CHI E’ PAVEL DUROV, FONDATORE DI TELEGRAM, E PERCHE’ E’ STATO ARRESTATO IN FRANCIA
LE CONSEGUENZE PER IL SOCIAL
Ci sono ombre e luci nella creatura che Pavel Durov ha creato nel 2013. Telegram è usata da attivisti, perseguitati e cittadini che decidono di non seguire la propaganda dei Paesi in cui vivono – vedi la Russia, dove l’app è l’unica alternativa alla verità di Putin – per poter continuare a informarsi e comunicare liberamente.
Ma è anche la piattaforma preferita da hacker, criminali, terroristi per poter – allo stesso modo – comunicare liberamente. E proprio queste ombre sono alla base dell’inchiesta dell’Ufficio nazionalale antifrode francese che ha portato all’arresto di Durov il 24 agosto, non appena il suo jet privato ha toccato la pista dell’aeroporto di Bourget, appena fuori Parigi.
Era schedato come «ricercato» perché – secondo gli inquirenti – la sua app, Telegram, e ciò per cui viene usata, lo rende complice dei peggiori crimini: traffico di stupefacenti, terrorismo, pedopornografia, riciclaggio, ricatti.
«Preferisco essere libero che prendere ordini da qualcuno»
Pavel Valeryevich Durov è nato nel 1984 a Leningrado, in quella che era ancora l’Unione Sovietica. La sua infanzia però, l’ha passata a Torino, per poi tornare in Russia per frequentare il liceo e l’università (filologia). Padre russo, madre francese, fratello Nikolai genio dell’informatica: è proprio lui il suo fidato compagno d’affari.
Mentre il modello a cui si ispira è Mark Zuckerberg. Il primo progetto dei fratelli Durov si chiama VK (o Vkontakte, per esteso), un social network che ricorda molto da vicino Facebook. Ancora attivo e molto utilizzato in Russia, è ad oggi il 30esimo sito più visitato al mondo. Un successo, che però Durov presto abbandona: la sua piattaforma dev’essere libera da ogni costrizione politica.
E già in questa prima fase della sua carriera si può intravedere la sua visione di come un sistema di comunicazione basata su Internet debba essere priva di regolamentazioni, moderazioni dall’alto, costrizioni.
Mai a scapito della privacy, ma con l’inevitabile compromesso di finire per accogliere il bello e il brutto. «Preferisco essere libero che prendere ordini da qualcuno», ha dichiarato nel 2014, quando si rifiuta di consegnare al governo federale i dati personali di un gruppo attivo su VK che protestava apertamente contro Putin. Dà le dimissioni e lascia la Russia: «Il Paese è incompatibile con il business di Internet al momento», ha aggiunto. Nel mentre, aveva già fondato l’anno prima, Telegram.La nascita di Telegram
Telegram viene quindi creata in Russia, nel 2013, con l’obiettivo di poter dare ai propri concittatini – ma anche al resto del mondo – una piattaforma dove le comunicazioni potessero essere sicure e soprattutto private.
Libere dunque da qualsiasi occhio indiscreto politico. Telegram è stata la prima app a sfruttare la crittografia end-to-end. I suoi data center sono sparsi per il mondo, mentre per la sede centrale viene scelta Dubai.
Nata come alternativa a WhatsApp, è in realtà molto diverso. Più che un’app di messaggistica, Telegram è un social network, con diverse e molteplici funzionalità che si adattano a diverse tipologie di comunicazione. Ci sono le chat private, ma anche i gruppi (che accolgono fino a 200mila partecipanti), ci sono le chiamate vocali e quelle video, si possono condividere documenti, foto in alta definizione, file. Tante di queste funzioni, nel tempo, sono state poi portate anche su WhatsApp, tra cui i canali, dove un utente o una organizzazione può parlare direttamente a tutti i suoi/loro fan, seguaci, follower.
A seconda del personaggio. Telegram è considerata la migliore alternativa a WhatsApp, anche se sui numeri non ci sono ancora paragoni. L’app di Meta si sta avvicinando ai tre miliardi di utenti, mentre quella di Durov conta circa 900 milioni di iscritti. Ma rimane la preferita di smanettoni e persone attente alla privacy e alla sicurezza.
Contraddizioni
Ci sono diverse contraddizioni interne in Telegram: Durov nel 2013 dichiara di non voler trarre profitto dall’app di messaggistica ma poi sceglie un paradiso fiscale come luogo in cui stabilirsi. Il suo patrimonio personale, tra l’altro, è cresciuto negli anni fino a una cifra che Forbes stima essere intorno ai 15,5 miliardi di dollari. La libertà di espressione, che promette sulla sua piattaforma, viene in particolare sfruttata in quei Paesi dove le comunicazioni sono controllate da governi autoritari. Per esempio nella sua stessa Russia, dove dallo scoppio del conflitto in Ucraina è diventata l’unica via attraverso cui far passare notizie diverse da quelle approvate dai canali ufficiali. In Russia, tra l’altro, Telegram è stata bloccata nel 2018, dopo che Durov si era rifiutato di fornire al governo le chiavi di crittografia per poter accedere alle conversazioni degli utenti. Tante sono state le proteste che dopo un anno l’app è tornata disponibile.
Le accuse e le possibili conseguenze per Telegram
Se è vero che in tante parti del mondo, da Hong Kong all’Iran, la creatura di Durov è un valido aiuto per poter lottare per i propri diritti, è altrettanto vero che su Telegram si trova di tutto. E viene davvero usata per traffico di droga, pedopornografia, pirateria, ricatti e sextorsion, terrorismo. Proprio per questo, per il suo netto rifiuto a porre un qualsiasi tipo di moderazione e di voler rimanere una «piattaforma neutrale» senza nessun «ruolo geopolitico», viene considerato complice di tutti i crimini commessi su Telegram dagli inquirenti francesi.
Dalla piattaforma, per ora, nessun commento. Nè sappiamo, al momento, se possono essere possibili conseguenze sul suo funzionamento: se si dovrà alla fine cedere e inserire maggiori controlli sui contenuti che veicola o se può andare incontro a possibili blocchi.
Di certo c’è che l’arresto di Durov si traduce nella necessità, per i creatori di piattaforme e dispositivi tecnologici, di riflettere sulle proprie responsabilità. E sui possibili effetti che quell’app, quel telefono o quel portale possono portare alla società intera. Anche se, al momento, sicurezza del gruppo e privacy del singolo sono ancora due concetti che spesso vanno in antitesi. Il caso forse più clamoroso, in questo senso, si è verificato nel 2016, quando Apple si è rifiutata di collaborare con l’Fbi per dare accesso ai dati contenuti nell’iPhone di un attentatore che aveva ucciso 12 persone a San Bernardino. La tutela della informazioni che gli utenti salvano sui propri dispositivi, per Cupertino, era sacra. E neanche un’indagine era abbastanza importante da creare un precedente che veniva definito «pericoloso»
Oggi, non a caso, in difesa di Durov, si muove un altro imprenditore che si auto-celebra come difensore della libertà di espressione online a tutti i costi e che ha eliminato quasi ogni forma di moderazione sul social che gestisce, X: Elon Musk ha scritto, «POV: è il 2030 e in Europa si viene giustiziati per aver apprezzato un mese». Lui stesso, e i suo social, sono sotto stretta sorveglianza delle autorità europee.
(da agenzie)
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