DA EMIGRANTE CALABRESE A RE DELLA BARRA DI TIJUCA: CHE AFFARE “OLIMPICO”
PASQUALE MAURO, 89 ANNI, HA ACQUISTATO LA MAGGIOR PARTE DEI TERRENI DI BARRA E LI’ HA COSTRUITO IL CAMPO DA GOLF OLIMPICO
Se c’è un italiano che queste Olimpiadi le ha già stravinte, ricoprendosi d’ori e argenti, questi è un calabrese arrivato a Rio da bambino, nel lontano 1933.
Pasquale Mauro, 89 anni portati con esuberanza, è il padrone di mezza Barra da Tijuca, il grande quartiere di Rio dove si svolgono gran parte dei giochi e alloggiano gli atleti.
Nei decenni Mauro è arrivato a possedere da queste parti terreni per almeno 50 milioni di metri quadri, un terzo circa del territorio del Comune di Milano, per avere una idea.
E Rio negli anni è cresciuta a dismisura dove tutto era (o ancora è) suo.
L’ultimo colpo l’ha messo a segno da poco, convincendo il sindaco e le autorità olimpiche a costruire su un milione di metri quadri di sua proprietà il campo da golf che mancava per le Olimpiadi, e soprattutto a circondarlo di trenta palazzi residenziali.
Un’operazione immobiliare che mai sarebbe riuscito a fare in condizioni normali perchè tutta l’area, tra lagune e oceano, era soggetta a rigide limitazioni ambientali. Anche a Rio l’imprenditore di origini italiane è poco conosciuto.
Conduce vita riservata in un palazzo di classe media, lavora con due dei suoi quattro figli e un socio, non ama la pubblicità e la stampa (è stato accusato di ogni cosa, «ma non ho mai perso una causa»).
L’ascesa
La sua ascesa è comunque incredibile, roba da conquistador di altri secoli.
Aveva sei anni, e non aveva mai visto un paio di scarpe, quando il padre, venditore di pesce a Paola, costa tirrenica della Calabria, decise di tentare la fortuna in Brasile.
A Rio, semianalfabeta, «Pascoal» fa un po’ di tutto sin da bambino, dal lustrascarpe allo strillone di giornali, al venditore di biglietti della lotteria.
Ancora giovane inventa un sistema di trasporto e conservazione delle banane, che in breve lo converte nel primo distributore della città , o rei das bananas, scrive O Globo negli anni Sessanta.
Da lì prende il volo e, altra intuizione, capisce che la metropoli può solo espandersi verso ovest, una regione lungo l’oceano dove ai tempi c’erano soltanto dune di sabbia, lagune e coccodrilli.
La terra non vale quasi nulla, è proprietà dimenticata di banche, monasteri, eredi di colonizzatori portoghesi: lui ne accumula più che può, e soprattutto si mette a estrarre sabbia dalle preziose dune atlantiche, da vendere all’industria del vetro e delle costruzioni.
In pochi decenni Barra cresce fino agli attuali 300.000 abitanti. A partire dagli anni 70, ogni volta che un immobiliarista vuole costruire un quartiere nuovo a Rio deve andare a comprar terra da Pasquale Mauro.
Il quale però riserverà sempre una enorme fazenda per sè, dove allevare mucche e bufali e prodursi i formaggi con i sapori della sua infanzia. Sono gli ultimi sette chilometri quadrati, chiamati Fattoria Calabria, che un giorno non lontano probabilmente i suoi figli e nipoti lottizzeranno in allegria.
Limiti ambientali
L’operazione golf olimpico ha suscitato perplessità , perchè Mauro è riuscito a guadagnarci, proponendo una operazione di recupero di danni ambientali che lui stesso aveva provocato, per aver estratto lungo i decenni sabbia da quel terreno. L’imprenditore lo ammette, ma spiega di non aver mai violato le leggi.
«Non c’erano i limiti ambientali d’oggi e io avevo tutte le licenze in regola».
Idem per lo scambio tra campo da golf e la selva di condomini che stanno sorgendo.
È il maggior progetto di recupero ambientale della città di Rio, spiegano nel suo quartier generale, tutti ci hanno guadagnato in questa operazione.
E il golf, finite le Olimpiadi, sarà aperto al pubblico, il primo in Brasile.
Ora resta solo da convincere i carioca a comprarsi mazze e palline, per una attività che da queste parti è pressochè sconosciuta.
(da “il Corriere della Sera“)
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