IL CAVALIERE DIMEZZATO: NON HA I NUMERI PER FAR CADERE LETTA
CHIUSO A PALAZZO GRAZIOLI RIFIUTA DI RICEVERE I “SUOI” MINISTRI PER PRANZO. ..ORA LI VUOLE FUORI DAL PARTITO
L’ennesimo capitolo di quella che Denis Verdini chiama da sempre “la guerra dei vent’anni” si consuma all’ora di pranzo.
Quando un Cavaliere incredulo, nonostante i segnali che da ore giungevano dal Senato, ha visto materializzarsi la “ghigliottina” del voto palese.
Con Alfano stesso, con Nitto Palma e la Bernini che gli avevano assicurato che la Giunta non avrebbe rotto la consuetudine del voto segreto per una questione tanto delicata come la decadenza da senatore. E invece.
A comunicare a Berlusconi l’ultima sconfitta politica di un periodo nero che non sembra aver fine è stato Paolo Bonaiuti. Ma a quel punto il Cavaliere è sbottato mandando all’aria un pranzo con i ministri e lo stesso Alfano: “Non li voglio nemmeno vedere, non ho più nulla da dirgli, mi avevano assicurato che c’erano i numeri per il voto segreto, ne ho abbastanza, voglio pulizia…”.
Chi si era esposto a promettere che Palazzo Madama non avrebbe “fatto scherzi” era stato proprio Alfano. Ne era certo.
E invece non solo non si è guadagnato tempo sulla Severino, ma è arrivato pure il colpo di grazia.
Così, i ministri hanno fatto dietrofront mentre a palazzo Grazioli sono arrivati Denis Verdini e Sandro Bondi.
A spiegargli che la partita ormai si deve giocare “dentro il partito” e che comunque non c’è modo di far cadere il governo “con quei numeri — sosteneva Bondi, snocciolando un rosario di cifre almanaccate da Verdini — che hanno ancora loro”. Già , “loro”.
Andare al voto, diceva Alfano, “farebbe il gioco di Renzi”, dunque è da evitare, frase che però ha fatto imbufalire ancora di più Berlusconi.
La conta dentro il Pdl ormai è inevitabile. Ieri, però, il Cavaliere non voleva parlare del quando, troppo impegnato a prendersela con i suoi “carnefici”, che sono il Pd e Napolitano, certo, ma anche le colombe.
Ora il vero bersaglio di Silvio furibondo sono i ministri e chi lo ha “preso in giro fino ad oggi”.
La vendetta si consumerà dentro il Pdl. Ancora ieri sera, durante un incontro difficile a Palazzo Chigi, Alfano (che era accompagnato da Brunetta e Schifani) ha tentato di convincere Letta a muoversi per dichiarare la non retroattività della legge Severino, ma niente.
Per tutto il giorno, poi, si sono rincorse voci di un arrivo di Alfano a palazzo Grazioli, ma a sera, invece, è entrato solo Fitto. Il leader dei lealisti che non vedeva l’ora di soffiare sul fuoco dell’ira del Capo. Specie contro Alfano, che gli ha ribadito ancora l’esistenza di una pattuglia pronta a staccarsi per tenere in vita l’esecutivo.
Per questo — anche — la nota di solidarietà al Cavaliere, firmata dal vicepremier, si è fatta attendere per ore.
Certo, Alfano ha parlato apertamente di un “sopruso” da parte di Pd, M5S e Scelta civica, ma ha rinviato tutto a una dura “battaglia parlamentare” che sa molto di bluff.
La strategia delle colombe — viene spiegato — è infatti quella di rinviare fino a che sarà possibile il voto dell’aula appellandosi a norme di regolamento in caso di votazione palese.
Ma tanto il Cavaliere attenderà la decadenza prima dello showdown: e questo non soltanto perchè ha bisogno di un po’ più di tempo per “riconquistare” i senatori, ma anche perchè è convinto che la mozione degli affetti possa ancora incidere nelle scelte di qualcuno.
Intanto, tra le due anime del Pdl-Fi, è guerra di numeri: da una parte si continuano a raccogliere le adesioni sotto il documento varato dall’ufficio di presidenza.
Dall’altra, invece, girano bozze filo-governative. I lealisti vogliono lo scalpo dei ministri, Alfano in testa. Per questo, spingono il Cavaliere verso il voto.
Ma la battaglia sui numeri mette sull’avviso lo stesso Berlusconi.
Insomma, un caos su cui pesa un’incognita.
Che il Cavaliere voglia andare in Senato e rivolgersi direttamente ai suoi ministri chiedendo: voi, da che parte state?
Sara Nicoli
(da “il Fatto Quotidiano“)
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