanzia morto assiderato, trasformato in un simbolo di conforto per i nuovi poveri.
La sociologa Chiara Saraceno ha indicato con precisione che cosa vuol dire essere poveri nella ricca Milano, non potersi più permettere una casa, costretti a un faticoso pendolarismo, inseguiti da bollette da pagare: un rischio in evoluzione sottolineato da Stefano Boeri e dal presidente di Fondazione Cariplo, Giovanni Azzone.
In ascolto il sindaco Sala, che ha raccolto l’invito della Fondazione Pellegrini a mettersi insieme, pubblico e privato: «Da soli non ce la facciamo», ha detto, perché le emergenze crescono e le risorse sono sempre meno.
(da editorialedomani.it)
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