“GRANDE RESET” NELL’ESERCITO: ZELENSKY HA DECISO DI FARE FUORI IL POPOLARE GENERALE VALERY ZALUZHN (CHE GLI FA OMBRA), IL CAPO DI STATO MAGGIORE, SERGEI SHAPTALA, E IL MINISTRO DEGLI INTERNI, IHOR KLYMENKO
UN CAMBIO RADICALE CHE, SECONDO GLI ANALISTI, RISCHIA DI GETTARE NEL CAOS LE STRUTTURE DI POTERE DEL PAESE IN UNA FASE CRUCIALE DELLA GUERRA
Sono tempi difficili per l’Ucraina. L’intenzione espressa da Volodymyr Zelensky di licenziare il suo capo delle Forze Armate, il popolare generale Valery Zaluzhny, assieme ad altri dirigenti militari e nel governo, sta provocando la più grave crisi negli equilibri di potere a Kiev dall’inizio dell’invasione lanciata da Putin il 24 febbraio 2022.
Due giorni fa in un’intervista alla Rai il presidente ucraino ha parlato dell’opportunità di «un generale cambio di uomini alla guida del Paese», che comporta anche la sostituzione del ministro degli Interni, Ihor Klymenko, e del capo di Stato maggiore, Sergei Shaptala. Si parla inoltre di avvicendamenti con ufficiali giovani all’Aviazione, nella Marina e nei centri di reclutamento.
«Un vero sconquasso. Sono preoccupatissimo. La nostra situazione militare è troppo delicata, non possiamo permetterci una destabilizzazione lacerante ai vertici dello Stato. Zelensky ha sbagliato a scegliere lo scontro frontale con Zaluzhny proprio in questo momento: sta pregiudicando la nostra capacità di combattere», ci riassume Yaroslav Grizhak, uno dei più noti storici e politologi ucraini.
E spiega: «I motivi del contrasto sono tanti. Il populista Zelensky è molto sensibile alla popolarità di Zaluzhny, che ormai da un anno lo supera di oltre 20 punti negli indici di gradimento. E i due uomini hanno caratteri molto diversi, il che rende difficile la collaborazione: Zelensky è un impulsivo, Zaluzhny è invece un freddo calcolatore che analizza le situazioni in modo sistematico».
Sin dalle prime ore dell’invasione russa la classe dirigente ucraina scelse di stringersi attorno al presidente in nome dell’emergenza nazionale e dell’unità a tutti i costi. Nessuno criticò la legge marziale, che tra l’altro vietava agli uomini di età compresa tra i 18 e 65 anni di espatriare per sfuggire alla leva. Fu un grande successo. Il sistema Paese resistette alla morsa russa.
L’estate 2023 avrebbe dovuto coronare i successi con la controffensiva nel Sudest mirata a liberare il massimo delle zone occupate. Ma è andata male. I russi hanno resistito, questa volta arroccati sulla difensiva, dissanguando gli ucraini. Da ottobre vige lo stallo.
Zaluzhny lo dice apertamente: occorre attendere, serve un altro mezzo milione di soldati reclutati con una draconiana legge sulla leva, servono più armi e caccia F-16 per la copertura aerea.
Zelensky lo critica, ricorda che già gli americani erano stati scettici per il suo incaponirsi a combattere per Bakhmut, vorrebbe addolcire la naja, sapendo che a tanti non piace. La legge sulla leva resta così una ferita aperta, mentre si dimette la ministra per i veterani.
Zelensky ieri ha chiesto al Parlamento di prorogare la legge marziale di altri 90 giorni, sino al 14 maggio. Il presidente si sente rafforzato dagli aiuti europei, come ha evidenziato domenica visitando il fronte di Robotyne. Nove giorni fa aveva proposto a Zaluzhny di diventare consigliere militare, al suo posto si è ipotizzato il capo dell’intelligence, Kyrylo Budanov: entrambi hanno rifiutato. Ora si parla della possibile nomina di Zaluzhny come ambasciatore a Londra.
«Ma nulla è certo e il caos aiuta i russi. Si gioca alla politica sulle vite dei soldati», critica l’esperto Oleh Zhdanov. A lui si aggiunge un vecchio nemico di Zelensky, il sindaco di Kiev, Vitaly Klitschko: «Grazie a Zaluzhny la gente crede nelle Forze Armate. Basta intrighi!».
(da Corriere della Sera)
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