DI QUESTO PASSO L’ABRUZZO SARA’ LIBERO DALLE MACERIE TRA 69 ANNI
UNO STUDIO DI LEGAMBIENTE ARRIVA A QUESTA CONCLUSIONE DOPO AVER CONFRONTATO IL RITMO ATTUALE DI SMALTIMENTO E LA STIMA FATTA DA VIGILI DEL FUOCO E CNR… SI PROCEDE A 150 TONN. AL GIORNO SU UN TOTALE DI 2.650.000 MC
L’Abruzzo rischia di essere libero dalle macerie del terremoto solo nel 2079. L’allarme arriva da Legambiente che ha messo a confronto il ritmo attuale di smaltimento e la stima fatta a luglio da Vigili del fuoco e Cnr, che parla di 2.650.000 metri cubi di calcinacci da rimuovere in tutta l’area del terremoto.
Una stima che non è nemmeno certa, visto che gli stessi soggetti hanno dato stime diverse nelle stesse aree, negli stessi Comuni.
Una lentezza che, secondo l’associazione ambientalista, è dovuta a ritardi, indecisioni e rimpalli di responsabilità e che, certamente, rallenta anche la ricostruzione.
Rincara la dose il sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente: «Da quando se ne occupa lo Stato, si procede a un ritmo di smaltimento di 150 tonnellate al giorno, contro le 600 di quando se ne occupavano i sindaci abruzzesi».
Una montagna di macerie che potrebbe far muovere l’economia post-terremoto tra smaltimento e riciclo.
Il governo, per la prima volta in Italia, ha deciso di classificare il materiale edile crollato come rifiuto solido urbano e non rifiuto speciale.
Ma la qualifica vale solo per le macerie crollate, non quelle dei ruderi ancora in piedi.
Una differenza che lascia perplessi aquilani e associazioni ambientaliste: a terra o in aria che siano, gli operatori del settore spingono perchè i calcinacci siano analizzati, differenziati e riciclati.
Secondo l’Anpar, l’Associazione nazionale produttori di aggregati riciclati, si potrebbe recuperare oltre il 90% delle macerie per riutilizzarle in altre opere edili.
Le macerie triturate, infatti, possono essere usate per sottofondi stradali, calcestruzzo a bassa e media resistenza, piste ciclabili e riempimenti.
Ci sarebbe anche un obbligo di legge.
Il decreto ministeriale 203 del 2003, infatti, obbligherebbe tutti gli enti pubblici a impiegare almeno il 30% di materiale riciclato nelle opere progettate.
Quello che succede in realtà , e non solo in Abruzzo, è che nei capitolati di appalto non viene nemmeno previsto l’utilizzo del materiale riciclato.
Un problema di norme allora ma anche di appositi impianti che in Abruzzo non ci sono.
E per ora non c’ è una parola definitiva nemmeno sui siti dove realizzarli, visto che una prima lista realizzata un anno fa è rimasta lettera morta.
Non hanno dubbi i tecnici tedeschi che, per il governo di Berlino, lavorano alla ricostruzione di Onna.
«Nessun piano generale – spiega Wittfrida Mitterer, coordinatrice del progetto – può partire senza lo sgombero delle macerie».
Insomma armatevi di pazienza ormai, più che di carriole.
Il nuovo miracolo berlusconiano resterà patrimonio di tre generazioni.
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