I MIGRANTI BAMBINI MANDATI VERSO L’IGNOTO
CENTINAIA SONO I MINORI SBARCATI A LAMPEDUSA DALL’INIZIO DELL’ANNO
Partono spesso senza i familiari, piccoli uomini che sfidano il mare e la solitudine quando arriveranno a destinazione: sono stati 183 dall’inizio dell’anno, su 184 arrivati, i «minori non accompagnati» sbarcati a Lampedusa.
E anche fra i 56 naufraghi dell’isolotto di Lampione, c’erano 5 adolescenti, subito mandati in un’area destinata a loro e alle donne, all’interno del Cpsa, il centro di prima accoglienza e soccorso.
Il viavai è continuo: poco prima dei nuovi arrivi c’erano state sedici partenze di ragazzi tra 14 e 15 anni.
Erano 15 somali, 13 arrivati nei giorni scorsi, altri due sbarcati a Lampedusa mercoledì, più un tunisino.
Sono stati mandati nei centri sparsi in Italia, in attesa di una destinazione definitiva.
Prime vittime dei mercanti di uomini, i ragazzi sono destinati a peregrinazioni e problemi, ma hanno la certezza di non poter essere rimpatriati.
Tante volte — ed è successo anche nel naufragio di giovedì — si tratta pure di morti: il mare, l’altro ieri, stando al racconto dei superstiti, avrebbe inghiottito sei minorenni, tra cui un bimbo di 5 anni.
Versioni ancora confuse, da verificare. Ma il dramma rimane tale.
Lo sanno bene gli operatori di Save the Children, l’organizzazione umanitaria che lavora sul campo, a Lampedusa e non solo.
«Stiamo seguendo anche i nuovi arrivati — dice Michele Prosperi, uno dei dirigenti dell’associazione — per supportarli e incoraggiarli. Sono molto provati per quanto hanno affrontato. Dato che sono tunisini è probabile che vorranno raggiungere i loro familiari in altri Paesi, soprattutto in Francia».
L’estate scorsa l’ex base Loran di Lampedusa, destinata ai minorenni privi di familiari, era stata trasformata in una sorta di centro di detenzione: fu chiusa dopo le proteste dei suoi ospiti e al suo posto oggi funziona il Cpsa, la cui ristrutturazione dev’essere però completata.
Aggiunge Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia: «Deve essere immediatamente revocata la dichiarazione di “porto non sicuro” per Lampedusa, cosa che garantirebbe a tutti i migranti immediato soccorso e prima accoglienza».
Solo dal 18 agosto scorso i nuovi arrivi sono stati 803, per la maggior parte eritrei, somali e tunisini, dei quali 65 donne e 95 minori, di cui 87 non accompagnati. I tunisini sono arrivati soprattutto dal 29 agosto in poi: tra i 118 migranti una donna e 7 ragazzi senza familiari.
«Le famiglie — spiega Prosperi — per spedire i figli oltremare, pagano i trafficanti di uomini. Gli stessi ragazzi devono lavorare per questo. Noi cerchiamo di non farli sparire, li seguiamo, ad esempio a Roma, al centro “Civico Zero”, per farli inserire in un percorso d’integrazione, ma non è facile».
Assieme all’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, all’Oim e alla Croce rossa, Save the Children ha dato vita al progetto Praesidium.
L’anno scorso fu individuato un caso emblematico: quello di Mohamed (nome fittizio), un somalo oggi 17enne, che aveva provato quattro volte, sempre da solo, dopo avere raggiunto la Libia, a imbarcarsi per la Sicilia.
Le prime tre gli andò male e nell’ultimo caso fu uno dei 40 superstiti di un naufragio che fece oltre 500 vittime.
Pochi giorni dopo ripartì e a maggio del 2011 sbarcò a Lampedusa.
Oggi non si sa più dove si trovi.
Riccardo Arena
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