DI MAIO, BRUNETTA E LOTTI: I FURBETTI DELLE MISSIONI
COME DILEGUARSI DAI LAVORI DELL’AULA, RISULTANDO ASSENTI GIUSTIFICATI E PERCEPENDO LA DIARIA INTERA… E PASSARE IL TEMPO IN TV, A INAUGURARE NEGOZI E FARE CAMPAGNA ELETTORALE
Thomas Mackinson sul Fatto di oggi racconta di un diffusissimo malcostume in voga tra i parlamentari: ovvero di quelli che si dileguano dai lavori d’aula e commissione per farsi i fatti propri o del partito, avendo però cura di farsi pagare come se fossero lì. Sotto la lente c’è l’utilizzo della “missione”, ovvero dell’istituto previsto dal regolamento della Camera che permette ai “deputati che sono impegnati per incarico avuto dalla Camera, fuori della sua sede o, se membri del governo, per ragioni del loro ufficio” di essere “computati come presenti per fissare il numero legale”.
Chi è in missione percepisce quindi per intero la diaria, ovvero 3500 euro netti al mese, oltre allo stipendio: i deputati e i senatori ricorrono alle missioni per rimanere negli uffici (si spera, a lavorare) oppure ancora per fare campagna elettorale: così risultano presenti, o meglio assenti giustificati, mandando un fax che il servizio assemblea registra; tanto nessuno controlla
Perchè nessuno denuncia questo andazzo?
Perchè troppi ne beneficiano, a volte per “missioni” assai poco probabili sulle quali i vertici di Montecitorio chiudono gli occhi e pure le orecchie: abbiamo chiesto più volte all’Ufficio di presidenza e al Servizio assemblea di poter consultare le richieste che hanno autorizzato al fine di verificare la rispondenza tra l’oggetto della missione dichiarata e la reale natura degli impegni poi svolti dai deputati fuori dal Parlamento. Non li abbiamo mai ricevuti, neppure sollecitando segreterie e portavoce di alcuni parlamentari.
Ecco cosa è emerso da ricostruzioni empiriche, sulla base dei resoconti d’aula e delle cronache di giornata.
Tra questi c’è proprio lui: Luigi Di Maio:
È l’esponente dei Cinque Stelle che più si è speso nella battaglia sulle indennità dei deputati. Per questo ha subito anche l’affondo di Renzi alla vigilia del voto: “Ha il 37% delle presenze, perchè non gli diamo allora il 37% dello stipendio?”.
Avrebbe potuto anche querelarlo, il vicepresidente della Camera, perchè quel dato è falso: con il 55% di missioni la sua presenza in Parlamento schizza all’88%. Altro che assenteista. E allora: “Scusi Di Maio, querela Renzi?”.
L’esponente M5S — a cui abbiamo formalmente chiesto spiegazioni per sei date, da luglio a oggi — non risponde, forse per stile o forse perchè sa che le missioni dichiarate sono spesso fittizie e raramente aderenti al dettato del regolamento della Camera che lui ben conosce, essendone vicepresidente.
La libera uscita, per titolari di cariche interne, dovrebbe essere “per incarico connesso con l’esercizio di funzioni istituzionali”.
Gli impegni espletati però sono di altra natura, prettamente politica. Per la quale sarebbe stato più corretto indicare l’assenza anzichè la missione.
E gli altri furbetti della missione
Ma Di Maio è la punta di un iceberg: il Fatto ricorda la simpatica abitudine di Valentina Vezzali, beccata spesso in palestra invece che in Aula; mentre Michela Vittoria Brambilla, ufficialmente in missione il 4 maggio 2016, era ad inaugurare un negozio pet friendly a Modena.
Poi c’è il famoso braccio destro di Renzi: Luca Lotti, deputato e neo ministro dello Sport, in tre anni e mezzo è stato più in missione (77%) che in aula (13,58%), tanto da collezionarne più lui del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni (65%): «Tra le tante c’è anche quella di salvare il Pd da se stesso, catapultandosi sui circoli in fermento, che catalogare traquelle “in ragione del proprio ufficio”, come recita il regolamento della Camera, è arduo.
Eppure il Servizio Assemblea registra la “presenza ” e la trasmette agli uffici per le competenze parlamentari, che pagano la diaria piena».
E non poteva mancare Renato Brunetta: capogruppo di FI, missionario storico (83% di missioni, 5 di assenze e 11,7 presenze) e presenzialista catodico.
Non si sa cosa facesse nei giorni in cui si dichiarava in missione. Ma di certo era in tv. Quanto costa il giochino in totale? Ottanta milioni di euro l’anno, versati dall’Ufficio per le competenze parlamentari.
(da “NextQuotidiano”)
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