CON IL GOVERNO LEGA-M5S OLTRE 19 MILIONI DI ITALIANI COSTRETTI A PAGARSI PRESTAZIONI SANITARIE PRIVATE
IL 44% DEGLI ITALIANI RASSEGNATI SI SONO DOVUTI RIVOLGERE A STRUTTURE PRIVATE, ERA LO SCOPO PERSEGUITO DALLA LEGA
Troppo tempo. Mesi di attesa: in media,128 giorni per una visita endocrinologico, per fare solo un esempio. E così, invece di rivolgersi al pubblico i “forzati” della sanità virano e si rivolgono al privato pagamento.
Sono 19,6 milioni gli italiani che nell’ultimo anno, per almeno una prestazione sanitaria, hanno provato a prenotare nel servizio sanitario nazionale e poi, constatati i lunghi tempi d’attesa, hanno dovuto rivolgersi alla sanità a pagamento, privata o intramoenia. Lo dice il IX rapporto Rbm-Censis presentato al ‘welfare day 2019’.
Così a causa di un servizio sanitario che non riesce più a erogare in tempi adeguati prestazioni incluse nei Lea (livelli essenziali di assistenza) e prescritte dai medici, i forzati della sanità sono costretti, secondo il rapporto, a pagare di tasca propria.
In 28 casi su 100 i cittadini, avuta notizia di tempi d’attesa eccessivi o trovate le liste chiuse, hanno scelto di effettuare le prestazioni a pagamento (il 22,6% nel nord-ovest, il 20,7% nel nord-est, il 31,6% al centro e il 33,2% al sud).
L’indagine è stata realizzata su un campione nazionale di 10 mila cittadini maggiorenni statisticamente rappresentativo della popolazione.
Transitano nella sanità a pagamento il 36,7% dei tentativi falliti di prenotare visite specialistiche (il 39,2% al centro e il 42,4% al sud) e il 24,8% dei tentativi di prenotazione di accertamenti diagnostici (il 30,7% al centro e il 29,2% al sud). I lea, a cui si ha diritto sulla carta, in realtà sono in gran parte negati a causa delle difficoltà di accesso alla sanità pubblica.
Lunghe o bloccate, le liste d’attesa sono per lo più invalicabili.
In media, 128 giorni d’attesa per una visita endocrinologica, 114 giorni per una diabetologica, 65 giorni per una oncologica, 58 giorni per una neurologica, 57 giorni per una gastroenterologica, 56 giorni per una visita oculistica.
Tra gli accertamenti diagnostici, in media 97 giorni d’attesa per effettuare una mammografia, 75 giorni per una colonscopia, 71 giorni per una densitometria ossea, 49 giorni per una gastroscopia.
E nell’ultimo anno il 35,8% degli italiani non è riuscito a prenotare, almeno una volta, una prestazione nel sistema pubblico perchè ha trovato le liste d’attesa chiuse. Ecco la insormontabile barriera all’accesso al sistema pubblico, che costringe a rivolgersi al privato anche per effettuare prestazioni necessarie prescritte dai medici.
Il 62% di chi ha effettuato almeno una prestazione sanitaria nel sistema pubblico ne ha effettuata almeno un’altra nella sanità a pagamento: il 56,7% delle persone con redditi bassi, il 68,9% di chi ha redditi alti.
Per ottenere le cure necessarie (accertamenti diagnostici, visite specialistiche, analisi di laboratorio, riabilitazione, ecc.), tutti – chi più, chi meno – devono surfare tra pubblico e privato, e quindi pagare di tasca propria per la sanità .
E sono 13,3 milioni le persone che a causa di una patologia hanno fatto visite specialistiche e accertamenti diagnostici sia nel pubblico che nel privato, per verificare la diagnosi ricevuta (una caccia alla second opinion).
Combinare pubblico e privato è ormai il modo per avere la sanità di cui si ha bisogno. Spendere per la salute è ormai inevitabile e necessario per tutti.
Oltre a tentare di prenotare le prestazioni sanitarie nel sistema pubblico e decidere se attendere i tempi delle liste d’attesa oppure rivolgersi al privato, di fronte a una esigenza di salute stringente, molti cittadini si sono rassegnati, convinti che comunque nel pubblico i tempi d’attesa sono troppo lunghi.
Nell’ultimo anno il 44% degli italiani si è rivolto direttamente al privato per ottenere almeno una prestazione sanitaria, senza nemmeno tentare di prenotare nel sistema pubblico. È capitato al 38% delle persone con redditi bassi e al 50,7% di chi ha redditi alti. Ancora una volta: tutti, al di là della propria condizione economica, sono chiamati a mettere mano al portafoglio per accedere ai servizi sanitari necessari.
Obbligo per tutti di spendere per la sanità . Nel 2018 la spesa sanitaria privata è lievitata a 37,3 miliardi di euro: +7,2% in termini reali rispetto al 2014.
Nello stesso periodo la spesa sanitaria pubblica ha registrato invece un -0,3%.
La spesa privata riguarda prestazioni sanitarie necessarie o inutili? Di sicuro tutte quelle svolte nel privato dopo il fallito tentativo di prenotazione nel sistema pubblico sono state prescritte da un medico.
Tra quelle effettuate direttamente nel privato hanno una prescrizione medica il 92,5% delle visite oncologiche, l’88,3% di quelle di chirurgia vascolare, l’83,6% degli accertamenti diagnostici, l’82,4% delle prime visite cardiologiche con ecg. Sono numeri che riguardano prestazioni necessarie, non un ingiustificato consumismo sanitario.
E il pronto soccorso diventa un punto di riferimento. Lo dicono i numeri e i giudizi.
Il 48,9% dei cittadini che nell’ultimo anno hanno avuto una esperienza di accesso al pronto soccorso ha espresso un giudizio positivo (la percentuale sale al 54,5% al nord-est).
Ma solo il 29,7% si è rivolto al pronto soccorso in una condizione di effettiva emergenza, per cui non poteva perdere tempo.
Mentre il 38,9% lo ha fatto perchè non erano disponibili altri servizi, come il medico di medicina generale, la guardia medica, l’ambulatorio di cure primarie. Il 17,3% lo ha fatto perchè ha maggiore fiducia nel pronto soccorso dell’ospedale rispetto agli altri servizi. Si tratta di una domanda sanitaria drogata dalle non urgenze, a caccia della migliore soluzione per il proprio problema, che trova impropriamente risposte nel pronto soccorso.
(da agenzie)
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