CONTE NON SI DIMETTE, TENTAZIONE DELLA RESA DEI CONTI IN PARLAMENTO
EMERGE UN FATTO CHE LA DICE LUNGA: RENZI NON HA MAI RISPOSTO ALLE TELEFONATE DI CONTE …. TUTTO ERA GIA’ DECISO DA TEMPO, COME ABBIAMO SEMPRE DETTO… I MANDATI E I BENEFICIARI DI RENZI VOGLIONO METTERE LE MANI SUI SOLDI DEL RECOVERY, LO CAPIREBBE ANCHE UN BAMBINO
È scuro in volto Giuseppe Conte, mentre insieme al suo staff guarda da Palazzo Chigi quel che accade a trecento metri di distanza, dove in un’aula della Camera Matteo Renzi lo sta accusando di aver realizzato nella sostanza quei “pieni poteri” che Matteo Salvini chiedeva esplicitamente, per poi portare il governo nell’inazione. Il premier, si consulta con i suoi consiglieri più stretti, ma alla fine decide di non rispondere. La via per la propria sopravvivenza a Palazzo Chigi è ormai diventata un sentiero strettissimo, ogni errore può essergli fatale.
In serata si presenta nel Consiglio dei ministri dove sono emblematicamente vuote le sedie di Teresa Bellanova e Elena Bonetti: “Ho accettato le loro dimissioni e informato il Quirinale – dice ai presenti – Italia viva si è assunta una grave responsabilità , un danno per il nostro paese”. La strada scelta non è quella delle dimissioni: il premier è in contatto costante con il Colle, ma la strada scelta è quella del confronto in Parlamento.
Una road map che prevede l’approvazione delle nuove norme sulla pandemia, tra domani e venerdì un nuovo Cdm sullo scostamento di bilancio, all’inizio della prossima settimana la resa dei conti in Parlamento.
Uno spazio di poco meno di una settimana nel quale si potrebbe riaprire lo spazio per una ricomposizione in extremis della frattura, visto che Matteo Renzi non ha, almeno pubblicamente, posto veti. In quella direzione spinge la parte più volenterosa dei 5 stelle, in quella direzione va il Pd. Dario Franceschini fino all’ultimo minuto utile ha tenuto aperto il filo del dialogo con il leader di Italia viva, cercando di scongiurare lo strappo e forte anche della retromarcia di Conte di ritorno dal Colle, che aveva teso una mano a Iv e invitandola a confrontarsi su un nuovo patto di fine legislatura. “Il confronto si fa in Parlamento, non nell’angolo di una strada”, ha gelato tutti il senatore di Rignano subito dopo aver annunciato il ritiro della delegazione di governo.
Non esclude nulla, Conte, non sarà lui a dire no a una ricucitura. Ma non a tutti i costi. “Non ha alcuna intenzione di uscirne umiliato – spiega un parlamentare a lui molto vicino – quindi tenterà tutto il possibile, ma la politica, come piace dire a Renzi, comprende anche il rispetto dell’avversario”. È così che nella sostanza viene ormai percepito il capo di Italia viva, ed è per questo che, almeno nelle prime ore dopo la rottura, la tentazione dell’aula è fortissima. Sentimento che sembra reciproco, visto che sia Renzi sia Bellanova sottolineano di non aver mai ricevuto una telefonata da Conte per proporre un confronto. Accuse rispedite al mittente dal premier. Secondo fonti di maggioranza Giuseppe Conte nei giorni scorsi avrebbe cercato al telefono Matteo Renzi, con telefonate e anche messaggi, a cui non ha mai ricevuto risposta.
Dalle stanze del governo e dai vertici di maggioranza esce un’indicazione: uscite in sostegno del presidente: parte Di Maio, seguono Crimi, Bonafede, Buffagni, D’Incà , Catalfo, Dadone, Patuanelli. Ma non è un’operazione dei soli 5 stelle.
In rapida successione i capi delegazione di Leu, Roberto Speranza (“Conte ha servito il Paese con disciplina e onore. Avanti al suo fianco”) e del Pd, Dario Franceschini (“Chi attacca il presidente del Consiglio attacca l’intero governo”), come anche il segretario del Nazareno, Nicola Zingaretti (“Avanti con Conte, da lui grande impegno in mesi difficilissimi”).
Conte è durissimo, sembra chiudere la porta di ritorno anche di fronte al Consiglio dei ministri: ”Se un partito fa dimettere le sue ministre, questo non può essere considerato un fatto estemporaneo, non si può sminuire la gravità di questa decisione. Ho provato fino all’ultimo minuto utile a evitare questo scenario”. I vertici dei 5 stelle sono convinti: “Proverà la strada del voto in aula e del Parlamento, è molto fiducioso sul numero dei responsabili”. Strada, questa, che spaventa assai i grillini, buona parte dei quali sarebbe molto meno contraria a una ricomposizione che ad andare al governo con transughi di Forza Italia e del centrodestra, oggi definiti responsabili ma che fino a qualche anno fa sarebbero stati da quelle parti chiamati venduti. Senza alcuna garanzia che l’operazione riesca, e con il concreto rischio di vedersi aprire lo scenario fra tutti considerato peggiore: le urne.
Un risiko complicatissimo, una partita rischiosissima in cui Conte si gioca la sopravvivenza politica -perchè sarebbe impossibile la strada di un terzo governo dopo un voto formale di sfiducia – e un pezzo di come la sua esperienza a Palazzo Chigi passerà alla storia. Come dice una fonte di maggioranza: “Secondo me ci manda a sbattere. Ma Conte ha sette vite. Resta da capire se questa era la settima”.
(da “Huffingtonpost”)
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