DIA, L’ANTIMAFIA MUORE, LE AUTOBLU RESTANO
VETTURE DI LUSSO PORTANO IN GIRO I FUNZIONARI DI POLIZIA MENTRA UNA NORMA RISCHIA DI CANCELLARE L’IDEA DI FALCONE… AL POLO TUSCOLANO 70 VETTURE A DISPOSIZIONE DEI DIRIGENTI, QUANTO LE VOLANTI DELL’INTERA CITTA’
Bmw X3, Mercedes classe E, Audi A6. E poi Volvo, Citroen, altri modelli di Bmw, persino Mini Cooper.
I tempi sono sempre più magri, ma non per tutti.
Nonostante il decreto legge della Presidenza del Consiglio che imporrebbe auto blu di cilindrata massima 1600 cc, curiosando al “Polo Tuscolano” della Polizia si trova di tutto.
Una struttura tutta specchi inaugurata nel 2005 proprio di fronte agli studi di Cinecittà , a Roma, che ospita ben quattro direzioni centrali: l’anticrimine (al cui interno ci sono lo Sco, la scientifica e il controllo del territorio), la polizia di prevenzione (l’Ucigos), l’immigrazione e le specialità .
Quindi quattro direttori centrali, i soli che — secondo un regio decreto ancora in vigore (da allora sono state emanate solo circolari interne) — avrebbero diritto alla vettura anche per essere accompagnati a casa.
Tutti gli altri, alti dirigenti e funzionari compresi, potrebbero salire a bordo solo per lo svolgimento del proprio servizio sul territorio e per fini istituzionali.
Eppure ogni giorno dal Polo Tuscolano escono circa 35 vetture nuove e di grossa cilindrata e almeno altrettante sono quelle che rimangono parcheggiate “a disposizione della segreteria”.
Impossibile quantificare la spesa: non tutte sono di proprietà del Dipartimento della Pubblica sicurezza, cioè del Viminale.
Alcune vengono noleggiate perchè, secondo l’amministrazione, i contratti con le società di noleggio sono più convenienti.
Ci sarebbero persino auto di altre amministrazioni, per esempio l’ente Poste, messe a disposizione dei vertici.
Se si pensa che per ogni vettura ci sono almeno due autisti e che ogni dirigente ha a disposizione anche più di quattro ruote, si comprende bene lo spreco di denaro pubblico.
Forse, però, la cosa che fa arrabbiare di più — soprattutto i poliziotti — è che il numero delle auto presenti al Polo Tuscolano supera quello totale delle volanti (non certo nuove o di lusso) presenti sull’intero territorio della capitale.
Secondo i dati del Silp, ogni turno prevede l’uscita di 20 volanti dalla caserma di via Guido Reni e di altre 30 volanti dai commissariati.
“La classe politica non è all’altezza di controllare la classe amministrativa — commenta Gianni Ciotti, segretario provinciale Silp —. Nonostante varie censure della Corte dei Conti, si fa un uso abnorme delle auto blu. Il decreto emanato in agosto dalla Presidenza del Consiglio sta cercando di mettere ordine nella giungla normativa, ma noi ribadiamo che si tratta di una questione culturale”.
Se le volanti rimangono senza benzina, non si capisce perchè le auto blu debbano girare indisturbate.
C’è, però, un altro elemento che allarma le forze dell’ordine.
Nella legge di stabilità , a meno di stravolgimenti politici, è inserito un comma che, unito ai tagli al comparto, andrebbe ad uccidere la Direzione investigativa antimafia. Proprio quella voluta da Giovanni Falcone, quella che fa sbandierare al ministro Maroni i dati sui sequestri e sulle confische: 5,7 e 1,2 miliardi di euro tra il 2009 e il primo semestre 2011.
Il comma 21 dell’articolo 4 colpirebbe il “Tea”, trattamento economico aggiuntivo, riducendo del 20 per cento gli stipendi dei 1300 operatori. I sindacati di polizia hanno calcolato che, assieme ai tagli operati negli ultimi anni, alla Dia mancherebbero ben 13 milioni di euro.
Una riduzione che comporterebbe la morte dell’antimafia.
Con un comunicato congiunto, Silp Cgil, Anfp, Siulp, Sap, Siap Ciosp, Consap, Ugl e Uil hanno chiesto lumi al titolare del Viminale, denunciando un “senso di mancata considerazione per l’opera prestata con impegno costante e abnegazione, a volte mettendo a repentaglio la propria incolumità , nella consapevolezza e convinzione di rendere un servizio al Paese”.
A metterci il carico da 90 ci hanno pensato poi i rappresentanti dei carabinieri: un provvedimento “assolutamente incomprensibile — si legge in una nota del Cocer — che sarebbe apparso più logico ed accettabile se fosse stato promanato da quegli individui che gli uomini della Dia hanno assicurato alla giustizia”.
Il timore è che non si tratti soltanto di fare cassa, ma di voler deliberatamente uccidere un organismo fondamentale nelle inchieste che sfiorano anche apparati dello Stato.
Il mondo dell’antimafia è in rivolta, da Libera di don Ciotti alla Fondazione Caponetto a Rita Borsellino.
Finora, però, senza risultati.
Silvia D’Onghia
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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