I RISCHI DI UN CONTENZIOSO DECENNALE SU AUTOSTRADE CON DENUNCE A LIVELLO EUROPEO
ALL’ITALIA LA REVOCA AD AUTOSTRADE COSTEREBBE 12-13 MILIARDI: CE LI METTANO CONTE E I PARLAMENTARI GRILLINI E NESSUNO AVREBBE NULLA DA OBIETTARE… TROPPO FACILE FARE I BULLI CON I SOLDI DEGLI ALTRI
Le ultime dichiarazioni di Giuseppe Conte sembrano accelerare verso la revoca delle concessioni autostradali di Autostrade per l’Italia (Aspi).
Un tema che fa discutere la maggioranza, tra chi spinge come M5S, e chi frena come Pd e Italia Viva, che mettono in guardia
Sugli effetti giuridici e formali dell’eventuale rottura HuffPost ha interrogato l’avvocato di Genova Davide Maresca, esperto in materia di aiuti di Stato, concorrenza e regolazione delle infrastrutture di trasporto.
Cosa accade con la revoca?
Lo Stato attraverso il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti è il concedente di Autostrade per l’Italia, quindi è il contraente, un contraente un po’ diverso rispetto a quelli normali però. Se io e lei abbiamo un contratto non posso disdirlo da un giorno all’altro. Invece lo Stato, per il fatto che è un contraente particolare, può disdire i contratti da un giorno all’altro.
In che modo?
Ci sono due modi: o dichiarare la decadenza o dichiarare la revoca. La decadenza si dichiara quando si ritiene che l’altra parte, cioè il concessionario, in questo caso Aspi, abbia commesso un inadempimento al contratto talmente grave da non consentire la prosecuzione del rapporto. La revoca invece si dichiara quando c’è un mutamento del pubblico interesse da parte dello Stato che dice ‘Io non ho più fiducia in te, io non voglio più’. Sono due ipotesi alternative.
Nel caso della revoca qual è lo scenario?
Nel caso della revoca il concessionario, siccome lo Stato agisce sulla base di un suo moto di impulso puramente discrezionale, il concessionario ha diritto a un indennizzo pieno, cioè pari al valore degli asset su cui ha investito e anche su cui non ha potuto contare con la cessazione del contratto.
E con la decadenza?
In questo caso l’indennizzo che è dovuto al concessionario (in questo caso Aspi) deve essere diminuito del valore del danno che l’inadempimento ha creato allo Stato.
La situazione attuale qual è?
Somiglia molto di più a una minaccia di decadenza che a una revoca perchè si imputa ad Aspi di essere inadempiente al contratto. C’è da aggiungere una regoletta che era stata inserita nell’articolo 35 dello scorso decreto Milleproroghe che ha ridotto l’indennizzo in caso di revoca e decadenza togliendo la voce del lucro cessante. Oggi Aspi si ritroverebbe ad avere un indennizzo pari solo agli investimenti non ammortizzati, cioè solo la parte di danno emergente.
Ciò fa ‘ballare’ molto il valore dell’indennizzo?
Sì, parla del 50 per cento se uno fa i calcoli della serva. Da 20 miliardi che possono essere diventano 12-13.
Di solito una decadenza e la possibilità di andare in compensazione in uno Stato di diritto dovrebbe conseguire esclusivamente a un pronunciamento di un giudice?
Certo. Era superflua anche l’indagine ispettiva interna al Mit voluta da Toninelli, peraltro del tutto inusuale, perchè è chiaro che lo Stato non potesse che dare ragione a se stesso e poi si doveva comunque andare davanti a un giudice.
L’indennizzo quanto vale, allora, 20 miliardi?
Si tratta di un tema tecnico, molto specifico e non di facile calcolo come dicono sia quelli che sostengono che ad Aspi vadano 20 miliardi sia quelli che sono certi che ad Aspi non vada un centesimo. In realtà occorre valutare bene, rispetto alle regole vigenti durante tutto l’arco del contratto e che sono cambiate tante volte, qual è il valore dei beni che devono essere ancora ammortizzati da Aspi e che erano stati autorizzati ed eseguiti bene. Non è così banale come si vuole far credere e dunque mi sembra strano che si giunga a un indennizzo senza un contenzioso.
Un contenzioso di fronte alla giustizia civile, che secondo la clausola di competenza della convenzione tra Stato e Aspi, quindi il Foro di Roma, quanto potrebbe durare?
Un primo grado di 4-5 anni, altrettanto in appello e un po’ meno in Cassazione. Una decina d’anni complessiva.
Nel frattempo cosa accade?
Secondo le regole previgenti al decreto Milleproroghe, articolo 35, Aspi non avrebbe avuto l’obbligo di consegnare l’autostrada fino al pagamento dell’indennizzo. Il Milleproroghe invece mette la regola secondo cui Anas può subentrare in via transitoria e temporanea alla vecchia concessionaria nelle more dell’aggiudicazione a un nuovo soggetto.
Sotto il profilo giuridico comunitario queste previsioni legislative reggono?
Questa norma del Milleproroghe forse è costituzionalmente accettabile, ma non sotto il profilo del diritto comunitario, che non consente di intervenire su situazioni giuridiche preesistenti ex post. Quindi ok Anas, ma poi Aspi darà battaglia nelle sedi comunitarie.
Ad oggi le leggi italiane tutelano più lo Stato e quelle europee tutelano più Aspi?
Diciamo che le leggi italiane pre-caduta del Ponte Morandi erano neutre o forse tutelavano Aspi. Dopo la caduta sono state completamente cambiate a favore dello Stato, ma le leggi europee tutelano la certezza del diritto secondo cui non si possono cambiare le regole in corsa, ma non entrano nel merito di come vanno calcolate le cose. Ad ogni modo, se le regole erano precedenti devono essere mantenute perchè si predilige il principio di parità di trattamento.
Sono derogabili in alcune situazioni?
Sì, ma bisogna vedere se è una di queste. Il diritto comunitario si basa sul principio di neutralità tra pubblico e privato, non è che predilige i ‘cattivi’, per dirlo con una battuta.
Chi potrebbe vagliare la questione della validità delle regole ex post fissate dallo Stato?
La Corte di giustizia europea. Ancora la questione non c’è andata, ma prima o poi ci andrà .
(da “Huffingtonpost”)
Leave a Reply