GOVERNO, INCIUCIO CON SAGGI, NAPOLITANO ACCETTA AL MASSIMO PER DUE ANNI E VUOLE I “SUOI” MINISTRI
IL PATTO: ENRICO LETTA PREMIER, ALFANO E MONTI VICE…IPOTESI GALLO
Il negoziato sul Quirinale si è sempre svolto in parallelo a quello per il nuovo governo, il bis di Giorgio Napolitano è arrivato anche perchè c’è uno schema su cui costruire il nuovo esecutivo.
“Napolitano agirà guardando gli interessi del Paese”, dice lo storico amico Emanuele Macaluso.
Ieri mattina, durante l’ascesa di pellegrini al Colle, Napolitano è stato chiaro: “Resto, sì, massimo due anni però”.
E poi ha cercato un compromesso con i partiti che dovranno sostenere un governo commissariato dal Quirinale: dentro, tanti ministri tecnici attingendo fra i dieci saggi; ai vertici, un tridente di politici tra Pd-Pdl-Scelta Civica.
I democratici avranno la guida di palazzo Chigi: Enrico Letta è il nome più credibile, anche se non troverebbe il sostegno immediato di Matteo Renzi; scarse le speranze per Giuliano Amato, inviso a tanti tra destra e sinistra e soprattutto tra i leghisti
Silvio Berlusconi ha posto una condizione dirimente: Angelino Alfano vice premier, possibilmente con una delega esplicita alla Giustizia, per garantirlo sul fronte dei processi.
Ma il Cavaliere spinge sempre per “l’uomo di Stato” Gianni Letta.
Nel Pdl in tanti, però, sentono odore di elezioni e vogliono un governo debole, transitorio. E B. vuole riservarsi la possibilità di mandare tutti a casa quando gli conviene.
L’altro vice premier potrebbe toccare a Scelta Civica, magari con un orientamento economico se diventasse quella la casella in cui collocare Mario Monti.
Il premier in carica è stato il primo a cercare di intestarsi l’operazione Napolitano, e ora spera nel bis anche del governo.
In fondo è lui l’uomo della grande coalizione, quello della maggioranza ABC: Monti chiedeva la garanzia di un re-incarico a Romano Prodi in cambio del sostegno, a maggior ragione farà un tentativo con Giorgio Napolitano.
L’ipotesi Enrico Letta è quella più forte perchè non avrebbe ostacoli nel gruppo Pdl: è stato lui il principale mediatore nella notte di venerdì tra Pd e Pdl.
Ma Letta sarà anche il reggente del Pd, forse è troppo cumulare entrambi gli incarichi. Soprattutto visto che, dentro il Pd, Matteo Renzi rivendica di essere ormai l’unico leader con un consenso popolare: il sindaco di Firenze non ha alcuna intenzione di partecipare al governo ma, confidando in elezioni nel giro di sei mesi o un anno, ha bisogno che il partito non venga devastato dalla prossima fase.
E un governo Letta significherebbe dare l’etichetta Pd all’esecutivo, garantendo anche la sopravvivenza a un gruppo dirigente che Renzi è ben contento di aver spazzato via (anche se con la vittima collaterale di Romano Prodi).
Se non c’è l’accordo su un nome politicamente connotato, si studieranno altre opzioni. Due che si faranno trovare pronti sono il ministro dello Sviluppo Corrado Passera (per ora silente, giusto un Tweet “grazie presidente”) e il presidente dell’Istat Enrico Giovannini, uno dei saggi, il coordinatore informale del gruppo che si è occupato di economia producendo un rapporto che, con Napolitano riconfermato, sarà l’inevitabile programma di governo.
Il mandato di Giovannini all’Istat scade ad agosto, ha una sensibilità al sociale e piace a una parte del mondo a Cinque stelle (anche se una sua nomina non basterebbe certo a placarli), è cattolico e non compromesso con i governi precedenti.
Quanto ai ministri, i partiti sono pronti a rimettersi a Napolitano: “Io non sono stato contattato”, dice il “saggio” Filippo Bubbico del Pd.
E infatti lui e il suo omologo Giancarlo Giorgetti (Lega) sono i presidenti delle commissioni speciali di Senato e Camera, gli unici due organismi parlamentari funzionanti, e quindi lì resteranno.
Ma per gli altri saggi è quasi certa una promozione al governo: da Luciano Violante per il Pd a Gaetano Quagliariello per il Pdl (il suo nome però sarebbe contestato da una parte del partito).
Forse perfino il costituzionalista Valerio Onida, nonostante le gaffe.
Dei saggi economici difficile immaginare che Salvatore Rossi lasci la Banca d’Italia, di cui è vice direttore, mentre è assai più probabile che Enzo Moavero Milanesi resti alla guida degli Affari europei.
Probabile il reclutamento del presidente della Consulta Franco Gallo, magari poprio come premier istituzionale.
Così come è quasi certo un coinvolgimento di Mario Mauro, ex Pdl che ora è il principale negoziatore per Scelta Civica.
C’è poi Anna Maria Cancellieri: Monti l’ha candidata alla presidenza della Repubblica, Napolitano la stima e, sul suo nome, si stava verificando una convergenza con il Pdl.
Quindi in tanti sarebbero d’accordo a una sua riconferma al ministero dell’Interno.
Stefano Feltri e Carlo Tecce
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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