ERA ORA: I LEGALI DELLA SEA WATCH DENUNCIANO PER DIFFAMAZIONE SALVINI
I CRIMINALI DELLA GUARDIA COSTIERA LIBICA, D’INTESA CON IL SEQUESTRATORE DI PERSONE, DICONO CHE TRIPOLI E’ UN PORTO SICURO, SMENTITI DA TUTTO IL MONDO CIVILE (QUINDI A PARTE L’ITALIA)
Per la prima volta la guardia costiera di Tripoli assegna ad una nave umanitaria un porto di sbarco in Libia, coprendosi di ridicolo.
Alla Sea Watch, che ieri ha soccorso 53 migranti in zona Sar libica, le autorità hanno indicato poco fa il porto di Tripoli, ma è escluso che la Ong accetti di portare i migranti indietro in un porto ovviamente non ritenuto sicuro da tutto il mondo civile (esclusa quindi l’Italia)
Di concerto con l’Italia dopo l’approvazione del decreto sicurezza bis, per la prima volta la Libia offre ad una Ong un porto di sbarco sapendo già che l’indicazione non verrà seguita.
E non a caso e’ proprio il Viminale a darne notizia annunciando che se la Sea Watch non dovesse obbedire si metterebbe nelle condizioni di dover essere sanzionata secondo le nuove norme previste dal decreto sicurezza bis (sanzione inesistente in ogni caso perchè la norma incostituzionale deve ancora passare al vaglio del Parlamento)
“Le autorità libiche hanno assegnato ufficialmente Tripoli come porto più vicino per lo sbarco. Se la nave illegale Ong disubbidirà , mettendo a rischio la vita degli immigrati, ne risponderà pienamente”, dice il ministro dell’Interno Matteo Salvini.
Intanto i legali di Sea Watch annunciano una querela per diffamazione nei confronti di Salvini per le dichiarazioni diffuse ieri dopo il soccorso.
“Dichiarazioni diffamatorie a mezzo stampa insultando la Ong e l’operato della sua nave; operato che si sostanzia, sempre, in legittima attività di soccorso e salvataggio – dicono – Occorre precisare che le autorità libiche non hanno dato alcuna indicazione alla nave della Ong da noi rappresentata la quale ha rispettato la vigente normativa internazionale che, come oramai noto, vieta il trasbordo e lo sbarco in territorio libico. Il Ministro sa bene che fare rientrare chi fugge da guerre, violenze e soprusi in un paese che non è qualificato come “porto sicuro”, in costante guerra civile, costituisce una gravissima violazione dei diritti umani, del diritto del mare e del diritto dei rifugiati.
(da agenzie)
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