IL CAVALIERE PRONTO A GIOCARE L’ULTIMA CARTA: “ENRICO NON PUO’ FARE FINTA DI NIENTE”
LA MEDIAZIONE DEI MINISTRI… VERTICE DI MAGGIORANZA LA PROSSIMA SETTIMANA
«Letta non può fare finta di niente». Nella storia di un emendamento contano sempre i tempi.
Il momento in cui è stato presentato. Cosa è avvenuto immediatamente prima. E cosa dopo. Silvio Berlusconi lo sa e il suo messaggio infatti era indirizzato direttamente al presidente del consiglio.
Nella delicata e difficile battaglia processuale, il Cavaliere vuole mettere sul tavolo della “strana maggioranza” più strumenti di trattativa.
Un modo per dire: «Se mi bocciate questa proposta, allora dovete accogliere quest’altra».
Un pò come ha fatto nei giorni scorsi nel corso dei contatti e poi nel colloquio con il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
Che però non ha accolto le sue richieste.
Di questa tattica si è subito accorto il democratico Felice Casson che la battezzava come una «bella pugnalata» del Pdl sulle riforme.
Elementi da un lato rivelatori e che dall’altro ne confermano l’obiettivo politicamente devastante. Un fatto è certo.
L’emendamento 2.12, con sole due righe, è riuscito a far perdere le staffe ad Anna Finocchiaro, la presidente Pd della commissione Affari costituzionali del Senato, che in un attimo ha visto crollare il suo lavorio alla Napolitano per riforme condivise.
Quando, scorrendo il malloppo delle modifiche, se l’è trovato davanti, quasi automaticamente ha vergato un no in vista della discussione, salvo rendersi conto solo dopo della portata distruttiva del nostro 2.12
E dunque raccontiamo come e quando è spuntato il 2.12.
A svelare i dettagli sono gli stessi berlusconiani, mentre cercano, non si sa bene se con ingenuità vera o malcelata malizia, di convincere tutti che dietro «non c’è niente di male, solo normale amministrazione».
Eppure la prossima settimana, proprio per evitare fratture maggiori si terrà a Palazzo Chigi con il premier un vertice di maggioranza.
L’emendamento che riapre lo scontro sulla giustizia e che fa subito tremare i giudici nasce giovedì 20 giugno.
Al Senato si riunisce il gruppo Pdl – Bruno, Bonaiuti, Bernini, Casellati e altri e discute l’idea. La approva. Deposita il testo.
Il giorno prima la Consulta ha bocciato il legittimo impedimento per Mediaset e ha fatto cadere le ultime speranze di Berlusconi che quella sentenza (quattro anni di carcere e cinque di interdizione dai pubblici uffici) possa cadere per un vizio di forma. I suoi sono furibondi. Meditano sfracelli.
Sanno bene che la tempesta è solo all’inizio.
Pochi giorni e arriva un’altra sentenza, quella di Ruby.
Come chiosa adesso un uomo del Cavaliere «questo emendamento si può definire di profilassi ».
Proprio così, è una pillola d’avvertimento, durante il governo di Silvio si sarebbe detto una pistola fumante sul tavolo. Un berlusconiano lo dice in malo modo a un collega del Pd impegnato nella battaglia sulle riforme: «Non dovete sempre ostacolarci. Noi sosteniamo il governo, noi subiamo i colpi dei magistrati, ma voi dovete lasciarci lo spazio per fare la nostra politica, per discutere in Parlamento quello che sta scritto nel nostro programma elettorale. Separazione delle carriere, responsabilità civile dei giudici, un diverso Csm. Perchè non dovremmo parlarne adesso, e nell’ambito delle riforme? Lasciateci almeno discutere».
Francesco Paolo Sisto, il presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, non si meraviglia affatto. Sottoscrive l’emendamento. «Non ne ho discusso. Lo leggo adesso. Ma posso ben dichiarare che non è affatto un salva-Berlusconi».
Nel Pd la pensano all’opposto, al Senato la tensione nel gruppo si taglia a fette, come dimostra l’allarme di Casson.
Quell’emendamento è valutato come la risposta, alcuni dicono «la ritorsione », allo scontro che si è appena aperto sull’ineleggibilità . Anche questa, di certo, non una casuale coincidenza.
Da Berlusconi in persona e dal suo entourage più stretto non viene affatto disconosciuto il progetto di mettere mano al titolo quarto della Costituzione.
Era il tema della «grande grande grande riforma della giustizia» firmata dall’ex Guardasigilli Angelino Alfano prima che cadesse il governo Berlusconi.
Fa molto gioco adesso che il Cavaliere è alle prese, furente come sempre, con l’ultima giornata di pressing per via dei processi, Napoli con la compravendita dei senatori e Roma con il lodo Mondadori. Due avvocati che lo chiamano di continuo, Ghedini da Napoli e Vaccarella dalla Cassazione. Ovunque cattive notizie.
Almeno il blitz del 2.12 riesce a strappargli qualche risata di soddisfazione.
Francesco Bei e Liana Milella
(da “La Repubblica“)
Leave a Reply