CONTE FA ANCORA MELINA SUL MES
SUL SEMPLIFICAZIONI ANCORA CONTRASTI SU APPALTI E ABUSO D’UFFICIO… UN SENATORE PASSA DA FORZA ITALIA A ITALIA VIVA
“Che facciamo, pure il decreto semplificazioni lo rimandiamo a settembre?”, dice sorridendo un dirigente del Partito democratico.
La risposta puntuta di Giuseppe Conte sul Mes ha impattato ancora una volta su quella parte del Pd esasperata dalla conduzione della fase post crisi del premier.
La lettera in dieci punti di Nicola Zingaretti non ha sortito gli effetti sperati. Nessuna risposta da Palazzo Chigi, fino a quando il presidente del Consiglio ha deciso, dopo il question time alla Camera, di andare a “cercare” i cronisti. Una mossa voluta, per consegnare un messaggio tanto cauto quanto puntuto: “Non ho cambiato mai idea, non dobbiamo ragionare su astratte valutazioni. Sulla base di conti e regolamenti si va in Parlamento e si decide”.
Girando attorno al tema, ha anche spiegato come il voto sul fondo Salva stati non sarà a stretto giro: “Dobbiamo chiudere il negoziato sul Recovery fund, non è attendismo, ma chiarezza di linea, fini e obiettivi”. I punti sollevati da Zingaretti, spiegano fonti vicine a Conte, non tengono conto che la maggior parte delle misure che propone sono strutturali, e, una volta esauriti i fondi del Mes, graverebbero sui conti dello stato.
Nonostante ciò il segretario del Pd ha offerto un’apertura di credito a Palazzo Chigi. “Nel decreto Semplificazioni ci sono ottime scelte – ha detto a margine di un evento a Roma – Può cambiare come tutto, ma finalmente le cose possono cambiare in meglio e questo è un segnale molto concreto e positivo delle promesse che si fanno e degli impegni che si mantengono”.
Sulla linea su cui ha battuto in queste settimane con tutti i suoi interlocutori, “il governo va avanti se fa le cose”, al Nazareno hanno guardato con interesse alle accelerazioni sia sul decreto, ma anche su Alitalia e sui decreti sicurezza, entrati finalmente dopo un anno nell’orizzonte delle cose da fare.
Il Mes rientra tra queste. “Non è un problema ideologico così come lo vogliono affrontare i 5 stelle – spiega chi ha sentito Zingaretti nelle ultime ore – Il punto è che prima risolvi alcuni nodi, prendi decisioni, stabilisci indirizzi, meglio vai avanti. E Nicola ha detto esattamente questo”.
Al Nazareno fanno spallucce sui timori pentastellati che Conte voglia aspettare settembre per forzare la mano, spaccare il Movimento e puntellarsi con i voti di Forza Italia: fantasie di chi vive dei propri fantasmi, le definiscono.
Il pezzo di partito che guarda a Dario Franceschini ha morso il freno di fronte a quella che hanno letto come l’ennesima risposta dilatoria. “Ma siamo consapevoli che votare sul Mes a settembre causerebbe meno danni, ci rendiamo conto che è un ragionamento sulla difensiva, ma con questa maggioranza che vuoi fare”, spiega un senatore Dem.
Al Nazareno sono convinti che i 5 stelle si piegheranno all’ovvio, cioè accettare i 36 miliardi messi a disposizione dall’Europa, pur rimanendo assai perplessi sulle capacità di leadership di Conte che non siano quelle di attendere e logorare l’interlocutore.
La mette giù così il vicesegretario del Pd Andrea Orlando: “Non credo che il premier sia in grado di governare la complessità di M5s, ma rappresenta una figura forte in grado di condizionare delle scelte”.
La controprova la si avrà in autunno, ma il presidente del Consiglio sta cercando di battere un colpo con una forte accelerazione sul decreto Semplificazioni, inizialmente previsto in Consiglio dei ministri tra la fine della prossima settimana e l’inizio di quella successiva.
Anche per potersi presentare con qualcosa di concreto in mano nel mini tour europeo che farà tra Spagna, Portogallo e Germania prima del prossimo Consiglio europeo. Un’inversione di passo anche nel metodo: per rispondere a chi lo ha accusato di solipsismo il capo del Governo ha convocato due vertici di maggioranza, l’ultimo dei quali andato avanti diverse ore anche oggi, allargando l’elenco dei partecipanti ben oltre il perimetro dei soli capi delegazione. E scrivendo a Matteo Salvini come segnale di apertura alle opposizioni, un primo passo verso un incontro per discutere il piano rilancio.
Dopo aver bloccato il condono e un’infornata di assunzioni, sul semplificazioni i nodi rimasti aperti sono due.
Italia viva spinge per un’elenco di opere da affidare a commissari per una realizzazione rapida, con un’inaspettata consonanza con i 5 stelle che perorano il modello Genova. Più cauto il Pd, mentre Loredana De Petris per Leu spiega che ci sono dubbi sull’estensione di fatto “della trattativa privata fino a 5,2 milioni, sulle procedure semplificate sopra soglia, sulla parte sulle certificazioni antimafia, su cui bisogna essere molto attenti, perchè l’esperienza ci dice che gli appalti sono luoghi di infiltrazioni”. Aperta ancora la discussione sulle modifiche dell’abuso d’ufficio e del danno erariale, che verrà affrontata domani nel terzo round del vertice, con l’obiettivo di portare in aula un testo condiviso tra giovedì e venerdì.
Il passaggio, ufficializzato in serata, del senatore Vincenzo Carbone da Forza Italia a Italia viva è stato accolto con un sospiro di sollievo dall’intera maggioranza. “Una piccola buona notizia, siamo ancora attrattivi”, dice il capogruppo Dem Andrea Marcucci.
Un piccolo puntello ai traballanti numeri al Senato, tanto basta di questi tempi a far sorridere il governo.
(da “Huffingtonpost”)
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