GRATTERI: “45 GIORNI PER INTERCETTARE? CON QUESTA RIFORMA SI SVENDE LA LIBERTA’ DEI CITTADINI ONESTI”
“IL LIMITE AGLI ASCOLTI AIUTA I CRIMINALI E RENDE COMPLICATO CERCARE LE PROVE”
Procuratore Nicola Gratteri, come valuta nel complesso la riforma appena approvata che fissa a 45 giorni il limite di tempo per intercettare la maggior parte dei reati?
È una riforma incomprensibile. Reati anche gravi vengono scoperti dopo diversi mesi, perché non si riesce a trovare il bersaglio giusto o perché in molti casi si raccolgono le prove dopo diverso tempo. Ed è una riforma anche incoerente perché se la legge fissa un termine di un anno e mezzo o due (a seconda dei reati) per indagare, non si capisce perché ci debba essere una tagliola per le sole intercettazioni, che sono uno strumento proprio per indagare. Evidentemente la finalità è un’altra.
Quale?
Quella di complicare l’acquisizione delle prove.
Quali saranno i reati più difficili da perseguire dopo questa riforma?
Rapine, furti in abitazioni, falsi materiali, riduzione in schiavitù, tratta di persone, reati in materia di stupefacenti, inquinamento ambientale, disastro ambientale, omicidio, violenza sulle donne. L’elenco è lungo, forse si fa prima a dire quali reati sarà ancora possibile perseguire.
Ci può fare degli esempi concreti sulle ricadute per le indagini e, di conseguenza, sulla sicurezza dei cittadini?
Viene commessa una rapina e arrestato uno degli autori. Si devono individuare i
complici. Si mettono sotto controllo telefoni dei familiari o i colloqui carcerari nella immediatezza. Bene, dopo 45 giorni si devono staccare gli ascolti, impedendo l’acquisizione di prove sugli altri componenti, che ben possono essere frutto di successivi colloqui. Altro esempio, viene commesso un omicidio e si intercettano i possibili sospettati. Dopo 45 giorni, potranno parlare a ruota libera.
I reati di terrorismo e di mafia sono stati esclusi da questo limite temporale. Ma resta il problema per i reati satellite, quelli cosiddetti “spia”, che preludono a un’attività di tipo mafioso? E se sì, per meglio comprendere, può citarne alcuni?
Il problema resta. Per esempio, se ci troviamo di fronte a una estorsione non aggravata; se avviene il trasporto di 50 kg di cocaina; se c’è una rapina di armi da guerra. Oppure un falso permesso di costruire, rilasciato per fare una speculazione edilizia. Si tende ad affermare, quando si fanno riforme di questo tipo, che non si abbassa l’asticella della lotta alle mafie. Ma la nostra comunità non ha bisogno solo di combattere le mafie, ha bisogno di affermare la legalità, che comprende anche la sicurezza delle strade, la sicurezza degli anziani potenziali vittime di truffe, il pagamento delle tasse da parte di tutti, la lotta alle speculazioni edilizie. Quello che il governo deve spiegare, ma ai cittadini non certo a noi magistrati, è perché vogliono limitare così fortemente la possibilità di fare giustizia, di individuare gli autori di reati così odiosi.
La maggioranza di governo ha già cancellato l’abuso d’ufficio e neutralizzato il traffico di influenze. Adesso si appresta a sterilizzare il danno erariale per scudare ulteriormente gli amministratori, oltre che – in generale – voler ridimensionare il compito di “controllore” della Corte dei Conti. Non sono riforme che lanciano messaggi di impunità?
Assolutamente si. Dietro lo slogan della cosiddetta paura della firma si è inteso dapprima scudare tutte le condotte gravemente colpose che comportassero danno erariale e ora – nonostante si sia dimostrato nella pratica che in tal modo si è solo legalizzato il comportamento del funzionario gravemente negligente senza alcun tipo di ripresa per l’economia nazionale – si intende bloccare se non annullare l’azione erariale sul territorio, aumentando le ipotesi di controllo sugli atti e stabilendo che ogni atto anche solo collegato a quello vietato comporti impunità. Tutto questo lascia i cittadini senza tutela. In tutti i settori.
Quindi?
Spero che si percepiscano, a tutti i livelli, le mortificazioni che stanno subendo i cittadini onesti. Stiamo svendendo le nostre libertà.
Procuratore, il ministro Nordio ha fretta di far approvare al Parlamento la separazione delle carriere e i due Csm. Punta al referendum entro un anno al massimo. Come la giudica questa fretta, al di là del merito della riforma su cui già si è espresso negativamente?
Conferma quello che penso da tempo, che il vero obiettivo non è la “sola” separazione delle carriere, già di per sé sbagliata e dannosa, ma che si vuole giungere frettolosamente a questo risultato per poi assicurarsene subito dopo un altro, ovvero quello di assoggettare il Pm all’esecutivo. Io sono molto preoccupato, ma non per noi magistrati, per i cittadini, per la democrazia. Sarà mio impegno, da ora in poi, fare capire alla collettività, in tutte le sedi i cui mi sarà consentito, a cosa vanno incontro. Sono ottimista, mi fido degli italiani.
Il nostro giornale ha deciso per i 30 anni di Libera di dedicare, a partire dalla giornata in ricordo delle vittime, ogni 21 marzo, una riflessione su mafia e anti mafia. Come sta la lotta alle organizzazioni di tipo mafioso?
Non va bene e non basta andare alle cerimonie di commemorazione di tanti uomini e donne che hanno perso la vita per mano della mafia, per dire di essere contro la mafia e di volere combattere la mafia. Bisogna agire e in concreto, volerla questa lotta alla mafia. La cosa che mi lascia perplesso è che ogni volta che vengo audito in sedi istituzionali, spero sempre che qualcuno comprenda che la lotta alla mafia è una lotta di democrazia, di libertà. Ma ogni volta poi resto deluso dalle scelte che vengono fatte. Quella in atto è più corretto chiamarla riforma della “ingiustizia”, perché di giustizia non ce ne è. Ma andiamo avanti.
(da ilfattoquotidiano.it)
Leave a Reply