GIORGIA DÀ UN COLPO AL CERCHIO E UNO A URSULA: OGGI AL SENATO PRENDERÀ LE DISTANZE DAL PIANO “REARM EUROPE”, CHE GIOVEDÌ SOSTERRÀ AL CONSIGLIO EUROPEO
MELONI SI BARCAMENA CON UNA SUPERCAZZOLA: VUOLE SBIANCHETTARE LA PAROLA “RIARMO” DALLA RISOLUZIONE DI MAGGIORANZA E RIBADISCE LA CONTRARIETÀ A UN ESERCITO EUROPEO, POTENZIANDO QUELLI NAZIONALI NELLA CORNICE DELLA NATO … MA POTENZIARE L’ESERCITO NAZIONALE E’ UN “RIARMO”… IL PUNTO E’ CHE LA SORA GIORGIA HA PAURA DI PERDERE CONSENSI SULLA GUERRA E GIOCA A FARE LA CAMALEONTE
Una cosa Giorgia Meloni non può e non vuole tollerare: che Matteo Salvini si smarchi platealmente dal governo, lasciando che i leghisti votino in Parlamento parte della risoluzione del Movimento che boccia il piano Rearm Europe. Sarebbe uno strappo clamoroso, che infatti difficilmente ci sarà.
La presidente del Consiglio avverte l’alleato. Gli ricorda che uno scenario del genere indebolirebbe in modo inaccettabile l’esecutivo
Ottiene una generica promessa a evitare gesti inconsulti nell’urna. In cambio, accetta
che nel documento condiviso non si faccia menzione della parola «riarmo». E che si depotenzi al massimo il concetto di difesa comune europea.
È un compromesso, appunto. Anche un po’ imbarazzante per entrambi i contraenti. Se Meloni muove infatti critiche aspre a un piano che giovedì comunque sosterrà al Consiglio europeo di Bruxelles, il vicepremier leghista si piega ad accettare un testo che garantisce appunto il via libera al progetto dell’“odiata” von der Leyen. Anche per questo, difficilmente Salvini si presenterà in Parlamento: oggi alle 10 è atteso a Varsavia, per una riunione con i ministri dei Trasporti dell’Unione. E domattina volerà a Bruxelles, per un evento sulle Alpi.
Lo snodo sulla risoluzione del Movimento è forse il punto più delicato della trattativa, di certo quello che più indispettisce Palazzo Chigi. Per il resto, Meloni sigla una tregua a destra che si nutre di acrobazie lessicali. Di limature, cavilli, dettagli.
Il duello più acceso si gioca attorno alla parola «riarmo». Salvini preme per cancellarla. Per la premier, non è un grosso sacrificio: era stata lei a chiedere a Carlo Fidanza di presentare una mozione all’Europarlamento in cui si proponeva di cambiare titolo alla riforma “ReArm Europe”.
Ma Meloni si spinge addirittura oltre, per compiacere l’alleato. Mettendo nero su bianco che l’orizzonte strategico italiano non prevede un esercito europeo, semmai il potenziamento degli eserciti nazionali. Non solo: promette di volerlo fare soprattutto nella cornice della Nato.
È l’altro snodo fondamentale. Un posizionamento che piace alla presidente del Consiglio e non dispiace a Salvini. Entrambi condividono l’obiettivo di premere su Washington per lasciare aperto l’ombrello americano sull’Europa.
È un modo per stroncare gli sforzi anglofrancesi di costruire un’autonomia strategica del continente, che in prospettiva possa fare a meno degli Stati Uniti. Significa soprattutto gelare gli sforzi di Macron e Starmer, depositari della deterrenza nucleare alternativa a quella degli Stati Uniti.
Meloni non fa inserire nella bozza una citazione esplicita di Trump e dei suoi sforzi per far cessare le ostilità, limitandosi solo ad auspicare un’intesa tra Europa e Stati Uniti.
Ma nominerà esplicitamente il presidente Usa durante l’intervento in Aula. Davanti ai senatori, a dire il vero, si spingerà anche oltre, criticando apertamente il progetto di Ursula.
Dirà che l’Italia non intendere aumentare il deficit spendendo massicciamente in armi, anche se questa possibilità è sancita dal piano di von der Leyen che consente di eludere le regole del patto di stabilità.
La leader teme infatti che aumentare il debito pubblico generi tensioni sul mercato dei titoli di Stato, perché gli investitori conoscono le debolezze strutturali delle casse
italiane, a prescindere dai vincoli di bilancio. Per far felice Salvini, prometterà anche che non saranno le spese militari a far trascurare le “spese sociali”: istruzione e sanità, soprattutto.
(da agenzie)
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