DUELLO TRA DUE EX
RENZI HA LA CATTIVERIA DEL PUGILE CHE SA DOVE COLPIRE, SALVINI CERCA DI INCASSARE E LIMITARE I DANNI
Eccoli, i “due Mattei”, in abito blu, camicia bianca e cravatta scura, visibilmente compiaciuti di esserci, nell’eterno salotto di Vespa, unica “Camera” che sopravvive al furore iconoclasta dei tempi.
Perchè l’esserci, proprio lì, in un contesto quasi “istituzionale” dove la storia non è mai dramma in divenire, è già il senso di questa operazione: il duello, la reciproca legittimazione come leader, l’idea che questo sarà il “dopo”.
Ecco, gli “ex” che nel, corpo a corpo, alimentano la suggestione di essere “post”, quando si chiuderà la parentesi di questo governo.
Si parte come ti aspetti, con l’orologio fermo in spiaggia, e qualche battuta sul mojito: “Renzi — dice Salvini – in maniera geniale si è inventato un governo sotto il fungo per evitare queste elezioni”.
L’altro: “Il colpo di sole da Papeete che ha preso il collega Salvini è evidente. E lo fa rosicare ancora adesso”.
Ma c’è un momento che dà il senso dello iato tra questo storytelling dei due Mattei e la realtà . Ed è quando Vespa, con una battuta, introduce un sanguigno principio di realtà : “In fondo, loro hanno un obiettivo comune, fare la festa a Conte”. È una battuta che resta sospesa, perchè Salvini glissa e Renzi la lascia abilmente affogare, in una delle tante raffiche contro Salvini: “Lei era per la Padania ed ora è nazionalista, era comunista padano ed ora sta con Casa Pound, tifava Francia agli Europei, cantava ‘senti che puzza scappano anche i cani’ e ora difende l’Italia, diceva basta euro e ora dice fa l’europeista. Lei è una banderuola”.
Si vede che Renzi è preparato, ha studiato nel dettaglio le debolezze dell’avversario, i tempi, ha la cattiveria del pugile che si è allenato e sa dove e quando colpire, fin troppo, perchè il furor agonistico rischia, come al solito, di diventare il punto debole di chi vuole non solo vincere ma stravincere, risultando antipatico.
Colpo riuscito sul Papeete (“era meglio se lei non si fosse messo in missione al Senato mentre era in spiaggia”), altro colpo riuscito sulle numerose assenze di Salvini ai Consigli europei dove si discuteva di immigrazione, così come sulle scarse presenze dell’avversario al Senato (“ha partecipato all’1,3 per cento di votazioni”), insomma “se fai il ministro stai nelle istituzioni, non vai per sagre”.
Il suo obiettivo è dimostrare, per citare Travaglio, che l’altro è un Cazzaro: “Sono 27 anni che fa politica, da quando non c’era Porta a Porta e Di Maio era alle elementari e non ha portato a casa nulla. Solo spot”.
Salvini, chissà se per scelta o per incorreggibile refrattarietà al metodo, è assai meno costruito nella gestione del confronto, meno preparato ma più sorridente, con doti da incassatore, forse anche con l’obiettivo voluto di allontanare da sè l’immagine del Truce che spaventa gli italiani.
Ed effettivamente, a vederlo, non fa paura con quell’aria da ultimo della classe che arriva scanzonato agli esami, sapendo che il grosso degli italiani sono come lui. Non ha grandi colpi in canna sull’avversario e sorride a ogni colpo subito, anche se, a un certo punto, la camicia pezzata sotto la giacca rivela una certa fatica. Soprattutto quando Renzi introduce l’argomento Russia (“Perchè non hai querelato Savoini?”).
Il suo è uno spartito semplice, ripetitivo. Ecco, il popolo: il popolo che ha raddoppiato i consensi alla Lega nell’ultimo anno, che ora non può votare per colpa di una operazione di Palazzo, che non si scandalizza che il ministro dell’Interno va in spiaggia “perchè io vado a Milano Marittima e voi a sinistra siete abituati a champagne e caviale a Montecarlo”
Il suo punto forte è la “coerenza” di fronte a una operazione fatta per le “poltrone”, parola che ripete fino alla noia, senza tante argomentazioni e senza mai affondare sull’avversario
L’uno è fermo ai mesi al Viminale e al “tradimento” di agosto, l’altro, se c’è da parlare di un governo, parla del suo, solito lutto non elaborato, per cui il termine di confronto è “quando io ero a palazzo Chigi”.
Già , l’“io” al Viminale e l’“io a palazzo Chigi”, con l’attuale governo che resta un convitato di pietra nel duello, in fondo narcisistico, che, in fondo, va bene ad entrambi. Per essere un appuntamento fondativo di una narrazione, quella dei due “Mattei”, c’è poca tensione, poco sangue, poco pathos, proprio perchè quella narrazione è mediatica, perchè Renzi non è il capo dell’alternativa a Salvini e Salvini non è più l’uomo che ha in mano l’Italia, e infatti è costretto a “fare il buono” e ad invitare sul palco di San Giovanni alleati a cui, solo qualche mese fa, non rispondeva neanche al telefono.
Resta qualche battuta, nel finale, la parte più divertente. “Non faccio conferenze in giro per il mondo a decine di migliaia di euro”, dice Savini. Risponde Renzi: “Perchè non la invitano per le conferenze”.
In fondo, hanno ragione entrambi. Dopo la partita della nazionale gli ascolti saranno ottimi. Per merito degli azzurri, ma sarà facile per entrambi dire che è per merito loro. Alla fine, il vero goal lo ha fatto Vespa.
(da “Huffingtonpost”)
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