HANNO VINTO TAJANI E MATTARELLA: ELISABETTA BELLONI NON SARÀ MINISTRO DEGLI AFFARI EUROPEI
SALTA LA NOMINA DELLA CAPA DEL DIS PER LA POLTRONA LASCIATA LIBERA DA RAFFAELE FITTO: COLPA DELLA FREDDEZZA DEL COLLE E LA CONTRARIETÀ DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, CHE TEMEVA DI FINIRE COMMISSARIATO…LE DELEGHE SUL PNRR RESTERANNO A PALAZZO CHIGI, FORSE A MANTOVANO
L’ultimo atto di Raffaele Fitto da ministro è la cabina di regina del Pnrr. La buona notizia di ieri è che la spesa effettivamente effettuata e rendicontata del Piano ha raggiunto i 59 miliardi di euro.
La cattiva è che resta da spendere più del doppio entro giugno 2026. A Palazzo Chigi sono ottimisti: il bilancio del 2024 si dovrebbe chiudere con 22 miliardi di opere e obiettivi rendicontati. Un livello che sarebbe anche più alta se non ci fossero molti Comuni in ritardo sulla rendicontazione delle spese sulla piattaforma dedicata.
In sintesi: con il sì all’ultima rata il governo ha incassato fin qui 122 dei 194 miliardi a disposizione e ne ha spesi circa la metà. Per ottenere il sì alla settima rata – altri 18 miliardi – entro fine anno l’Italia dovrà dimostrare alla Commissione europea di aver raggiunto altri sessantasette obiettivi fra «milestone» e «target».
Fra i tanti: dovrà dimostrare di aver rafforzato la flotta di autobus e treni a emissione zero, riqualificato le stazioni ferroviarie, aver aumentato gli investimenti per le gestioni idriche, aver distribuito cinquantacinquemila borse di studio ad altrettanti studenti e settemilacinquecento di dottorato.
Come sempre il sì della Commissione passa da una serrata trattativa in cui da una parte si prendono impegni in extremis, dall’altra si chiude un occhio su alcuni dettagli di quegli stessi impegni.
Ora che Fitto passa dall’altra parte della barricata, sarà tutto più semplice. «Per fare un Fitto ce ne vogliono tre» dice Meloni. In realtà la premier al momento non ha con chi sostituirlo. Le deleghe del ministro della Coesione, il Sud, il Pnrr e gli Affari europei resteranno a Palazzo Chigi, come del resto è stato fin qui: Fitto è un ministro “senza portafoglio” perché sottoposto alla giurisdizione del presidente del Consiglio.
Fitto ha comunque proposto e ottenuto che le sue deleghe non vengano spacchettate. La sua struttura resterà intatta sotto la guida del capo di gabinetto Ermenegilda Siniscalchi. A sovrintendere politicamente sul suo lavoro dovrebbe essere uno dei due sottosegretari di Meloni, Alfredo Mantovano, quello che (a differenza di Giovanbattista Fazzolari) coltiva ottime relazioni con il Quirinale.
Il problema da risolvere è la poltrona degli Affari europei, per la quale si rende necessaria la nomina almeno di un sottosegretario. Secondo le voci che circolavano ieri a Palazzo Chigi, l’ipotesi di nominare ministro Elisabetta Belloni sarebbe tramontata. Per i dubbi del Quirinale e del vicepremier Antonio Tajani sulla nomina di un tecnico in una casella molto politica, e per le perplessità della stessa candidata.
Nelle ultime ore è circolata l’ipotesi di Giulio Terzi di Sant’Agata, ma anche nel suo caso Sergio Mattarella avrebbe espresso perplessità. La soluzione sarà quasi certamente la nomina di un sottosegretario gradito a Meloni: uno dei candidati è l’attuale presidente della Commissione Finanze di Montecitorio Marco Osnato.
(da La Stampa)
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