CONFISCA “A PRESCINDERE”, L’ULTIMO COLPO DEL TRIBUNALE DI GENOVA ALLA LEGA SUL CASO DEI 49 MILIONI
NELLE 133 PAGINE DI MOTIVAZIONI LA LEGITTIMITA’ GIURIDICA DELLA CONFISCA AL PARTITO A PRESCINDERE DALL’USO CHE NE E’ STATO FATTO
I giudici d’appello di Genova, con 133 pagine di motivazioni depositate ieri, scolpiscono nel marmo la premessa dei guai giudiziari che inseguono la Lega nell’era Salvini: la legittimità della confisca al partito di 49 milioni a prescindere dall’uso che ne è stato fatto, pari alla cifra che Umberto Bossi e Francesco Belsito ottennero truccando i bilanci, truffa al Parlamento per cui il 26 novembre sono stati condannati in secondo grado.
Da mesi si parla del “sequestro” dei soldi. I pm l’avevano chiesto temendo che i conti del Carroccio sarebbero stati svuotati prima del terzo grado sul raggiro Bossi-Belsito.
Con un blitz a settembre 2017 i pubblici ministeri hanno trovato solo 3 milioni e, chiuso un batti e ribatti giudiziario, hanno ottenuto via libera a “congelare” gli introiti successivi.
La Lega ha quindi rateizzato, ma attenzione: il sequestro, pur arrivando prima, è subordinato alla tenuta processuale della confisca. la quale è una sorta di condanna economica, mentre il medesimo sequestro è l’anticipazione, la «misura cautelare» per non far evaporare il denaro rimasto.
Consolidate le fondamenta del caso giudiziario
È chiaro insomma che se non regge o si sgonfia la prima, scricchiolano le fondamenta dei sequestri stessi e la caccia al tesoro sotto forma di nuova inchiesta per riciclaggio, con annessi blitz in Lussemburgo e indagini sulle presunte scatole cinesi create nel tempo dai contabili leghisti.
Perciò erano attese le motivazioni con cui i giudici spiegano quanto e soprattutto come «confiscare» in futuro.
E la risposta è lapidaria: tutto ciò che entrerà su depositi vagamente collegabili alla Lega finchè non si arriva a 49 milioni. È vero che il caso Bossi-Belsito deve ancora subire il vaglio della Cassazione, ma quest’ultima interviene su questioni di puro diritto.
Nel “merito” della legittimità della confisca, il passaggio finale, e molto netto, è quello che si è materializzato ieri.
Scrivono quindi i magistrati, per dettagliare la conferma della medesima confisca, che solo genericamente era emersa con il più sintetico “dispositivo” delle condanne in appello a Bossi e Belsito, pronunciate a fine novembre: «È superfluo accertare se la massa monetaria percepita quale profitto o prezzo dell’illecito (cioè i 49 milioni, ndr) sia stata spesa, occultata o investita; ciò che rileva è che le disponibilità monetarie, in questo caso del partito politico, si siano accresciute di quella somma, legittimando quindi la confisca in forma diretta del relativo importo».
E allo Stato devono tornare «anche somme di denaro che sono state depositate o che verranno depositate su conti correnti intestati o comunque riferibili al predetto movimento politico successivamente alla data di notifica ed esecuzione del decreto di sequestro preventivo, emesso il 4 settembre 2017».
La versione più ampia possibile della confisca, messa nero su bianco con le motivazioni del secondo verdetto sulla truffa compiuta da Bossi e Belsito, fa insomma sì che i sequestri reggano. E così il tormentone della ricerca di tutti i 49 milioni su conti italiani e stranieri.
Le contabilità occultat
Nel resto degli incartamenti, oltre a descrivere per l’ennesima volta il «dilagare» delle spese pazze con la tesoreria di Belsito fino al 2012, viene fissato un punto fondamentale per dichiarare fuorilegge i soldi destinati alle spese private d’un «consapevole» Bossi: «La Lega Nord avrebbe anche potuto decidere, in modo tacito e informale, di sostenere spese in favore del segretario federale, per rispetto verso il fondatore del movimento, riconoscenza, qualunque altro motivo condiviso dai componenti degli organi del partito. Ma la spesa avrebbe dovuto avere regolari giustificativi, essere annotata con causale fedelmente rispettosa della destinazione, trovare corretta sintesi nel rendiconto, così da rendere trasparente e conoscibile agli elettori e in generale ai cittadini la scelta di come utilizzare i rimborsi elettorali, che come tale sarebbe stata insindacabile e non soggetta ad alcun controllo di merito.
Nel caso in oggetto è invece emerso come il partito fosse all’oscuro che una parte consistente di risorse veniva distratta dal segretario federale, dai suoi familiari e dal tesoriere per fini privati del tutto estranei a decisioni della Lega Nord, tanto da dover essere occultate nella contabilità ».
Perchè se ne continua a parlare
Ultima notazione fondamentale. La Lega deve restituire 49 milioni non perchè li abbia sperperati tutti. Il motivo è un altro: poichè Bossi e Belsito, nella richiesta di rimborsi al Parlamento per “spese politiche”, ovviamente non scrissero che 500mila euro erano stati dilapidati in esborsi privati, hanno perso il titolo a incassare l’intera somma, ovvero i 49 milioni che il Carroccio incassò.
E siccome il denaro è stato incassato pure sotto le gestioni di Roberto Maroni e Matteo Salvini, e in generale ne ha beneficiato nel complesso la Lega di ieri e di oggi che mai si è costituita parte civile, ecco che l’odierno movimento è chiamato a restituire.
(da “”il Secolo XIX“)
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