I BAMBINI STRANIERI ESPULSI DALLA SCUOLA E’ SOLO L’ULTIMA VERGOGNA DELLA SINDACA LEGHISTA DI MONFALCONE
DOPO AVER TOLTO LE PANCHINE “PERCHE’ CI SI SEDEVANO GLI IMMIGRATI” E’ LA VOLTA DEI BAMBINI DELLA MATERNA …STAMANE E’ STATA DENUNCIATA IN PROCURA
Il salvinismo reale è qui, e ha il cipiglio di Anna Cisint, sindaca-sceriffo leghista di Monfalcone, provincia di Gorizia.
La sua ultima uscita è il tetto del 45 per cento ai bambini stranieri nelle classi dei due istituti comprensivi comunali, che provocherà l’esclusione di almeno 76 alunni dalle classi e che le è valsa il plauso del ministro dell’Interno in persona: “Bravo il sindaco (leghista) di Monfalcone, occorre rispettare un limite massimo di bimbi stranieri per classe”, ha scritto su Facebook Matteo Salvini.
Ma la trovata di Cisint è soltanto l’ultima di una trafila che sta facendo di Monfalcone, storica città “rossa” e operaia, uno dei principali laboratori del leghismo applicato in Italia
Anna Maria Cisint, nata politicamente in Forza Italia ma agevolmente passata al Carroccio quando il vento ha iniziato a tirare in quella direzione, è sindaco di Monfalcone dal novembre 2016.
Durante la sua campagna elettorale ha scommesso sul tema immigrazione: gioco facile in una città di meno di 30 mila abitanti, in cui la quota di stranieri tocca il 20per cento.
La comunità principale è quella bengalese, la seconda in Italia dopo Roma, che arriva al 7% della popolazione.
Gli stranieri sono una presenza relativamente recente a Monfalcone, cresciuti negli ultimi decenni in modo esponenziale, in primis per rispondere alle necessità di manodopera da parte del cantiere navale di Fincantieri, uno dei più importanti al mondo.
Inevitabili tensioni sociali sono venute a crearsi in una storica città di radicamento operaio. E’ in questo contesto che Cisint ha giocato la sua campagna elettorale, riuscendo a strappare il Comune al centrosinistra, che lo guidava ormai dagli anni Novanta.
Molto attiva sui social, imita in tutto e per tutto il segretario della Lega. E il suo operato da amministratrice è imperniato su un continuo rilancio.
Uno dei suoi primi atti da sindaco, a inizio 2017, è stata l’eliminazione delle panchine di piazza della Repubblica, molto apprezzate dai residenti stranieri.
Da allora la sua giunta non ha più smesso di industriarsi per sorprendere con iniziative grandi e piccole.
Sempre nel 2017 è arrivato il taglio degli abbonamenti dell’emeroteca comunale a Il Manifesto e ad Avvenire (quest’ultimo forse troppo vicino al papa).
Poco prima l’assessore alla Cultura Michele Luise aveva soppresso la storica rassegna teatrale ContrAzioni, definita troppo “di nicchia”.
A giugno dello stesso anno esplode il “caso del cricket”: la Festa dello sport monfalconese sfratta la disciplina più praticata dalla maggioranza bengalese, che ormai da diverse edizioni era una delle componenti più colorite dell’evento.
Il Comune fa sapere che si tratta di una scelta tecnica, a causa della mancata iscrizione al Coni dell’associazione. Peccato che il Coni stesso smentisca.
In luglio Cisint presenta con piglio severo un “decalogo” di comportamenti specifici da rispettare per la comunità bengalese, che va dal divieto di velo integrale negli uffici pubblici al rispetto dei sensi di marcia quando si va in bicicletta.
Curiosamente vi si richiede anche la conoscenza della lingua italiana, anche attraverso “la partecipazione alla scuola materna come elemento di supporto al miglior inserimento scolastico”. Richiesta che cozza con la recente esclusione di decine di bambini stranieri dalle scuole comunali.
Nell’aprile di quest’anno la comunità musulmana locale presenta un progetto per la costruzione di un centro islamico in un ex supermercato, regolarmente acquistato con fondi privati.
Cisint si scaglia come una furia contro l’iniziativa: “Le moschee in Italia non sono previste, punto, e, per quanto mi riguarda, su questo non ci sono dubbi”, dice, interpretando in modo quantomeno curioso il principio di libertà religiosa sancito dalla Costituzione.
Il Comune si attiva per bloccare il progetto a causa di presunte irregolarità burocratiche. Ne nasce un ricorso, il cui esito è molto atteso.
L’accordo siglato dalla sindaca di Monfalcone con due istituti della città per fissare alla scuola dell’infanzia il tetto massimo di presenza non italiana al 45% escludendo di fatto 60 bambini, finisce sul tavolo della procura e nell’aula di palazzo Madama creando imbarazzo nella maggioranza.
A fare un esposto è la Flc Cgil che invita dirigenti scolastici e i consigli di istituto, a cui la legge attribuisce il compito di individuare i criteri di ammissione, a ignorare indicazioni di questo tenore.
A sollevare il caso in parlamento, invece, sono le opposizioni. La senatrice Tatjana Rojc del Pd ha presentato un’interrogazione urgente ai ministri dell’Istruzione, Marco Bussetti, e della Famiglia, Lorenzo Fontana, per chiedere se in questa convenzione non vi siano “palesi violazioni degli articoli due e tre della Costituzione”, e quali iniziative si intendano assumere “affinchè sia assicurato a tutti i bambini il diritto allo studio e alla formazione, evitando un possibile trauma di una discriminazione precoce e, al contrario, offerta l’opportunità di una armoniosa e progressiva integrazione”.
A darle manforte è anche Nicola Fratoianni di Liberi e Uguali, ricordando che lo stesso Bussetti “ha preso le distanze dall’iniziativa della sindaca leghista di Monfalcone”.
In viale Trastevere nessuno in realtà ha preso una posizione ferma e decisa. Bussetti intervenendo ieri mattina a Radio Uno ha detto: “Mi sono informato con gli uffici provinciali i quali hanno dato la possibilità di attivare due classi in più e comunque siamo sulla soglia in percentuale della norma richiesta. Mi sono attivato ieri per evitare episodi del genere. L’inclusione è uno degli obiettivi della scuola per noi”.
Sul fronte opposto si è fatto sentire il sindacato. Francesco Sinopoli, segretario della Flc Cgil spiega: “La nostra condanna è netta: episodi come questi alimentano il progetto di una Scuola al di fuori della Costituzione, di una scuola della paura, della scuola della solitudine, dove non c’è confronto, non c’è crescita, ci sono solo discriminazione ed ignoranza. Non è sufficiente da parte del ministro affermare a mezzo stampa che gli uffici scolastici regionali e territoriali competenti non ne erano al corrente: è un atto vergognoso che coinvolge due dirigenti scolastici nella loro funzione di rappresentanti territoriali dell’amministrazione scolastica. Per questo chiederemo chiarimenti al ministro stesso auspicando che quello di Monfalcone sia solo un deplorevole sbaglio da correggere immediatamente”.
(da agenzie)
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