I NUMERI DEL GRAVE LOGORIO DEL SISTEMA SANITARIO NAZIONALE
IN POCHI ANNI I TAGLI HANNO PORTATO A CIRCA 30.000 DIPENDENTI IN MENO
L’emergenza sanitaria ha fatto esplodere alcune carenze strutturali del SSN come l’inadeguatezza della medicina territoriale (che è stata bypassata, sia pure con differenze, in ambedue le fasi) e, per tanti motivi, la carenza di personale specializzato.
Gli allarmi erano stati lanciati da tempo e in molte sedi, istituzionali e non.
La Corte dei Conti non ha esitato a certificare che “la riorganizzazione della rete di assistenza e l’uso complessivamente più appropriato delle strutture ospedaliere non sempre sono stati accompagnati in questi anni da un’adeguata offerta dell’assistenza territoriale rivolta alla parte “più debole” della popolazione, cioè anziani e disabili”.
Sempre la magistratura contabile ha sottolineato che negli ultimi dieci anni il personale a tempo indeterminato del Ssn è fortemente diminuito (anche se in rapporto alla popolazione il numero dei medici è in linea con quello dei principali Paesi europei).
Al 31 dicembre 2018 era inferiore a quello del 2012 per circa 25.000 lavoratori (circa 41.400 rispetto al 2008).
Tra il 2012 e il 2017 (anno per il quale è disponibile un maggior dettaglio di dati) il personale (sanitario, tecnico, professionale e amministrativo) dipendente a tempo indeterminato in servizio presso le struttura sanitarie pubbliche è passato da 653 mila a 626 mila con una flessione di poco meno di 27 mila unità (-4 %).
Nello stesso periodo il ricorso a personale flessibile (a termine, interinale) in crescita di 11.500 unità ha compensato il calo solo in parte.
Ma la vera preoccupazione — in un sistema Paese che vive alla giornata ed è incapace di programmare — riguarda il futuro prossimo (per di più dopo il flagello imprevisto della pandemia).
Un’organizzazione sindacale del dirigenti medici e dei medici ospedalieri del Ssn (l’ANAAO-ASSOMED) ha monitorato, ogni anno, a partire dal 2010, il personale sanitario in rapporto ai trend del turn over.
Per dare un’idea della dimensione dei problemi prendiamo lo studio aggiornato nel 2016. “I medici nati tra il ’51 e il ’60, operanti nel SSN, hanno già maturato o matureranno — era scritto nel focus – i criteri pensionistici pre o post “Fornero” nell’arco dei prossimi 10 anni (2016à·2025) e costituiranno un numero di cessazioni stimabili in circa 47.284 unità (fasce d’età 55-59 e 60-64 anni), di cui circa 19.157 nel primo quinquennio (2016 à· 2020) e circa 28.127 nel secondo quinquennio (2021à·2025), con una media annuale di circa 4.720 unità . Stiamo parlando di fasce di età — proseguiva il focus – per le quali il riscatto previdenziale degli anni di università era facilitato da un versamento economico mensile sostenibile; inoltre l’assunzione avveniva precocemente dopo il conseguimento della Laurea in Medicina e Chirurgia, dato che non vi era l’obbligo, come attualmente, di possedere il titolo di specializzazione per essere assunti nel SSN. Nel quinquennio 2026à·2030 i cessati erano previsti in circa 18.471 unità , con una media annuale in lieve contrazione di circa 3.690 unità (-22% rispetto al decennio 2016-2025). Solamente nel decennio 2031-2040 si registrerà una contrazione importante del numero di cessazioni annuali, sostenute dalle fasce d’età 40-44 anni e 45-49 anni con media annuale di circa 2.311 unità (- 51% rispetto al decennio 2016à·2025), ritornando al livello in essere prima della riforma “Fornero”.
Lo studio ANAAO-ASSOMED è stato aggiornato nel settembre scorso, in relazione all’inaspettata pandemia da Sars-CoV-2 che ha colpito l’Italia dal febbraio 2020. Si stima che, nel quinquennio 2019-2023 vi siano 32.501 pensionamenti, a fronte di soli 22.328 nuovi specialisti che opteranno per il SSN (il 66% del totale annuale secondo l’ANAAO), con un ammanco di 10.173 specialisti.
Ma sono possibili – sostiene lo studio – anche scenari più sfavorevoli. Per esempio, se il 15% degli specialisti pensionandi nel quinquennio 2024-2028, anche per le ricadute legate all’epidemia da Covid-19, anticipasse l’uscita dal servizio, l’ammanco sarebbe di 13.473 specialisti al 2023. Se, inoltre, si tenesse conto che esiste già una carenza di 6.225 medici specialisti rispetto al 2009, anno con il livello più alto di medici assunti nel SSN, e che potrebbero essere necessari ulteriori 4mila specialisti per far fronte alle esigenze di nuovi posti letto in Terapia Intensiva e Sub-intensiva per l’emergenza pandemica, l’ammanco salirebbe alla vertiginosa cifra di 23.698 specialisti nel 2023.
I fenomeni, definiti ”imbuti’ formativi e lavorativi, costituiscono — secondo lo studio – una fonte di logorio del SSN e risultano sempre più carichi di risvolti altamente critici sulla qualità delle cure e dei percorsi di formazione nel confronto con altre realtà europee.
(da agenzie)
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