DOPO 20 ANNI ORBAN SPEGNE LA VOCE LIBERA DI KLUBRADIO: “ORBAN STA ELIMINANDO OGNI VOCE INDIPENDENTE”
INTERVISTA AL DIRETTORE MIHALJ HARDY: “DAL COMUNISMO GULASH SIAMO PASSATI ALLA DITTATURA DEL CAPITALISMO MILITANTE”
A mezzanotte, nell’ultimo minuto del giorno di San Valentino, è calato il silenzio dopo 20 anni di trasmissione. Sono stati spenti i microfoni di Klubradio, un’emittente che ha fatto la storia dell’Ungheria libera ed ha resistito finchè ha potuto come testa d’ariete contro l’esecutivo sovranista di Viktor Orban.
Il direttore Mihalj Hardy dice adesso che, insieme alla sua squadra di giornalisti, non abbandonerà “lo spirito combattivo” che hanno sempre tutti mantenuto: “siamo una radio libera, abbiamo una responsabilità verso il nostro pubblico”.
Direttore, la storia spesso ci prende in giro con gli anniversari: oggi è il trentennale della costituzione del gruppo di Visegrad, avvenuto il 15 febbraio 1991, poco dopo l’uscita dell’Ungheria dal Patto di Varsavia.
C’era una buona idea alla base del gruppo di Visegrad, il V4, che è nato però come V3, perchè la Cecoslovacchia era ancora un solo Paese. Si ispirava all’accordo Benelux o l’alleanza dei Paesi nordici. Il gruppo V4 è nato da buone intenzioni, ma non ha saputo evolversi all’altezza delle aspettative: ora è solo una cornice formale, perchè tutti i Paesi hanno interessi ed intenzioni diverse, basti guardare all’atteggiamento opposto verso la Russia che mantengono Polonia ed Ungheria.
Lei ha 64 anni e dal 1980 fa il giornalista, è stato anche corrispondente a Mosca, ricorda benissimo i tempi sovietici.
Non pensavo sarebbe successo questo dopo la dissoluzione dell’Urss, non è quello per cui hanno combattuto le persone nel 1989 e nel 1990, stiamo andando indietro a quei tempi lì, regrediamo. Noi avevamo grandi speranze. Ieri in Ungheria c’era un comunismo morbido, oggi c’è un capitalismo militante, una mezza dittatura. Ieri c’era il comunismo gulash, oggi c’è il Kasernen-kapitalismus: un capitalismo che ha le caratteristiche del “comunismo da caserma” di cui parla Karl Marx. Comunque è stata un’opportunità storica perduta, ora è finita.
La vostra radio ha cominciato a trasmettere nell’etere dell’Ungheria libera una ventina di anni fa. È stata spenta per un cavillo burocratico: si può dire che è stata una scusa per farvi chiudere?
È dal novembre del 2019 che Klubradio tenta di rinnovare la licenza di trasmissione che ci hanno negato. Formalmente hanno fatto riferimento alla violazione del regolamento che stabilisce le quote di musica e notizie nazionali ed internazionali da trasmettere, un report che invia ogni canale ogni settimana, un documento che vaglia il consiglio che supervisiona i media. Ovviamente ci sono casi di violazione molto più gravi nel Paese che non hanno avuto conseguenze. Abbiamo fatto ricorso alla Corte, ma non ci ha protetto. È stata una battaglia politica. Il premier Orban ha dato un occhio al calendario: nella primavera del 2022 ci saranno le elezioni parlamentari e per quella data deve eliminare tutte le voci indipendenti. Anche se ci definiscono una radio di sinistra e di liberali, noi forniamo un servizio pubblico, critico e senza appartenenza politica. Siamo una radio di notizie, di dibattiti e programmi di politica e cultura. Dal 2010 viviamo solo delle donazioni del nostro pubblico e, in dieci anni, abbiamo ricevuto oltre quattro milioni di euro. Insomma, funzioniamo su base commerciale.
“La Commissione europea è seriamente preoccupata per il pluralismo e libertà dei media in Ungheria” e il caso di Klubradio “aggrava tali preoccupazioni” ha reso noto Bruxelles. Direttore, contate sull’aiuto dell’Europa?
Nessuno risolverà il problema ungherese, se non gli ungheresi. Ma ogni aiuto è benvenuto e i contribuenti europei dovrebbero sapere che le loro tasse finiscono nelle tasche del nostro primo ministro, che i budget europei vanno a finire nei conti dei suoi tirapiedi. I Paesi europei quantomeno non dovrebbero finanziare più il governo Orban. Non sta facendo niente di buono per l’Ungheria: la sua leadership sta conducendo l’economia al collasso, la politica governativa ci danneggia innanzitutto finanziariamente. Perfino Romania e Slovacchia stanno facendo meglio di noi, mentre in passato l’Ungheria era la pioniera nella regione dell’Europa orientale.
Che farete voi giornalisti di Klubradio adesso? E che farà l’Ungheria intera?
Continueremo a trasmettere su un canale internet: ovviamente non sarà lo stesso e manterremo, secondo le stime, solo il 20 o 30% di quello che era il nostro pubblico di ascoltatori. In Ungheria invece l’opposizione è frammentata, sia a destra che a sinistra. Forse i giovani si stancheranno di questo sistema, ma ci vorrà del tempo. Almeno 500mila persone sono emigrate all’estero: i migliori, i più brillanti se ne sono andati e non vogliono tornare. Il 95% del panorama mediatico ungherese è di proprietà di investitori vicini ad Orban o controllato direttamente dai suoi uomini. A Budapest resta qualche giornale locale e siti marginali ancora indipendenti, ma non sono abbastanza forti da influenzare il dibattito pubblico.
Direttore, l’Ungheria è già cambiata una volta una trentina d’anni fa. Può farlo di nuovo?
Temo che le elezioni non siano abbastanza. Gli uomini di Orban non si possono rimuovere alle urne. Controllano tutto: i media, l’economia, il sistema giudiziario, la cultura e le università , tutti gli organi indipendenti di indagine, fino agli istituti che si occupano di contributi. Ovunque, ci sono persone di Orban e non vedo un futuro luminoso. Temo che ci voglia qualcosa come il 1989.
(da agenzie)
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