GUERRA PER BANDE SOVRANISTE: DOPO IL NO DI FDI AL LEGHISTA SOLINAS IN SARDEGNA, I LEGHISTI DICONO NO ALLA RICONFERMA DI MARSILIO (FDI) IN ABRUZZO
A RISCHIO GLI ACCORDI ANCHE IN PIEMONTE, UMBRIA E MOLISE: E’ CACCIA ALLA POLTRONA
Imbarazzo, sorpresa, attesa. In Abruzzo il nuovo caso dopo quello scoppiato in Sardegna con la messa in discussione della ricandidatura del governatore uscente, Christian Solinas (Lega): caso che viene costantemente monitorato in vista di un chiarimento al tavolo nazionale del centrodestra. Salvini ha riportato tutto a bocce ferme, azzerando i precedenti accordi che nelle 5 regioni richiamate al voto nel 2024: Piemonte, Sardegna, Umbria, Abruzzo e Molise, volevano i governatori uscenti ricandidati in blocco. Ma in Sardegna ha trovato l’ostacolo di Fratelli d’ Italia, che ha invece calato il suo jolly: il sindaco di Cagliari Paolo Truzzu, scombinando così tutte le carte e costringendo Salvini ad andare in pressing nella partita a cinque.
Marsilio si dice tranquillo e ha già tappezzato città e contrade con i suoi manifesti elettorali. Un candidatura bis avanzata più di un anno fa dallo stesso governatore senza che nessuno tra gli alleati mettesse becco. Del resto è molto improbabile per tutti che Giorgia Meloni possa fare un passo indietro proprio su quello che è sempre stato un suo “pupillo”. Nel 2019 fu la leader di Fratelli d’Italia a spedire Marsilio nella campagna d’ Abruzzo per la sfida delle regionali. Una persona di fiducia molto vicino alla premier, strappato dallo scranno di Montecitorio e dal ruolo di tesoriere nazionale del partito, al quale fu chiesto di misurarsi con l’ex vice presidente del Csm, Giovanni Legnini, candidato del centrosinistra sorretto da una coalizione civica.
Marsilio ripagò con un risultato elettorale che consentì a Giorgia Meloni di mettere in bacheca un’altra medaglia: il primo presidente di Regione targato Fratelli d’Italia, al punto da convincere l’attuale presidente del Consiglio a scegliere proprio l’Abruzzo (il collegio dell’Aquila) per il suo ritorno in Parlamento. Non solo. Nella campagna elettorale delle ultime elezioni politiche, la premier indicò la Regione Abruzzo come un “modello” al quale ispirarsi anche per il buon governo della Nazione. Ecco perché un eventuale no dell’alleato al governatore uscente assumerebbe il peso di un affronto “personale”, oltre che politico.
D’altra parte il centrodestra, nonostante veleggi anche da queste parti con il vento in poppa dei sondaggi, si trova ad affrontare un avversario difficile alle regionali del 10 marzo, con il primo vero “campo largo” costruito in Italia dal centrosinistra attorno al nome del rettore uscente dell’università di Teramo, Luigi D’Amico.
Un’alleanza larghissima che va dal Pd ai 5 stelle, passando dalla Sinistra e i Verdi, fino ai partiti di Renzi e Calenda. Incognita nuovissima per tutti, considerata un possibile laboratorio nazionale, al netto delle resistenze di qualche leader. Come Giuseppe Conte, che al momento la ritiene solo un esperimento nato sul territorio. Quanto al destino di Marsilio, nessuno crede alla sua non ricandidatura in Regione, come si sussurra sotto voce anche a sinistra: «Impossibile, cadrebbe il governo. La Meloni li manderebbe tutti a casa«.
(da agenzie)
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