GLI EPURATORI DELLA LIBERTA’ FANNO RETROMARCIA NEL TIMORE DI SCATENARE LA GUERRIGLIA
BOCCHINO BRUCIA SUL TEMPO CHI VUOLE CACCIARLO E METTE A DISPOSIZIONE LA SUA CARICA DI VICE-CAPOGRUPPO: MA E’ LEGATA A QUELLO DI CICCHITTO….IL 22 MAGGIO VANNO RINNOVATI I PRESIDENTI DI COMMISSIONE, TRA CUI I FINIANI BONGIORNO, MOFFA E BALDASSARRI: MA SE I BERLUSCONIANI LI FANNO FUORI, CHI ASSICURA CHE POI IN COMMISSIONE LA MAGGIORANZA RESTI TALE?
Iniziata e programmata come la “grande purga della libertà ” che avrebbe dovuto fare piazza pulita di tutti i finiani che ancora osano rappresentare il Pdl ai massimi vertici di Camera e Senato, rei del delitto di lesa maestà alla statua equestre del premier e di voler discutere di politica, pensate un po’, non al bar, ma all’interno di un partito politico, ora gli epuratori sembrano come quei famosi pifferi di montagna.
Quelli che erano andati per suonare e sono tornati a casa suonati.
Le disposizioni iniziali della “pulizia etnica” prevedeva nell’ordine : far fuori Bocchino come vicecapogruppo del Pdl alla Camera, a seguire Giulia Bongiorno dalla presidenza della Commissione Giustizia della Camera, poco sensibile alle leggi ad personam, Silvano Moffa da quella del Lavoro e Mario Baldassari da quella delle Finanze .
Questi ultimi tre, approfittando di un cavillo del regolamento che prevede, a metà legislatura, un “rinnovo” formale delle presidenze (tutte vengono per prassi confermate), con relativa votazione che in questo caso avrebbe dovuto ghigliottinare i finiani.
Terza fase: rimpastino di governo per far fuori anche Andrea Ronchi e Adolfo Urso e così gli “epuratori della libertà ” avrebbero garantito il “pluralismo liberale”.
Alla mossa propedeutica che nessun finiano avrebbe dovuto più comparire in tv, in primis Bocchino, ha posto argine Fini in persona: “non volete che i miei vadano in tv? Bene ci andrò direttamente io, vediamo se qualcuno ha qualcosa da dire”.
Ed eccolo ospite della Annunziata, di Ballarò questa sera edi Vespa in settimana.
Poi a sorpresa e di anticipo, Bocchino dichiara al “Corriere della Sera” che metterà a disposizione la sua carica di vicecapogruppo alla Camera.
A quel punto qualcuno esulta, ma per poco: dato che capo e vice marciano insieme, se si dimette Bocchino deve dimettersi anche Cicchitto e poi rivotare.
Ma Bocchino a quel punto si presenterebbe candidato per fare il capogruppo e, anche se perdente, raccoglierebbe i voti dei finiani: l’immagine esterna sarebbe di spaccatura, con una minoranza interna formalizzata.
Scenario che Berlusconi teme.
Come se non bastasse, il 22 maggio andranno al rinnovo le presidenze delle commissioni parlamentari in cui vi sono tre finiani ai vertici.
Il timore che si fa strada tra i falchi berlusconiani è che se sfiduciano i tre, chi assicura poi che all’interno delle commissioni, dove i rapporti sono tipo 8-7, la maggioranza resti tale?
A questo punto si sta facendo strada il concetto che il gioco della ritorsione non valga la candela di una guerriglia in Parlamento, soprattutto considerando che intercettazioni e giustizia sono i primi argomenti da trattare a breve.
E sono gli argomenti che stanno a cuore ai “pedalini della libertà “.
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