CHE CI FA LA PORTAEREI “CAVOUR” A DAKAR CON LUISA CORNA?
PIU’ CHE LA PISTA DI UNA PORTAEREI SEMBRA IL PALCO DI SANREMO CON LA CORNA CHE CANTA L’INNO E L’ORCHESTRA CHE SUONA…E INTORNO UNA FIERA GALLEGGIANTE
Strano show quello organizzato lunedì sera sulla nave Cavour attraccata nel porto di Dakar, in Senegal: un po’ avanspettacolo, un po’ rassegna bellica.
Con contorno di Nutella.
Di sicuro contribuirà alle polemiche sulle spese militari italiane. E sull’utilizzo delle nostre navi da guerra: mentre la portaerei Garibaldi viene destinata alla vendita, la sua sorella maggiore Cavour viene utilizzata come una sorta di fiera galleggiante.
Con una spesa di trenta milioni di euro, di cui il 35 per cento a carico dello Stato.
Ma tra gli italiani presenti a bordo qualcuno è rimasto interdetto. Non ha gradito. E ha cominciato a far circolare le notizia e a protestare.
Già l’invito aveva suscitato qualche perplessità . Nell’elegante cartoncino inviato dall’Ambasciata italiana in Senegal c’era un dettaglio per lo meno curioso: “Abiti da sera o militari”.
Insomma, a bordo si sono presentati signore in abito da sera tutte ingioiellate, uomini in smoking e soldati in divisa. Uno strano miscuglio.
Era soltanto l’inizio: “A bordo ci siamo trovati davanti una specie di mercato”, racconta uno degli ospiti.
Aggiunge : “Ci aspettavamo di trovare soldati, ma c’erano soprattutto gli stand di un sacco di imprese italiane. Alcune pubbliche, tante private. Un miscuglio strano, dalla Ferrero che fa la Nutella alla Beretta che produce pistole e fucili. Poi Pirelli, Ferretti e Federlegno, ma anche Finmeccanica con i suoi elicotteri”.
Così, qualcuno ha chiesto informazioni: “Abbiamo scoperto che la Cavour – racconta un invitato – è partita dall’Italia il 13 novembre per una specie di tour promozionale di prodotti italiani mischiato con un’iniziativa umanitaria. In tutto sono 146 giorni di navigazione per diciottomila miglia”.
I dettagli aggiungono perplessità .
La nave ha toccato sette porti del Golfo Arabo e tredici africani: Arabia Saudita, Gibuti, Emirati Arabi Uniti, Barhein, Kuwait, Qatar, Oman, Kenya, Madagascar, Mozambico, Sudafrica, Angola, Congo, Nigeria, Ghana, Senegal, Marocco e Algeria. Tutto chiaro? “Mica tanto”, storce il naso più d’uno.
“Primo perchè stiamo parlando di pubblicità di armi anche in paesi non proprio democratici, talvolta in condizioni di conflitto”.
Non solo: “C’è l’aspetto delle spese”. Si scoprono così interrogazioni presentate da Sel e M5S che raccontano: ogni giorno di navigazione costa 200mila euro, i 1.200 membri di equipaggio all’estero arrivano a essere pagati 180 euro al giorno.
Totale: la spesa prevista per la spedizione era di venti milioni, che potrebbero diventare 33.
Di questi il 65% a carico delle industrie sponsor, il restante 35% (circa dieci milioni) a carico dello Stato
Insomma, un’operazione commerciale che tra un discorso della Croce Rossa (che poi va a curare i feriti) e un concerto cerca di vendere tecnologie militari (che poi magari serviranno per le guerre) prodotte da società per azioni, anche se alcune di proprietà dello Stato.
Poco importa che l’Italia sia in “buona” compagnia: la spedizione della Cavour (che anni fa aveva fatto un’analoga crociera in Sud America) è stata organizzata in fretta e furia per precedere quella della portaerei concorrente dei cugini francesi.
La missione “Sistema Paese in Movimento” contro la “Bois Belleau”.
“Certo, c’è l’aspetto umanitario, ma a noi dava ancora più fastidio perchè pareva quasi far da paravento a quello commerciale e bellico”, è la critica di diversi ospiti.
Non solo. Qualcuno si è preso la briga di chiedere che cosa ha caricato la Cavour nella stiva: 30.000 chilogrammi di pasta, 50.000 di farina, 18.000 di pomodori pelati, 27.000 litri di acqua in 54.000 bottigliette e 12.000 litri di vino.
Frutta e verdura fresca, mozzarelle e panettoni (6.000 le razioni di emergenza).
La tipica dotazione di una nave da guerra.
Ferruccio Sansa
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