DI MAIO ERA PRONTO AD ACCETTARE MINISTRI DI AREA INDICATI DA FORZA ITALIA, PUR DI FARE IL PREMIER
SUBISSATO DI MESSAGGI DEI SUOI: “NON RIESCO A TENERLI”
La storia ha messo Luigi Di Maio di fronte a una paradossale verità : solo Silvio Berlusconi potrebbe permettergli di diventare premier. Ha capito, il capo politico del M5S, che, se nelle prossime 48 ore chiuderà i conti con la Lega, gli toccherà aprire una trattativa con chi, il Pd, pone come unico veto che lui si faccia da parte.
Bisogna tener ferma questa prospettiva, che rimette in gioco l’ambizione personale di un ragazzo di 32 anni che si vede sulla soglia di Palazzo Chigi, per capire cosa è successo ieri.
I passi in avanti, i passi indietro, i presunti fraintendimenti, le smentite. Soprattutto il buco di un’ora tra la convocazione nello studio della presidente del Senato a Palazzo Giustiniani e l’arrivo della delegazione grillina. Sullo sfondo di tutto ciò: l’offerta – indicibile- che Di Maio aveva pronta per Silvio Berlusconi.
Ai vertici dei 5 Stelle c’è poca voglia di fare un governo con il Pd.
Di Maio va ripetendo di volere «un governo del cambiamento», che ha ribattezzato «dei vincitori», che può realizzarsi solo con la complicità della Lega. Ma i buoni rapporti costruiti con Sergio Mattarella lo costringono a muoversi sui binari indicati attraverso il mandato a Elisabetta Casellati , limitato per timing e perimetro d’azione. Il presidente ha fissato una scadenza alle trattative tra M5S e Lega.
Da lunedì, se non avrà nulla in mano, Di Maio dovrà parlare con il Pd, ma in esclusiva, incenerendo il forno prediletto con il Carroccio.
Dunque, Di Maio ieri mattina sapeva di avere solo due giorni di fronte a sè. Giancarlo Giorgetti gli fa arrivare le rassicurazioni di Salvini: «Berlusconi sta riflettendo sull’appoggio esterno, ma serve un gesto in suo favore». Tocca a Di Maio studiare quale possa essere: una mossa distensiva, che cancelli le cannonate sparate da Alessandro Di Battista, sette giorni prima.
Va detto che proprio una settimana fa, prima delle consultazioni, il M5S era convinto che l’ex Cavaliere avesse accettato l’offerta di Di Maio: appoggio esterno e ministri chiave (leggi: Sviluppo economico), indicati dall’alleato Salvini, e «garantiti» da lui. Questa era la formula scelta.
Ma tutto precipita nella notte tra mercoledì e giovedì scorso. I 5 Stelle sono spiazzati, sanno che quella frase di Di Battista – «Berlusconi è il male assoluto» – non ha aiutato, e infatti Di Maio non la prende bene. Ma c’è altro. L’ex Cavaliere vuole una legittimazione.
E si arriva a ieri. La formula è la stessa di una settimana fa: appoggio esterno (preferibilmente con Fi che esce dall’aula per evitare la fiducia), in cambio di ministri d’area, tecnici che piacciono a Berlusconi, blindati da Salvini, perchè l’unica cosa sulla quale i 5 Stelle non lasciano nemmeno uno spiraglio è la possibilità che il leader di Fi si sieda al tavolo con loro.
Concedono però a Salvini un punto: che lui vesta i panni del leader del centrodestra, non più della Lega. Ed è quello che Di Maio ribadisce uscendo dalla stanza di Casellati: un contratto firmato solo con il leghista, a cui possono partecipare Fi e Fdi ma senza sedersi al tavolo.
È il «limite massimo» entro il quale Di Maio si può muovere. Lo dice chiaramente riferendosi «ai militanti e ai parlamentari» che gli si scatenerebbero contro, se riabilitasse del tutto Berlusconi. «Non terrei i miei».
Ma un piccolo sdoganamento avviene: non definisce più il centrodestra «un artifizio», ma lo tiene dentro rappresentato solo da Salvini. «Non ti chiediamo più di rompere con Berlusconi». È questo l’altro artifizio che Di Maio propone a Salvini.
Ed è quello che intende quando si sente al telefono con il leader della Lega. Un tavolo programmatico con Salvini in rappresentanza del centrodestra. La Lega invece dice che a quel tavolo i grillini avevano accettato di far sedere anche le capigruppo di Fi. Qui le versioni si contraddicono.
Di certo il cellulare di Di Maio viene subissato di messaggi di panico: «Non è che facciamo l’accordo con Berlusconi?». Ma in quell’ora di ritardo, concordata con Casellati, che ha bisogno di riordinare le idee, cambia anche altro. Perchè quando si siedono davanti a lei, la presidente del Senato elenca ai grillini le richieste del centrodestra: tavolo comune a quattro, ministri scelti dai singoli partiti, no al reddito di cittadinanza e premier deciso dal centrodestra. «Accettate Berlusconi, è la storia di questo Paese» dice Casellati: «Non posso – risponde Di Maio – sarebbe la fine della nostra storia».
(da “La Stampa”)
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