E SE FOSSE L’AFRICA A CHIUDERE I PORTI?
LO SFRUTTAMENTO DELLE RISORSE DEGLI AFRICANI DA PARTE DELL’OCCIDENTE: IL VERO DISEGNO E’ CONTINUARE A FARLI LAVORARE NELLE MINIERE A DIECI EURO AL MESE E DEPREDARLI A CASA LORO
Da che storia è storia, «il futuro è dietro di noi»: lo insegnano la Bibbia, l’evoluzione, antropologia e la sociologia, e, in modo eminente, la psicologia.
Dal XVI al XX secolo, l’economia occidentale (Usa ed Europa) si sviluppò con la tratta degli schiavi (rotta atlantica).
Dieci anni dopo l’invasione delle Americhe da parte di Colombo e suoi successori, nel 1452, fu complice papa Nicola V che con la bolla «Dum Diversas» riconosceva al re del Portogallo Alfonso V di fare schiavo qualsiasi «saraceno, pagano o senza fede».
Il documento divenne l’atto fondativo dello schiavismo legale, mentre i protestanti praticarono lo schiavismo senza bisogno di documenti papali.
L’industria tessile inglese e poi europea e statunitense fu pagata dagli schiavi d’Africa; tutto il cotone per oltre 3 secoli e mezzo viaggiò dagli Usa all’Europa, fu possibile dal lavoro degli schiavi depredati «a casa loro» da Portogallo, Spagna, Inghilterra, Olando, Belgio.
Nel secolo XVIII, si diffuse lo sport dei safari africani, organizzati in Europa, con l’Italia che era una delle prime, per razziare patrimoni faunistici e minerari africani. L’Africa negli ultimi due secoli fu la terra che tutti potevano invadere senza chiedere permesso ad alcuno: se un africano si difendeva sparando, gli si mozzava la testa «a casa sua».
Ancora oggi, importiamo, complice la corruzione politica che paghiamo, oro dal Sudan, Zambia e dal Sud Africa, diamanti dal Congo e dalla Tanzania (ne sa qualcosa la Lega) e dall’Africa centrale; petrolio e gas naturale dall’Algeria, Libia, Egitto, Ghana, Togo, Nigeria e Gabon; materie prime per cibi e bevande, caffè e te dall’Etiopia, Sudan del Sud, Kenia e Madagascar, Sierra Leone, Senegal; cotone e tessili da Marocco, Mauritania, alluminio dal Monzabico; rame dallo Zambia e platino dallo Zimbawe.
Infine, il coltan dal Togo e dal Congo che, da solo, possiede l’80% delle miniere del mondo.
Il coltan è un minerale usato nei chip dei telefonini, telecamere, computer portatili (ottimizza la corrente elettrica per la durata delle batterie). Esso però è radioattivo e contiene uranio.
Oltre a essere il primo ingrediente dei cellulari, il coltan è usato dall’industria aerospaziale nei motori jet, nei visori notturni, nelle fibre ottiche, negli airbag.
Il coltan si trova solo in nove Paesi, tra cui Cina, Brasile e, in Africa, il Togo e il Congo che detiene l’80% della produzione mondiale.
La paga «ordinaria» è di € 10,00 al mese (dicesi DIECI al mese).
Le multinazionali Nokia, Eriksson e Sony offrono fino a € 200,00 al mese, scatenando una concorrenza spietata tra i poveri congolesi e rwandesi, che lavorano nelle miniere a mani nude, compresi bambini dagli 8 anni in su, i più richiesti perchè le loro piccole mani arrivano dove gli adulti non possono.
Le conseguenze mortali segnano una contabilità da genocidio: dal 1998 al 2014 nelle miniere estrattive di coltan sono morte milioni di persone sull’altare dei cellulari, usati dall’Occidente che utilizza mediatori triangolati per non farsi scoprire.
In conseguenza dello sfruttamento in Congo sono in atto guerre tra bande assoldate a questa o quella multinazionale o Stato estero per il possesso delle miniere.
Il prezioso minerale causa la guerra che sta devastando il Paese. I proventi del coltan servono a pagare i soldati e acquistare nuove armi.
Tra il 2016, causa la carenza estrattiva di coltan, per la guerra delle miniere, l’industria hi-tech occidentale andò in tilt e in Occidente la gente impazzì con scene da panico perchè la PlayStation2 era introvabile.
Nel 2017 l’Italia i governi Renzi e Gentiloni, «in appena tre anni, hanno sestuplicato le autorizzazioni per le esportazioni di armamenti. Giri d’affari passati da 2 miliardi a più di 14 miliardi».
Se gli Africani chiudessero i loro porti, l’Italia e la insipiente Europa che non c’è farebbero la fine che si meriterebbero.
Congolesi e rwandesi, sudanesi, ecc. che scappano dai loro Paesi verso l’Europa — ironia della sorte — sono respinti alle frontiere perchè «migranti economici» senza diritto di asilo.
L’Occidente li può depredare e ammazzare «a casa loro» per progredire in casa propria con la ricchezza africana, ma gli africani non possono entrare in Europa.
Non li fa entrare, ma li vuole a lavorare nelle miniere in cui muoiono per mantenere in vita l’economia superflua occidentale.
Nel prossimo secolo le migrazioni travolgeranno l’Europa, vecchia, insulsa e miope per una manciata di voti.
Il saggio non costruisce muri che sono armi letali per chi ci sta sotto, ma apre varchi per alleggerire la massa d’acqua di 10 milioni di persone pronti a morire pur di sperare.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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