CHI E’ STATO? CASO CUCCHI E SENTENZE LOTTERIE
DOBBIAMO DEDURRE CHE SI SIA AMMAZZATO DA SOLO
Recita il ritornello: le sentenze si rispettano.
Però non possono diventare lotterie, come accade quando sugli stessi fatti il giudizio d’appello smentisce, ribaltandolo, il processo precedente.
Per l’accusa Stefano Cucchi è morto in carcere di botte e di stenti.
Per il primo giudice «soltanto» di fame e di sete.
Per la corte d’assise neanche di quello.
Ne dovremmo dedurre che sia ancora vivo. O che si sia ammazzato da solo.
E infatti è questa la versione che ci vogliono apparecchiare: Cucchi si sarebbe lasciato morire di inedia.
Se medici e infermieri hanno una colpa, è di non avere insistito con la forza per nutrirlo.
Una «responsabilità morale» ammette persino Giovanardi.
E le fratture? E gli occhi pesti? E il corpo preso in consegna vivo dallo Stato e restituito cadavere alla famiglia?
Una famiglia che ha sempre rispettato e aiutato le istituzioni, al punto di fornire prove a carico del figlio sul possesso di droga.
Toccherà alla Cassazione mettere il timbro su questa storia allucinante, dove il latinorum dei giudici è contraddetto dalla potenza persuasiva delle foto.
Purtroppo abbiamo fin d’ora una certezza: che quando una delle due sentenze risulterà sbagliata, nessun magistrato pagherà per il suo errore.
P.S. Solidarietà ai poliziotti e agli agenti penitenziari che accettano di farsi odiare dal prossimo per 1200 euro al mese. Ma il portavoce di un loro sindacato che — di fronte alla morte impunita di un uomo — dichiara: «Se uno ha disprezzo per la propria condizione di salute e conduce una vita dissoluta, ne paghi le conseguenze», dovrebbe fare soltanto una cosa. Vergognarsi.
Massimo Gramellini
(da “La Stampa“)
Leave a Reply