FU IL DEPUTATO DI FRATELLI D’ITALIA A SPARARE NELLA NOTTE DI CAPODANNO E A FERIRE LUCA CAMPANA: ACQUISITI I RISULTATI DELLA PERIZIA, LA PROCURA E’ PRONTA A CHIUDERE LE INDAGINI
DELMASTRO NON ERA IN QUELLA STANZA AL MOMENTO DELLO SPARO. MA IL SUO CAPOSCORTA MORELLO SAREBBE STATO LÌ, A FIANCO DI POZZOLO CHE AVEVA ASSICURATO: “NON SONO STATO IO”
Una pistola maneggiata da più persone. Tre uomini vicini al centro della scena del reato, in quest’ordine: Emanuele Pozzolo, deputato (sospeso) di Fratelli d’Italia, Pablito Morello, capo scorta del sottosegretario alla giustizia Andrea Delmastro e Luca Campana, compagno della figlia di Morello.
Un revolver piccolo come un accendino, regolarmente detenuto da Pozzolo, da cui parte un colpo, mentre il tamburo viene aperto.
A tenerlo in mano, e a sparare, sarebbe stato il deputato di FdI, l’unico indagato per lo sparo della festa di Capodanno di Rosazza. È la ricostruzione che trapela dalla perizia balistica effettuata da Raffaella Sorropago, la consulente tecnica nominata dalla procuratrice di Biella, Teresa Angela Camelio.
La perizia, depositata ieri in procura, è l’ultimo atto scientifico atteso dagli inquirenti prima di chiudere l’indagine. Il primo era stato lo stub, l’esame della polvere da sparo che resta sulle mani, che era risultato positivo per Pozzolo. Anche se, essendo stato fatto solo a lui, il suo valore potrebbe essere considerato relativo. Delmastro non era in quella stanza della Pro loco, al momento dello sparo. Ma il suo caposcorta Morello sarebbe stato invece lì, a fianco di Pozzolo.
Secondo il perito dell’accusa, dunque, a sparare sarebbe stato il deputato di FdI. La procura di Biella aveva chiesto al consulente di incrociare i dati tecnici e balistici con le audizioni dei testimoni. Il teste chiave, secondo la procura, è Campana, 30 anni, rimasto ferito alla coscia dal piccolo proiettile partito dalla North American arms lr 22. Sentito in ospedale subito dopo l’incidente, il primo gennaio, Campana aveva raccontato: «C’era Pozzolo che maneggiava l’arma.
Al suo fianco c’era Morello e poi io. Eravamo tutti molto vicini al tavolo. Ho visto a un certo punto Pozzolo aprire il tamburo, probabilmente per mostrare le cartucce ».
Pozzolo «ha appoggiato sul tavolo il revolver per smontarlo – aveva precisato Campana – subito dopo è partito il colpo». L’analisi del tavolo, svolta dal perito della procura, confermerebbe la sua versione. I residui di polvere supporterebbero la tesi dell’estrema vicinanza del revolver al tavolo, nel momento in cui partì il colpo. Forse meno di cinque centimetri. Oltre alla macchia di polvere nera, sul piano di legno è rimasto il segno – quasi impercettibile – del proiettile, che prima di conficcarsi nella coscia del ferito ha scalfito il mobile, quasi all’angolo. Tutto tornerebbe dunque, secondo la versione dell’accusa: tracce di polvere, segni sul tavolo, racconto del ferito.
Ma perché Pozzolo stava (se l’aveva lui in mano) maneggiando la pistola? Due le ipotesi degli inquirenti. O per metterla in sicurezza, smontandola. Oppure per fare vedere a chi era vicino a lui, Morello compreso, che non era un giocattolo, perché aveva le cartucce.
Si tratta soltanto di ipotesi, che al momento sono in contrasto con quanto Pozzolo ha sempre ribadito: «Non sono stato io a sparare».
Convocato in procura due mesi fa, si era avvalso della facoltà di non rispondere, ma nei prossimi giorni, quando sarà pronta anche la consulenza tecnica della difesa, svolta da Pierpaolo Soldati, Pozzolo potrebbe presentarsi agli inquirenti per fornire la sua versione dei fatti. Nessun approfondimento ulteriore è stato chiesto riguardo alla presenza dei tre profili genetici trovati dai Ris di Parma sul revolver.
Secondo la procura, non sarebbe necessario indagare ancora, dal momento in cui tre persone hanno finora ammesso di averla presa in mano: Pozzolo, Pablito Morello e suo figlio Maverick. Ed è proprio questo il punto su cui accusa e difesa potrebbero concordare.
(da agenzie)
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