CENTRODESTRA (VEDOVO MELONI) A CACCIA DI POLTRONE: IN LIZZA GIORGETTI, BONGIORNO, TAJANI, BERNINI E GELMINI
CHANCE ANCHE PER TABACCI
“Non solo non abbiamo mai parlato di ministri e ministeri, non sappiamo neanche se alla fine saremo in maggioranza…”, allarga le braccia un big leghista. Un po’ di tattica, buona parte di realtà .
Nel buio completo, nelle sole mani di Mario Draghi e Sergio Mattarella come da esplicito richiamo all’articolo 92 della Costituzione, con il brivido aggiuntivo del “ci vediamo in Parlamento” che alle orecchie di molti è suonato come “prendere o lasciare”, i partiti si sono svegliati al mattino con un raggio di sole: l’auspicio di una short list di papabili ministri da sottoporre al vaglio di premier incaricato e Quirinale. Al massimo tre opzioni per due scelte, questa pare la piattaforma.
Sebbene nella nebbia fitta che circonda l’imminente “governo del presidente” qualcuno ventili scarni colloqui telefonici (o a margine delle consultazioni) di Draghi direttamente con i big dei partiti. E poichè, insieme al ministero per la Transizione Ecologica, l’altro punto fermo di questi anomali negoziati sembra la compresenza paritaria di uomini e donne, lo schema emerge. Sebbene tutt’altro che facile da portare a casa.
Fatto sta che a pomeriggio avanzato non si trovano conferme di contatti diretti o indiretti. Solo indiscrezioni. Nella Lega c’è chi giura che il filo sia con Giancarlo Giorgetti, e sia già stato avviato. Così come dentro Forza Italia, un interlocutore sarebbe Antonio Tajani, che con l’ex presidente della Bce ha interagito in Europa
Dati per fuori i leader in quanto troppo ingombranti, i nomi leghisti dovrebbero essere proprio Giorgetti e Giulia Bongiorno, senatrice e avvocato penalista che difende Salvini nei processi nati dal suo operato al Viminale.
Con la subordinata del capogruppo alla Camera Riccardo Molinari o dell’ex ministra degli Affari Regionali Erika Stefani. Collocati dove però? Le mani che comporranno il cubo di Rubik sono appunto fuori dal perimetro delle forze politiche.
Draghi ha lasciato intendere che i ministri di peso saranno gestiti da “tecnici” mentre i politici serviranno a stabilizzare l’esecutivo (ed evitare che finisca impiombato a metà strada).
In più il Quirinale vorrebbe “blindare” Difesa, Esteri, Viminale e Salute. Se così fosse, senza cedimenti ai desiderata politici, il primo bivio per il centrodestra sarà tra ministeri senza portafoglio o (assai meno appetibili) vice-ministeri di peso.
Giorgetti è un jolly: ministro dei Rapporti con il Parlamento, sottosegretario di Palazzo Chigi, titolare di qualche delega economica.
Dentro Forza Italia la terna è Tajani più le due capogruppo parlamentari Anna Maria Bernini e Mariastella Gelmini. Naturalmente, conterà la collocazione sulla scacchiera, e la portata di ministeri di prima fascia.
Al momento si ipotizza il numero due del partito al dicastero degli Affari Europei, più un vice-ministero, magari alla Giustizia. Se al governo andasse Bernini, il suo posto al Senato potrebbe finire a Licia Ronzulli; se si optasse per Gelmini, in corsa a Montecitorio c’è Giorgio Mulè. Variante: se Tajani fosse considerato “leader facente funzione” e rimanesse fuori, ecco una squadra tutta al femminile. Nel toto-nomi anche l’ex ministra dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo e Mara Carfagna, considerata però troppo “distante” dalla linea del partito.
C’è poi la questione dei “piccoli”.
Silenziosamente, Bruno Tabacci potrebbe diventare ministro dei Rapporti con il Parlamento: raccordo cruciale che Draghi vorrebbe affidare a un uomo di fiducia ben consapevole delle dinamiche dei palazzi. Con una subordinata: il gruppo “centrista”, al momento in stand-by, resta una “risorsa dormiente” che potrebbe tornare utile in una seconda fase della navigazione, ove mai le acque della maggioranza allargata si increspassero.
Alla centrista Paola Binetti non dispiacerebbe una delega alla Famiglia o alle Pari Opportunità (ma il suo profilo, molto cattolico, potrebbe scontentare le donne che ne chiedono uno più “femminista”). Nè il gruppo di Giovanni Toti, si dispiacerebbe di far parte della squadra. C’è poi il toto-viceministri e sottosegretari, ma rappresenta il secondo tempo della partita e ci sarà qualche giorno in più per giocarlo.
(da “Huffingtonpost”)
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