E ALLA FINE IN MOLTI COMUNI LA TASI E’ PIU’ CARA DELL’IMU
ALIQUOTE ALTE E POCHE DETRAZIONI… NESSUNO SCONTO PER REDDITO E FIGLI DOVE LA TASSA E’ GIA’ IN VIGORE
Chi non pagava l’Imu, non pagherà la Tasi. Il governo Letta era pronto a metterlo per iscritto, questo “vincolo etico”. Non l’ha fatto, però.
E alla fine molti (ex) esenti dovranno rassegnarsi. La nuova tassa sulla prima casa andrà versata.
Si mettano l’anima in pace anche gli altri proprietari.
Con buona probabilità , specie se l’aliquota della vecchia Imu era al 4 per mille o meno, il conto sarà addirittura più salato.
Com’è possibile, se le aliquote Tasi sono più basse di quelle dell’Imu? Semplice.
Per effetto delle detrazioni.
Prima valevano 200 euro per tutte le prime abitazioni. Più 50 euro per ogni figlio sotto i 26 anni.
Ora sono a discrezione dei sindaci.
E dai primi otto Comuni italiani che hanno deliberato in giunta le nuove caratteristiche della Tasi il messaggio che arriva è chiaro.
Per le detrazioni non si guarda al reddito familiare, misurato con l’Isee. Nè alla numerosità del nucleo. O alla presenza di disabilità .
Il metro di calcolo per gli sconti è la ben più valutabile rendita catastale.
Pazienza se poco veritiera perchè vetusta (rendite più basse per case in centro città che in periferia). E pazienza se il criterio non è equo.
In attesa delle riforma del catasto, i sindaci vanno sul sicuro. E mettono in cascina l’unico fieno che conta per i loro bilanci: il gettito.
Nessuna sorpresa, d’altronde.
Il patto stretto tra Anci-Letta-Saccomanni- Delrio poco prima che quel governo cadesse ruotava proprio attorno alle entrate.
E dunque 625 milioni aggiuntivi, però non più vincolati alle detrazioni (come pure erano i primi 500 milioni), ma dati per esigenze di gettito.
Dunque far tornare i conti (Tasi come Imu, e lì ci siamo: 4,6 contro 4,8 miliardi). In più, possibilità di un’addizionale dello 0,8 per mille da abbinare all’aliquota su prime o seconde case o entrambe per introdurre le detrazioni.
In poche parole, sconti finanziati dagli stessi proprietari. Geniale.
Risultato? «Se il buongiorno si vede dal mattino, tra Tasi così concepita, Tari e addizionali comunali si rischia di neutralizzare il bonus Irpef o di aumentare la pressione fiscale, nel caso dei pensionati», avverte Gugliemo Loy, segretario confederale Uil.
L’ufficio studi del sindacato ha spulciato le prime otto delibere, scoprendo che in più di un terzo delle città la Tasi sarà più cara dell’Imu.
Emblematico il caso di Mantova. Il sindaco sceglie il 2,4 per mille (meno del tetto al 2,5), ma non mette alcun tipo di detrazione, rinunciando allo 0,8 extra.
Ebbene, la Tasi peserà in media 89 euro in più dell’Imu che colpiva la prima casa con aliquota pari a 3,8 per mille. Certo più alta del 2,4. Ma privata ora del calmiere detrazioni.
A Brescia, dove l’esenzione è prevista per immobili con rendita fino a 400 euro, la Tasi sarà invece più conveniente, ma di soli 3 euro.
Ribasso più forte a Modena, 100 euro in meno, con esenzione per rendite fino a 320 euro e detrazioni al 50% per rendite da 320 a 400.
I pistoiesi invece verseranno 75 euro in più. Anche qui il sindaco ha deciso di non sfruttare l’addizionale dello 0,8 per mille ed ha esentato solo le case popolari e ultrapopolari (A/4 e A/5).
Comunque la tendenza è questa. Se le detrazioni ci sono, si calcolano sulla rendita catastale. E spesso vengono finanziate caricando tutto lo 0,8 sulle prime case.
Come a Piacenza (aliquota al 3,3%, il massimo, detrazioni fino a 600 euro di rendita). O a Bologna che non ha ancora deliberato, ma è in linea con Piacenza.
«La Tasi doveva essere una Service tax, destinata a finanziare i servizi indivisibili forniti dai Comuni, ma si rivela come qualcosa di diverso», si è allarmato Mario Falcucci, presidente della sezione autonomie della Corte dei conti, venerdì in audizione alla Camera.
«La base imponibile è il valore catastale dell’immobile e il contribuente è di fatto quasi solo il proprietario. Gli inquilini sono chiamati a pagare solo il 10% dell’imposta, aumentabile fino al 30%. La Tasi, in altri termini, continua a configurarsi prevalentemente come tassa patrimoniale».
E la possibilità di incrementare l’aliquota «avvicina il nuovo tributo all’Imu».
Dunque «serve a rispondere solo a un problema di gettito».
Questo il punto.
(da “La Repubblica”)
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