DIFESA UE, TENSIONE PD
TRATTATIVA A OLTRANZA PER NON DIVIDERSI ANCORA
L’intensità della critica al piano di riarmo europeo tiene in bilico il Pd. Da una parte i più vicini a Elly Schlein, a cominciare dai capigruppo Chiara Braga e Francesco Boccia, decisi a scrivere una risoluzione in cui il giudizio negativo sulla proposta di Ursula von der Leyen sia netto, in modo da ricalcare la linea espressa dalla segretaria. Dall’altra gli esponenti dell’area riformista, da Alessandro Alfieri (coordinatore di Energia popolare, la minoranza Pd) a Piero De Luca, preoccupati di non mettere nero su bianco una stroncatura del piano, anche per non sconfessare il voto favorevole di metà della delegazione dem a Strasburgo.
Tra cui quello del presidente del partito, Stefano Bonaccini, o del recordman di preferenze Antonio Decaro, che però smentisce di puntare a sfidare Schlein per la leadership: «Non abbiamo bisogno di un congresso del Pd – dice l’ex sindaco di Bari –. C’è una segretaria autorevole, che è titolata a terminare il suo mandato».
In mezzo alla contesa di una lunga riunione, ieri pomeriggio, cui hanno partecipato anche Stefano Graziano ed Enzo Amendola, si è trovato il responsabile Esteri della segreteria dem, Peppe Provenzano, che ha cercato una mediazione per tenere tutti insieme oggi quando la risoluzione arriverà in Aula al Senato (domani la replica alla Camera) dopo le comunicazioni della premier, Giorgia Meloni, sul Consiglio europeo di giovedì e venerdì. Non un’impresa semplice, perché dal Nazareno non arrivano segnali di distensione, piuttosto di determinazione a tenere il punto, per di più su una risoluzione che, a differenza di quella votata al Parlamento europeo, rappresenta solo la posizione del Pd e non va negoziata con altri.
E serve per avvisare il governo che ci sarà ferma opposizione all’attuazione del piano. In serata, ancora non c’era un accordo, né molto ottimismo. Ci si è fermati a discutere di aggettivi e avverbi. Ad esempio, nella versione schleiniana (al momento quella ufficiale) si chiede che il piano venga «radicalmente modificato», mentre la minoranza dem vorrebbe scrivere solo che «va cambiato».
Sembrano dettagli, ma raccontano il braccio di ferro politico in corso dentro al partito.
Il punto definitivo alla questione verrà messo questa mattina alla riunione congiunta dei gruppi parlamentari Pd, convocata alla Camera alle 11.30. Un orario che ha suscitato qualche malumore, perché probabilmente costringerà deputati e senatori delle commissioni Bilancio, Attività produttive e Politiche Ue a lasciare in anticipo l’audizione di Mario Draghi, che segna il ritorno in Parlamento dell’ex premier. Illustrerà il suo rapporto sulla competitività, già presentato a Bruxelles, in cui si descrivono le tre sfide che attendono l’Europa per rilanciarsi: innovazione, decarbonizzazione e, guarda un po’, difesa. Un rilancio per il quale Draghi ha preventivato un investimento di 800 miliardi: la stessa cifra che ora Von der Leyen vorrebbe venisse destinata al riarmo dei singoli Stati.
Coincidenze, o forse no. L’ex presidente della Bce non potrà che sostenere l’iniziativa della Commissione europea, ridando fiato all’ala riformista Pd, che segue la logica del «primo passo nella giusta direzione», enunciato anche da Paolo Gentiloni e Romano Prodi. Da capire, poi, come si regoleranno i vari Alfieri, Sensi, Guerini o Quartapelle (e non solo loro) quando verrà messa in votazione la risoluzione di Azione, che Carlo Calenda ha voluto copiare da quelle sul sostegno all’Ucraina e sulla difesa comune approvate a Strasburgo: «È il momento della chiarezza, non delle mediazioni inconsistenti e delle parole equivoche», spiega.
(da agenzie)
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