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CON IL RITIRO DELL’ESERCITO RUSSO DALLA CITTÀ ORA PER LE FORZE UCRAINE SI APRE LA STRADA VERSO LA RICONQUISTA DELLA CRIMEA

L’ARMATA LESSA, CHE CONTROLLA ANCORA L’80% DELLA PROVINCIA, SI E’ TRINCERATA SULL’ALTRA SPONDA DEL FIUME DNIPRO… PER I RUSSI, MAL EQUIPAGGIATI, POTREBBE ESSERE DIFFICILE CONTINUARE A RESISTERE

Prima dell’alba di ieri, quando in Italia erano le tre, le forze russe sulla riva occidentale del fiume Dnipro hanno lasciato la città di Kherson e ripiegato verso Oriente. Il ministro della Difesa di Mosca, Sergei Shoigu, l’ha annunciato come uno squillo di fanfara. Operazione perfettamente riuscita. L’ordine per il ritiro è stato eseguito in meno di tre giorni. Shoigu dice che nessun soldato, munizione o veicolo militare è stato lasciato indietro. Se fosse tutto come appare, una manovra brillante.
I primi soldati ucraini sono arrivati nel pomeriggio fino al ponte Antonivskiy che è il principale collegamento tra Kherson e la sponda opposta dove sono ora trincerati i russi. È un ponte lungo almeno un chilometro e le immagini che i militari hanno pubblicato online mostrano un’enorme voragine. Da lì gli ucraini non potranno passare a lungo. Per Mosca quindi tutto bene?
I russi hanno completato in modo fulmineo un’operazione che secondo gli esperti occidentali avrebbe richiesto delle settimane. Una sorta di Dunkerque sul corso d’acqua invece che sulla Manica. C’erano da trasferire quasi 40mila fanti, forse 5mila tra blindati, tank e cannoni. Avare le immagini social dell’impresa: si vedono solo decine di fanti russi camminare carichi di zaini e armi sui pontoni alla base dell’Antonivskiy.
I combattimenti avrebbero potuto essere feroci, le perdite ingenti. Invece Mosca si prepara a tenere le difese sulla sponda del fiume in faccia alla città con uomini e armi in efficienza. Al netto del «dolore per la decisione di abbandonare Kherson» il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, può aver ragione a dire che «il ritiro non è un’umiliazione per la Russia e il presidente Putin» proprio perché realizzato in modo ottimale. Ma la sconfitta resta. Ritirarsi al di là del Dnipro significa rinunciare a prendere tutta la costa sul Mar Nero fino a Odessa, tagliare a Kiev l’accesso al mare e ridurla a un’enclave terrestre senza valore commerciale o strategico. Sostanzialmente obbligarla a rientrare nell’orbita di Mosca.
Invece ora da Kherson batterie d’artiglieria ucraine potranno colpire la Crimea che è ad appena 60 chilometri e i missili arrivare con 120 chilometri di volo sulla flotta russa. La base navale di Sebastopoli è quel che rende ancora Mosca una potenza globale. Dal «mare caldo» possono partire navi e sommergibili carichi di missili nucleari. Senza quel porto sempre agibile, la deterrenza russa sarebbe compromessa.
Ieri, però, gli ucraini non insistevano tanto sull’avvicinamento alla Crimea quanto sul presunto ritiro perfetto. L’intelligence di Kiev si è rivolta a sbandati o sabotatori: «Il tuo comando ti ha abbandonato, vuole che scappi da Kherson da solo in abiti civili. Non ce la farai. Ogni soldato russo che resisterà sarà ucciso. Arrenditi e sarai trattato secondo la Convenzione di Ginevra». Il vicegovernatore ucraino di Kherson, Serhiy Khlan, parla di artiglieria che ha massacrato i fuggiaschi e di soldati russi annegati.
Khlan usa l’immagine crudele di «gamberetti che quest’anno saranno belli grossi perché avranno molto da mangiare». È nell’interesse di Kiev trasmettere la sensazione di russi incapaci di coordinare le loro stesse azioni, ma neppure il vice governatore usa l’espressione «disfatta russa» o mostra colonne di mezzi catturati. Tocca al presidente Zelensky trovare il tono giusto, senza polemiche: «È un giorno storico. Oggi riprendiamo il Sud del Paese»
È presto per capire l’esatta dinamica del ritiro. È probabile che mercoledì, mentre a Mosca il comandante dell’invasione Surovikin e il ministro della Difesa Shoigu recitavano la sceneggiata di un consiglio di guerra in diretta tv («Signor ministro, propongo il ritiro da Kherson perché le linee di collegamento rendono difficile la protezione dei soldati». «Concordo con lei generale, proceda al ripiegamento»), lo spostamento delle truppe fosse già in gran parte compiuto. Il successo della ritirata sarebbe quindi duplice. Primo, per aver avuto (se vero) poche perdite.
Secondo, per essere riusciti a nascondere i movimenti di truppe e mezzi fino all’annuncio. Migliaia di uomini e cannoni sarebbero improvvisamente diventati invisibili agli occhi di satelliti e droni.
Fino a questa fase della guerra, l’apparato di sorveglianza occidentale non aveva sbagliato un colpo. Da quando Washington avvisava dell’invasione nello scetticismo generale, alle ultime telefonate tra ufficiali russi sull’impiego della bomba nucleare. Questa volta invece lo spionaggio non avrebbe visto passare una mandria di elefanti.
L’evacuazione indolore dei russi può essere forse spiegata con trattative segrete. È possibile che, in cambio del «safe passage», i russi abbiano offerto qualcosa a Kiev o all’Occidente. Se ne parla in ambienti diplomatici e militari, ma resta un’ipotesi.
Il ritiro da Kherson è avvenuto meno di due mesi dopo il referendum farsa che avrebbe dovuto rendere il capoluogo «eternamente russo». Quella era la città dove le spie di Mosca avevano corrotto poliziotti e funzionari ucraini così da conquistarla senza combattere. Una volta occupata, però, Kherson non si è arresa.
Indimenticabile la ferocia della signora che avvicina per strada un soldato russo armato di tutto punto per consegnargli una manciata di semi di girasole. «Mettiteli in tasca, così quando morirai almeno servirai da concime». Chissà se anche lei ieri è scesa in strada a festeggiare le avanguardie di Kiev.
La bandiera dell’Ucraina (a cui qualcuno aveva aggiunto quella dell’Unione Europea) sventolava ieri nella piazza principale di Kherson. La guerra entra in una nuova fase. I russi controllano ancora l’80% della provincia, sono trincerati sulla sponda orientale del fiume e stanno addirittura preparando difese in Crimea. L’inverno potrebbe congelare gran parte dei combattimenti, ma senza un cambio di armamenti o forza economica, la strada per la Crimea da ieri è aperta.
(da agenzie)

This entry was posted on sabato, Novembre 12th, 2022 at 21:13 and is filed under Politica. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can leave a response, or trackback from your own site.

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