IL BLUFF DI BONAFEDE
UN DOCENTE DI DIRITTO PENITENZIARIO E UN MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA SPIEGANO PERCHE’ L’ANNUNCIATO DECRETO CONTRO LA SCARCERAZIONE DEI BOSS NON HA SENSO E NON AVRA’ EFFETTI
“Sono stupito dal fatto che i magistrati di sorveglianza non vengano considerati come gli altri colleghi. Immagini se un giorno, per decreto legge, si stabilisse che una sentenza di condanna o di assoluzione va rivalutata. Cosa succederebbe? Ci sarebbe una sollevazione. Una legge non può dire che una decisione del giudice è sbagliata. Ricorda il caso Englaro?”.
Bisogna partire da qui, dalle parole che Marcello Bortolato, presidente del Tribunale di Sorveglianza di Firenze, dice ad HuffPost, per avere un quadro un po’ più chiaro di quello che si appresta a fare il ministro della Giustizia con la sua squadra per cercare di riportare i boss in carcere.
Il Guardasigilli, sotto il fuoco incrociato di chi ne invoca le dimissioni dopo la lite televisiva con Nino Di Matteo, ha annunciato in Parlamento un nuovo decreto.
“La norma – ha dichiarato – permetterà ai giudici, alla luce del nuovo quadro sanitario, di rivalutare l’attuale persistenza dei presupposti per le scarcerazioni dei detenuti di alta sicurezza e al 41 bis.
Come? Un testo ancora non esiste, anche se il sottosegretario alla Giustizia Andrea Giorgis ha detto all’Ansa che la disposizione “da un lato vuol far sì che i giudici di sorveglianza possano rivedere le decisioni alla luce del cambiamento dell’andamento dell’epidemia, dall’altra preservare l’autonomia della magistratura e i capisaldi della Costituzione”.
Un’equazione, è evidente, un può complicata da risolvere.
Nei prossimi giorni si capirà quello che hanno in mente in via Arenula. Per il momento, però, c’è una certezza.
Già oggi, con le norme esistenti, un magistrato di sorveglianza può modificare la decisione che ha preso. “Tutti i provvedimenti che riguardano la salute dei detenuti vengono adottati tenendo in considerazione la situazione del momento, peraltro sulla base di norme del codice penale. E, chiaramente, sono a termine.
Soprattutto per i ristretti al 41 bis – spiega ad HuffPost Pasquale Bronzo, docente di diritto penitenziario all’Università Sapienza di Roma – il magistrato ha quindi la possibilità di rivedere il provvedimento. Anzi, se le condizioni cambiano, deve farlo”.
Sul punto Bortolato tiene a precisare: “Quando la concessione dei domiciliari sta per scadere, se un detenuto chiede la proroga, il magistrato è tenuto a verificare se ci sono le condizioni per concederla. Altrimenti torna in carcere”.
Ma, se la situazione cambia, se – per fare riferimento al presente – l’emergenza sanitaria finisce, la verifica può partire su richiesta del pubblico ministero, ma anche d’ufficio. Tutto già scritto, così come la possibilità di concedere il differimento della pena – obbligatorio o facoltativo – ai detenuti che stanno male.
“Applichiamo norme messe a punto già ben prima dell’entrata in vigore della Costituzione repubblicana”, tiene a ricordare Bortolato.
Cosa può fare allora Bonafede? “Potrebbe introdurre delle ulteriori verifiche periodiche obbligatorie, al più”, spiega Bronzo. Oppure stabilire una durata più breve degli arresti domiciliari per motivi di salute, ferma restando la possibilità di proroga.
Ma, anche in questo caso “si tratterebbe di norme che valgono per il futuro, non retroattive”, dice ancora il presidente del Tribunale di Sorveglianza di Firenze.
L’uscita di alcuni boss dalla cella nelle ultime settimane ha fatto scalpore. Eppure, ricorda Bronzo, “se guardiamo le statistiche ci accorgiamo di come la stragrande maggioranza delle decisioni del magistrato di sorveglianza siano di rigetto”.
Sono una minima parte i detenuti ai quali viene concesso di uscire. Sempre per motivi di salute e per un periodo limitato.
La lista di chi fa istanza è sempre stata lunga. “Ci sono migliaia e migliaia di istanze simili a quelle di cui si parla oggi che sono state respinte in passato”, sostiene Bortolato. Ma nelle ultime settimane si è fatta più corposa: secondo una nota inviata dal neo vice capo del Dap, Roberto Tartaglia, a Bonafede, sono 456 i ristretti in regime “di alta sicurezza” che hanno chiesto di andare a casa per il coronavirus. I magistrati sono chiamati a esprimersi anche sulle loro istanze.
“Non sono decisioni facili. Non lo sono mai state – continua Bortolato – e oggi ci troviamo a lavorare senza alcuna serenità . In un clima in cui pare che si voglia concedere o meno a ognuno di noi la patente di antimafiosità . Ma noi, semplicemente, rispettiamo la Costituzione”.
E la Costituzione chiede di bilanciare il diritto alla salute con quello alla sicurezza: “La maggior parte delle persone a cui sono stati concessi i domiciliari è anziana, oltre che malata, e quasi a fine pena. Quanto al diritto alla sicurezza dei cittadini, certamente se un detenuto è casa per lo stato è più dispendioso garantirla”, prosegue Bronzo.
Ma si può fare: “Per ogni ristretto al 41 bis che è ai domiciliari, sono state disposte delle misure di controllo molto strette. Tra queste, divieto di incontrare persone diverse dai familiari e intercettazioni”.
Un margine di rischio resta, il professore non lo nega, ma la Costituzione garantisce il diritto alla salute.
Di tutti, anche dei detenuti, indipendentemente dalla pena che stanno scontando. E fermo restando che il magistrato competente ha il potere di cambiare il provvedimento. Ce l’ha già , senza il bisogno di ulteriori norme.
(da “Huffingtonpost”)
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