I PADRONI DELLA SICILIA DI TRENT’ANNI FA SONO I PADRONI DI OGGI: RENATINO SCHIFANI RINGRAZIA TOTÒ CUFFARO, RAFFAELE LOMBARDO, SAVERIO ROMANO, LA TRIMURTI COMPOSTA DA QUALCUNO CONDANNATO PER MAFIA E QUALCUN ALTRO SCAMPATO PER UN SOFFIO
ORA CHE LE STRAGI DI MAFIA SEMBRANO SOLO UN RICORDO, SONO TORNATI A RIPRENDERSI QUELLO CHE HANNO SEMPRE CONSIDERATO “COSA LORO”
Tutto è cominciato al Grand Hotel et des Palmes e tutto è finito lì, fra i velluti e gli specchi dei suo saloni dove a inizio estate Marcello Dell’Utri ha benedetto Roberto La Galla sindaco di Palermo e dove ieri Renato Schifani ha ringraziato giustamente chi doveva ringraziare.
Con meticolosa precisione: Totò Cuffaro, Raffaele Lombardo, Saverio Romano, la trimurti che lo ha portato a diventare il governatore della Sicilia. Un bell’ambientino. Qualcuno condannato per reati di mafia e altri che se la sono cavata per il rotto della cuffia, compreso lui stesso, Schifani, graziato per le sue pericolose frequentazioni criminali ma nell’isola ormai meglio noto come “il professore Scaglione”, misterioso personaggio che compare con quel nome in codice nei diari di un agente segreto.
IL PRIMO PENSIERO
Il primo pensiero dell’ex senatore Renato Schifani, dell’ex presidente di Palazzo Madama Renato Schifani, dell’attuale “professore Scaglione” e dell’attuale presidente della Sicilia o anche dell’attuale imputato Renato Schifani è andato agli amici.
Essere “un amico” in Sicilia può assumere i significati più disparati e insoliti per altri luoghi (lascio alla vostra immaginazione, io mi astengo) ma c’è anche un proverbio popolare che dice: “Amico e guardati”. Stai attento.
L’imputato Schifani deve stare attento agli amici con “certificato” che lo circondano e agli altri che stanno nei paraggi, l’imputato Schifani deve stare attento anche al suo processo di Caltanissetta dove è alla sbarra per associazione a delinquere e con l’accusa di avere veicolato notizie segrete per salvare dal carcere l’ex presidente di Confindustria Antonello Montante.
Sicuramente si sarà fatto i suoi conti prima di candidarsi, sicuramente avrà ricevuto assicurazioni e garanzie, sicuramente avrà intuito che quel processo di Caltanissetta esasperatamente lento finirà in prescrizione. Ma le variabili non è che si possono sempre prevedere. In Sicilia, più che altrove, gli imprevisti sono in agguato. Vedremo cosa riserverà Renato Schifani ai siciliani e cosa il destino riserverà a lui.
Con la sua trionfale elezione (il 42 per cento dei voti, secondo l’ex sindaco di Messina Cateno De Luca che dal niente ha raccolto un sorprendente 24,5 di consensi) il cerchio si è chiuso. A giugno Palermo nelle mani di una creatura di Totò Cuffaro, a settembre la Regione nelle sue mani. Dalle amministrative della capitale e dalle regionali esce una verità incontestabile: i padroni dell’isola di trent’anni fa sono padroni anche oggi
QUANDO TIRA VENTO FATTI CANNA
È una classe dirigente che non si è mai arresa e che, con molta intelligenza ed esperienza, ha seguito alla lettera lo spirito di un altro detto siciliano: “Càlati juncu ca passa la china”, piegati giunco fino a quando la piena non passa. Altra versione con medesimo significato: “Quando tira vento fatti canna”.
Cosa che hanno fatto tutti i vincitori delle consultazioni elettorali estate-autunno 2022, dopo gli anni infami che avevano passato nelle carceri di Rebibbia e di Parma o nei lunghi corridoi della procura della repubblica di Palermo insieme ai loro avvocati. Sono stati pazienti, astuti, raffinati calcolatori.
Quando la piena è passata, quando il ricordo delle stragi del 1992 era sempre più lontano, quando la magistratura si è mostrata sempre più sensibile a colpire i macellai di Cosa Nostra e sempre meno gli abitanti dei palazzi loro sono tornati. E si sono ripresi ciò che hanno sempre considerato una proprietà privata: Palermo e la Sicilia.
Ciascuno con il suo stile e con il suo passato, perché il profilo del sindaco La Galla è uno e quello di Schifani un altro. Ma si vogliono comunque molto bene. Amici. Tutti però, hanno rispolverato – fuori tempo massimo? – la loro ricetta antimafia.
Il sindaco di Palermo in questi mesi è sembrato un piccione viaggiatore, sempre in volo ogni giorno a farsi il segno della croce davanti alle tanti lapidi della città, un mazzo di fiori per far dimenticare che il 23 maggio, giorno dell’anniversario dell’uccisione di Giovanni Falcone, il sindaco di Palermo – lui – non c’era.
Il nuovo governatore della Sicilia, che già all’apertura della campagna elettorale aveva suscitato ilarità con una battuta effervescente («Forza Italia è il partito che più di altri si è battuto contro la mafia e che ha avuto il coraggio di fare approvare leggi contro la criminalità») neanche due ore dopo la certezza della sua incoronazione a Palazzo d’Orlèans si è presentato ai giornalisti dichiarando: «Istituirò una conferenza di servizi, composta da uomini dello stato, come ex magistrati, possibilmente non siciliani, per darci una mano contro le infiltrazioni mafiose nel Piano nazionale di resistenza e resilienza».
Possibilmente non siciliani? E di dove? Svizzeri, ugandesi, canadesi, cecoslovacchi? «Devono però essere estranei al nostro territorio, noi non ci vogliamo sottrarre alle verifiche», ha aggiunto per ribadire che pm siciliani fra i piedi non ne vuole avere. Magnifico. I magistrati li sceglierà lui per controllare quello che fa lui. Cominciamo bene. La parolina magica Schifani l’ha pronunciata: Pnrr. È il piatto ricco che sta scatenando gli appetiti di tutti.
Questi maggiorenti siciliani che hanno riconquistato la Sicilia si portano sulla pelle un marchio o un nomea tutta speciale. È difficile che possano cancellare l’una e l’altra, anche con quel 42 per cento di voti, comunque nulla di paragonabile al famoso 61 a 0 del 2001 quando Forza Italia espugnò tutti i collegi siciliani lasciando a secco gli avversari.
Oggi Forza Italia è nell’isola solo il quinto partito. Particolare curioso: nella Sicilia che tanto ha dato a Berlusconi, Renato Schifani è il primo governatore di Forza Italia.
Che dicono oggi gli altri della trimurti? Totò Cuffaro, capo della Nuova democrazia cristiana, quello che aveva giurato – appena uscito dal carcere dopo cinque anni di pena per concorso esterno in associazione mafiosa – che sarebbe andato in Africa ad aiutare i bambini orfani del Burundi, ha preferito parlare di sé stesso in terza persona: «Cuffaro è tornato. Chiedetevi il perché abbiamo avuto il sette per cento. Non è colpa mia se la gente vota Cuffaro e non il Pd. Vuol dire che la nostra proposta è convincente e c’è bisogno di noi».
Saverio Romano, ex ministro dell’Agricoltura originario del comune palermitano di Belmonte Mezzagno, rieletto alla Camera nel collegio di Bagheria, al momento è in silenzio stampa. Raffaele Lombardo, ex governatore della Sicilia da qualche mese sopravvissuto a una delicata inchiesta antimafia, se la prende con i sondaggisti e obliquamente con Cateno De Luca che nelle ultime settimane gliene ha dette di tutti i colori a lui e ai suoi coimputati nell’indagine di Catania dove era stato trascinato.
Per capire un po’ di più cosa è accaduto in Sicilia in queste elezioni fermiamoci un attimo su Lombardo. Lo ha ringraziato Renato Schifani per l’apporto alla sua elezione ma, sino a un mese fa, insieme a lui voleva tentare la scalata alla regione la candidata del centrosinistra Caterina Chinnici.
Di Lombardo era stata assessore per quattro anni dal 2008 al 2012, un governo double face, magistrati (come la Chinnici) e fedelissimi del famigerato Montante, un gioco degli specchi. Quindi: Lombardo va bene all’imputato Schifani e andava bene a Chinnici, era ed è buono per il rappresentante di Forza Italia che frequentava gentaglia di mafia quando esercitava la professione di avvocato ed era ed è buono per la giudice figlia del consigliere istruttore Rocco Chinnici che la mafia ha fatto saltare in aria il 29 luglio del 1983.
Chiamiamola confusione per mantenerci in equilibrio (forzato), ma com’è possibile che non ci sia distanza intorno a Lombardo fra Renato Schifani e Caterina Chinnici? Senza fare salti mortali una risposta netta ce la serve il risultato del Pd in Sicilia: 12,7 per cento.
Un disastro, il peggior risultato elettorale di sempre. Pare che fra il 25 e il 26 settembre il Pd non abbia aperto neanche il suo comitato elettorale per seguire ora dopo ora lo spoglio. Il segretario regionale Anthony Barbagallo era nel suo paese, Pedara, in provincia di Catania. Caterina Chinnici a casa sua, a Caltanissetta.
Un ultimo dato per addentrarci ancora di più nella realtà della Sicilia. Riguarda i Cinque stelle, ancora il primo partito in Sicilia ma solo alle elezioni politiche: intorno al 30 per cento. Alle regionali però il movimento di Conte è al quarto posto e, soprattutto, al 15 per cento. La metà dei voti.
Per finire ecco l’omaggio del sindaco di Palermo Roberto La Galla al nuovo governatore: «Le mie congratulazioni vanno all’amico Renato Schifani, al quale rinnovo tutta la mia stima e che, potendo contare su una lunga esperienza politica e istituzionale, sarà certamente un eccellente presidente della regione e un’autorevole guida per la Sicilia». Les jeux sont faits.
(da Il Fatto Quotidiano)
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