I RUSSI CI HANNO PRESO PER FESSI: L’ACCUSA A NATALYA VOVK STUDIATA A TAVOLINO (E PURE MALE)
METTE INSIEME IL NEMICO DEL MOMENTO (LA DONNA E’ UCRAINA), OFFRE LA SCUSA PER UNA REAZIONE E IL FATTO CHE LA DONNA SIA ORMAI FUORI DAI CONFINI (È FUGGITA IN ESTONIA CON LA FIGLIA) PUÒ TOGLIERE DALL’IMPACCIO DI DOVERLA PROCESSARE
La «soluzione» a tempo di record del giallo Dugin lascia più domande che certezze. Uno sviluppo quasi scontato. L’atto di accusa contro l’ucraina Natalya Vovk è la cornice perfetta. Mette insieme il nemico del momento, l’eventuale copertura all’estero con la fuga della «colpevole» in Estonia, l’intelligence ucraina che ha dimostrato di poter far male in profondità, la scusa per una reazione. E il fatto che la donna sia ormai fuori dai confini può togliere dall’impaccio di doverla processare. Non che sia un problema ma in questo modo può diventare uno strumento di pressione verso il Paese baltico.
Tutto questo per superare con un balzo l’imbarazzo per un colpo duro alla sicurezza. Una Mata Hari con figlia al seguito avrebbe messo in scacco un apparato gigantesco addestrato a reprimere ogni forma di dissenso. Chiamando in causa la Vovk i russi provano ad allontanare le piste alternative.
In queste ore ne sono state considerate tante. Una faida interna nel mondo dell’estremismo, la provocazione a tavolino del regime, l’iniziativa di agenti fuori controllo – un classico – persino l’azione di resistenti interni, l’«Esercito repubblicano nazionale», sigla che sarebbe pronta ad agire di nuovo.
Siamo sempre in una nebulosa, facile mescolare le carte. La donna ricercata magari potrebbe sapere qualcosa o essere periferica all’attentato. Un colpo ben preparato. L’ordigno era composto da circa 400 grammi d’esplosivo collocati sotto il sedile del guidatore.
Il Suv apparteneva alla figlia dell’ideologo nazionalista, quindi non vi sarebbe stato scambio di auto come detto in un primo momento. La bomba è stata attivata in remoto, ipotizzano fosse collegata ad un cellulare usa e getta. L’attentatore seguiva il bersaglio, ha chiamato il numero innescando la carica. Dettaglio che porterebbe ad escludere l’errore di persona. Da dove viene l’esplosivo? Acquistato sul mercato nero? Portato da fuori?
L’esplosione è avvenuta quando era sulla strada e non nel parcheggio dell’evento, altro dato che conferma come la Dugina fosse tenuta d’occhio. Darya aveva partecipato ad un evento insieme al padre e si deve presumere che il veicolo – una Toyota – sia rimasto incustodito e non fosse sorvegliato. Dall’altra parte non siamo al fronte ma nel cuore della Russia e la giovane evidentemente non si sentiva minacciata. Di nessun aiuto le telecamere di sicurezza in quanto – scrivono i media locali – erano fuori uso da due settimane. Casualità o manomissione? E la trappola è stata piazzata in questo punto o in precedenza?
Se l’Fsb – annotano i commentatori – dice il vero significa che è stato beffato. Mai dire mai, specie quando danzano le spie.
Se, invece, la sua è una bugia (come appare evidente) vuol dire che non è neppure riuscito a imbastire un canovaccio credibile. E non sarebbe la prima volta: lo dicono le missioni pasticciate condotte in Europa in questi anni.
(da il Corriere della Sera)
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