GRANDE AFFANNO A QUOTA 161
SI PARTE DA 151, SI CERCANO ALMENO 10 SENATORI A SOSTEGNO… IN REALTA’ BASTEREBBE PRENDERE UN VOTO PIU’ DELLE OPPOSIZIONI MA QUOTA 161 SAREBBE UN SEGNALE IMPORTANTE PER IL FUTURO
Partiamo dalla soglia, mentre la “caccia” ai responsabili è già partita. Il numero magico, per la sopravvivenza, a Palazzo Madama è “161”, ovvero la maggioranza assoluta considerando la presenza dei senatori a vita.
È una “quota politica”, perchè a rigor di regolamento, basterebbe anche la cosiddetta maggioranza relativa per tirare a campare, ma con tutta evidenza significherebbe partire azzoppati.
Fissata la quota vediamo il pallottoliere.
Il premier può contare sulla carta sul sostegno di 151 senatori, ne mancano dunque almeno dieci per arrivare a quota 161. Si tratta del Movimento 5 Stelle con i suoi 92 senatori, dei 35 senatori Pd, 5 di Leu, 6 delle Autonomie, altri 9 senatori del gruppo Misto, tra cui i 4 di Maie, che hanno sempre votato con il governo: Buccarella, Cario, De Bonis, Di Marzio, Fantetti, Fattori (che ha appena aderito a Leu), Lonardo, Merlo, Ruotolo.
Viene dato quasi per scontato anche l’appoggio dell’ex M5s Gregorio De Falco e di Tommaso Cerno, anche lui al Misto dopo essere stato eletto con i Pd.
Se a questi si aggiungono i due senatori a vita, Elena Cattaneo e Mario Monti, che si esprimono di solito a favore dell’esecutivo, ecco che la maggioranza senza Italia Viva arriva, come si è detto, a 151.
Si cercano dunque almeno dieci senatori, che Palazzo Chigi spera si possano materializzare martedì quando il premier chiederà la fiducia.
Tra i senatori a vita attenzionati ci sono anche Giorgio Napolitano, Renzo Piano, Carlo Rubbia e Liliana Segre, che votano con il governo ma non sempre sono presenti in Aula.
Per dar vita una maggioranza politica e non solo numerica, serve necessariamente che si formi in Senato un gruppo parlamentare. Il progetto prevede quindi che a sostituire Italia Viva sia un altro gruppo ben riconoscibile.
La soluzione a cui si ragione sarebbe la seguente. I Responsabili dovranno confluire nel gruppo Maie (gli eletti all’estero, sostanzialmente), dove attualmente sono quattro senatori confluiti nel Misto.
Al momento i pontieri sono a lavoro per convincere gli ex M5s: Tiziana Drago, Marinella Pacifico, Lello Ciampolillo, Carlo Martelli. Ma c’è anche il capitolo Italia Viva. I senatori renziani che potrebbero abbandonare l’ex premier per sostenere Conte sono sei: oltre a Riccardo Nencini, titolare del simbolo del Psi, circolano i nomi di Carbone, Comincini, Grimani, Conzatti e Vono (con le ultime due che però smentiscono). Telefonate, ammiccamenti e offerte sono in corso.
L’ultima fiducia a Palazzo Madama, quella sulla legge di bilancio a fine dicembre, era passata con 156 favorevoli, 124 contrari e nessun astenuto. Ma gli assenti, molti strategici all’interno della maggioranza, tra gli scranni di Palazzo Madama erano molti.
Il 10 settembre del 2019 quando il governo Conte II ottenne la fiducia con 169 sì, 133 no e 5 astenuti è già un ricordo lontano. Anche se oggi i più ottimisti, e talvolta un po’ spavaldi, dicono: “Vedrete che martedì si arriva a 168-169”.
Se così non fosse, e l’impresa ad oggi appare ardua, è necessario spulciare i precedenti. In parecchi ricordano, per esempio, quando nel 2011, Giorgio Napolitano convocò Silvio Berlusconi al Colle dopo un voto parlamentare alla Camera (sul rendiconto) in cui non raggiunse la maggioranza assoluta. E poi si dimise perchè l’esecutivo scricchiolava troppo per poter andare avanti. Ragion per cui, anche oggi, un numero più basso di 161 voti a favore dell’esecutivo Conte II appare piuttosto esiguo.
(da agenzie)
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